“E’ passata la fase storica di drammaticità dell’esame”

L’esame di Diritto commerciale fa meno paura di una volta. E’ l’opinione di due docenti di Giurisprudenza Federico II, i professori Massimo Miola e Giuseppe Guizzi, che parlano di un insegnamento senz’altro complesso, ma niente affatto insuperabile. A patto che si segua il corso e non si rimandi l’esame. “Diritto Commerciale è diventato meno temibile con l’ordinamento 3+2 – spiega il prof. Miola- Essendo trattata in due volte, la disciplina ha visto molto ridimensionato il programma d’esame di volta in volta. Anche oggi che si è passati all’ordinamento quinquennale, mi pare che gli studenti abbiano gli strumenti per affrontare l’esame in modo sereno. Per chi è passato dal 3+2 all’1+4 e deve convalidare l’esame già sostenuto, è previsto un agevole colloquio per l’integrazione di 4 crediti, senza voto. Per chi non lo ha ancora sostenuto, invece, si è un po’ tornati al passato con il corso unico, ma penso che studiando la materia con attenzione e determinazione la prova possa essere superata senza tragedie”. Restano fuori da questo discorso gli studenti del vecchio ordinamento quadriennale. “Il loro problema è che hanno lasciato Diritto commerciale alla fine, magari insieme ad altri esami molto impegnativi. Sono situazioni complesse, purtroppo”. Dalle sedute d’esame del prof. Miola escono più studenti promossi o più respinti? “Non sono bravo con la statistica, ma mi pare che la percentuale dei promossi sia alta, soprattutto quando si tratta degli studenti del nuovo ordinamento. In generale, credo che oggi non si vivano più gli spauracchi legati ai nomi di certi docenti, e questo sfata alcune leggende che ruotavano attorno all’esame”. E’ evidente che il professore si riferisce ai fenomeni di un tempo, neppure tanto lontano, in cui si era soliti pensare che capitare con un certo professore significasse dover ripetere Diritto commerciale almeno due volte. Lo stesso prof. Miola è stato allievo di uno dei docenti di allora, il prof. Antonio Venditti, che lo ha fatto appassionare alla materia. “Il primo contatto con la disciplina deve essere positivo. Per me è stato così, e dalla tesi all’intera fase post universitaria, mi sono interessato del Diritto commerciale”. Secondo lei, qual è l’errore metodologico che più frequentemente commettono i ragazzi nell’affrontare lo studio di Commerciale? “Non c’è un errore particolare. Piuttosto ho l’impressione che gli studenti vogliano spesso affrettare i tempi, e che così si brucino. Vengono all’esame tentando, anche se consapevoli di aver tralasciato o trascurato parti del programma”. Gli argomenti più ostici, secondo la sua esperienza? “I titoli di credito. E poi c’è il diritto societario, che è in continua evoluzione e al quale diventa difficile stare dietro”. Un consiglio per riuscire bene? “E’ formativo concentrarsi sulle norme, da cui il diritto positivo non può prescindere. Le norme sono lo strumento di lavoro futuro dell’aspirante giurista. Ecco, raccomando ai ragazzi di non risparmiarsi nello studio di esami come Commerciale, perché farli bene significa darsi delle chance in più per il domani. Devono staccarsi dall’idea di fare l’esame solo per mettere un segno in più sul libretto e rendersi conto che ciò che si fa adesso lo si mette in tasca per il futuro. Dopo la laurea si deve ricominciare tutto daccapo per trovare degli sbocchi, e avere un forte bagaglio culturale nel campo del diritto commerciale significa potersi spendere in un settore professionalmente trainante, soprattutto in altre regioni d’Italia”. 
Anche il prof. Giuseppe Guizzi, docente di origine napoletana ma di formazione universitaria romana, è convinto che sia passata la “fase storica di drammaticità dell’esame”. E anche secondo lui è un grosso sbaglio lasciare Diritto commerciale alla fine. “La cadenza che l’ordinamento didattico dà ha una sua coerenza – dice- c’è una ragione precisa per la quale Commerciale è previsto al secondo anno. Se lo si rimanda troppo, si perde la connessione con Istituzioni di diritto privato, che è la base di riferimento del Diritto commerciale. Quando i concetti di Diritto privato diventano troppo remoti, è normale che si trovi difficoltà con Commerciale”. Cosa fare, dunque? “Abbandonare la convinzione aprioristica secondo cui Commerciale è difficile e quindi lo si fa più in là. E’ un esame impegnativo ma va affrontato quando l’ordinamento lo richiede”. Lo studio di questo insegnamento viene condotto diversamente dagli allievi del vecchio e del nuovo ordinamento? “Secondo me no. Certo, il vecchio ordinamento è fatto da molte situazioni particolari. In linea di massima penso che Commerciale venga percepito sempre come un esame ostico. Una sensazione che si è un po’ smorzata con il 3+2, quando c’erano due moduli. Ora si è tornati all’esame compatto da 15 crediti. Tengo però a dire che noi docenti abbiamo proposto, per la programmazione dell’1+4, di lasciare le cose invariate. Due esami sono logisticamente preferibili, perché permettono di snellire la mole di programma da studiare. Sono stati i rappresentanti degli studenti, in commissione didattica, ad opporsi a questa nostra proposta. Evidentemente, ciò che premeva di più ai ragazzi era di diminuire il numero degli esami”. Il prof. Guizzi, che insegna alla Federico II dal 2004, dice di avere avuto una specie di colpo di fulmine per il Diritto commerciale, appreso grazie alle lezioni del prof. Libonati. “Sono convinto che quando ci sono grosse difficoltà a superare un esame, sui grandi numeri ovviamente, il problema non stia solo da una parte. E’ anche il docente che deve saper trasmettere la materia”. Come studiare? “Il mio punto di vista è che non si debba cercare a tutti i costi di ricordare le discipline come sono esposte nelle norme, vanno invece individuati i problemi di cui le norme rappresentano la risposta”. Professore, perché studiare bene Commerciale? “Risponderò con le parole dell’introduzione alla quinta edizione del testo di Vivante: ‘dalla fonte battesimale alla tomba, la nostra vita è dominata dall’impresa’. Il Diritto commerciale, anzi il diritto in genere, ci permette di capire la realtà, i problemi del vivere civile”. 
Sara Pepe
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