“La probabilità di trovare lavoro entro il primo anno dalla laurea è del 70%. In Campania è un buon dato, in Lombardia non lo sarebbe. Nella gran parte dei casi, però, l’impiego non è adatto alla figura professionale del laureato, in parte perché il tessuto economico è costituito da piccole e medie imprese, in parte perché le aziende assumono gli stagisti prima della laurea per affidare loro incarichi di minore rilevanza” dice senza mezzi termini il prof. Massimo Marrelli, Preside della Facoltà di Economia da sei anni che a novembre lascerà l’incarico. Durante questo periodo, ha dovuto gestire un’epocale trasformazione della facoltà e può ragionevolmente analizzare i risultati dei primi tre anni di attuazione della riforma universitaria. “Il mio consiglio è non fermarsi alla triennale. So di andare contro lo spirito della riforma, ma il ruolo del laureato triennale è di pochissimo superiore a quello del diplomato”, afferma Marrelli. Il titolo di studio, quindi, aumenta solo la probabilità di trovare lavoro ma la qualità del lavoro non è soddisfacente.
I dati provvisori in possesso della Presidenza, mostrano che il 98% dei laureati ritiene che l’aver trovato lavoro dipenda dall’aver studiato. “Il risultato è in parte ovvio perché l’indagine è stata condotta basandosi sui dati del nostro ufficio d’ateneo. Tenendo conto dell’intero universo dei laureati, è facile immaginare che molti risponderebbero che hanno trovato lavoro attraverso un canale privato o grazie all’azienda di famiglia. Quelli non hanno bisogno di passare dal Preside”. Chi non intende fare la valigia comunque difficilmente diventerà manager, perché il mercato del lavoro regionale non lo consente.
Parla di “riforma iniqua” Marrelli e spiega: “il livello medio degli studenti si è abbassato. La distanza tra gli studenti normali e l’élite che accede ai master e ai titoli superiori, è enormemente aumentata. Anche prima c’era differenza tra persone di gran livello e gli altri, però la media era buona. Nei paesi evoluti, conta la preparazione media, non il numero delle teste d’uovo. Dovremmo puntare ad un livello alto”, sostiene preoccupato il docente.
Sia pur tra tanti problemi, nel contesto dell’università italiana, la Federico II continua a difendersi e ad essere una delle migliori facoltà. Alcune prestigiose sedi universitarie italiane, come Bologna o Firenze, prevedono una parcellizzazione estrema della formazione con esami da due o tre crediti e persino da un solo credito. La Facoltà federiciana, invece, attiva tutti esami da 5 e da 10 crediti e si sta valutando l’opportunità di istituire solo esami da 10 crediti. L’esperienza del Corso di Laurea in Economia delle Imprese e dei Mercati (CLEIM) che è già strutturato in questo modo, dimostra la bontà del sistema: il 27% degli studenti si è laureato in tempo. Diversamente, ad Economia Aziendale (CLEA), dove ci sono ben 5 esami da 5 crediti, meno del 4% ha terminato gli studi in corso.
A tutti coloro che desiderano iscriversi ad Economia, una cosa deve essere molto chiara: “si deve essere appassionati al funzionamento dei meccanismi economici e sociali, avere capacità analitiche e di raziocinio. L’economia ha una struttura logica, è assiomatica. Bisogna avere voglia di conoscere. A chi si iscrive solo perché attratto dalle possibilità lavorative, dico che è sbagliato” avverte il Preside e aggiunge “conosco manager di multinazionali laureati in Filosofia Medievale”.
Ancora un altro consiglio agli studenti: ricorrere ai tutor, anche se si ha un problema personale. Economia, ha un primato in questo servizio: è la prima Facoltà italiana a prevedere l’attribuzione automatica dei tutor.
Matematica, Microeconomia, Economia Aziendale, Diritto Privato, Macroeconomia e Statistica: gli esamoni che gli studenti (dopo l’abbassamento dei requisiti minimi per iscriversi al terzo anno, deliberato di recente su richiesta dei rappresentanti degli studenti) rischiano di portarsi come fardelli alla fine degli studi. “È preferibile riprovare quando si è bocciati anche tre volte un esame fondamentale senza sostenerne altri. I ragazzi non capiscono che se superano subito questi sei esami, praticamente si sono laureati. Il resto è in discesa”, conclude Marrelli.
Simona Pasquale
I dati provvisori in possesso della Presidenza, mostrano che il 98% dei laureati ritiene che l’aver trovato lavoro dipenda dall’aver studiato. “Il risultato è in parte ovvio perché l’indagine è stata condotta basandosi sui dati del nostro ufficio d’ateneo. Tenendo conto dell’intero universo dei laureati, è facile immaginare che molti risponderebbero che hanno trovato lavoro attraverso un canale privato o grazie all’azienda di famiglia. Quelli non hanno bisogno di passare dal Preside”. Chi non intende fare la valigia comunque difficilmente diventerà manager, perché il mercato del lavoro regionale non lo consente.
Parla di “riforma iniqua” Marrelli e spiega: “il livello medio degli studenti si è abbassato. La distanza tra gli studenti normali e l’élite che accede ai master e ai titoli superiori, è enormemente aumentata. Anche prima c’era differenza tra persone di gran livello e gli altri, però la media era buona. Nei paesi evoluti, conta la preparazione media, non il numero delle teste d’uovo. Dovremmo puntare ad un livello alto”, sostiene preoccupato il docente.
Sia pur tra tanti problemi, nel contesto dell’università italiana, la Federico II continua a difendersi e ad essere una delle migliori facoltà. Alcune prestigiose sedi universitarie italiane, come Bologna o Firenze, prevedono una parcellizzazione estrema della formazione con esami da due o tre crediti e persino da un solo credito. La Facoltà federiciana, invece, attiva tutti esami da 5 e da 10 crediti e si sta valutando l’opportunità di istituire solo esami da 10 crediti. L’esperienza del Corso di Laurea in Economia delle Imprese e dei Mercati (CLEIM) che è già strutturato in questo modo, dimostra la bontà del sistema: il 27% degli studenti si è laureato in tempo. Diversamente, ad Economia Aziendale (CLEA), dove ci sono ben 5 esami da 5 crediti, meno del 4% ha terminato gli studi in corso.
A tutti coloro che desiderano iscriversi ad Economia, una cosa deve essere molto chiara: “si deve essere appassionati al funzionamento dei meccanismi economici e sociali, avere capacità analitiche e di raziocinio. L’economia ha una struttura logica, è assiomatica. Bisogna avere voglia di conoscere. A chi si iscrive solo perché attratto dalle possibilità lavorative, dico che è sbagliato” avverte il Preside e aggiunge “conosco manager di multinazionali laureati in Filosofia Medievale”.
Ancora un altro consiglio agli studenti: ricorrere ai tutor, anche se si ha un problema personale. Economia, ha un primato in questo servizio: è la prima Facoltà italiana a prevedere l’attribuzione automatica dei tutor.
Matematica, Microeconomia, Economia Aziendale, Diritto Privato, Macroeconomia e Statistica: gli esamoni che gli studenti (dopo l’abbassamento dei requisiti minimi per iscriversi al terzo anno, deliberato di recente su richiesta dei rappresentanti degli studenti) rischiano di portarsi come fardelli alla fine degli studi. “È preferibile riprovare quando si è bocciati anche tre volte un esame fondamentale senza sostenerne altri. I ragazzi non capiscono che se superano subito questi sei esami, praticamente si sono laureati. Il resto è in discesa”, conclude Marrelli.
Simona Pasquale