“Il futuro del diritto del lavoro tra globalizzazione e localismi” è il tema trattato il 1º aprile da Severino Nappi, Assessore regionale al Lavoro e alla Formazione, nell’ambito de I Venerdì del Ceinge. Introducono il relatore il Rettore Marrelli ed il prof. Filiberto Cimino. “Lo sviluppo delle grandi imprese transnazionali comincia a pervadere il diritto del lavoro. La complessiva evoluzione del sistema fa sì che il luogo in cui si decide di svolgere un’attività dipenda sempre più dalle regole del diritto del lavoro vigenti in quel territorio”, dice Nappi. Di solito immaginiamo di relazionarci con un assetto di regole ben definite, invece: “E’ una dimensione superata. Quando l’azienda cresce non c’è un sistema normativo internazionale a cui deve sottostare. Un’impresa transnazionale è fondamentalmente libera di scegliere le regole del Paese con cui disciplinare i propri contratti. In poche parole è scevra da condizionamenti normativi”. Non è un fenomeno che riguarda solo il terzo mondo. “Le direttive europee tendono a porsi in una dimensione mediana rispetto a Paesi Comunitari, adottano regole più generiche e con una minore garanzia di quelle italiane”. Uscendo dal contesto europeo, le norme che regolano il rapporto di lavoro possono essere solo princìpi di carattere generale. Perciò le imprese ricorrono spesso a codici di autoregolamentazione. “Dobbiamo cominciare ad immaginare un nuovo assetto di regole ma soprattutto un’Autorità che possa far fronte al deficit normativo internazionale. Il problema è come fare ad avere delle regole che vengano accettate e sentite come vincolanti a livello internazionale – afferma Nappi – E’ inimmaginabile un diritto del lavoro normato nel dettaglio come quello italiano. Il futuro sta nella selezione di princìpi di carattere generale che difendano garanzie minimali e possano essere applicati ovunque”. Avremo, dunque, un diritto del lavoro più flessibile, meno normato e più legato al sistema dell’economia. Ma, secondo l’Assessore, la cosa non deve destare apprensione: “Sono più preoccupato per la crisi del sistema produttivo dell’occidente che per quella del diritto del lavoro, poiché la seconda è frutto della prima”.
I docenti in platea sono meno sereni rispetto all’impossibilità di difendere le garanzie sancite dal diritto del lavoro. “Il riaggiustamento verso norme più soft e meno garantiste secondo me è un arretramento – sostiene il Preside Gennaro Piccialli – Per non perdere competitività i Paesi occidentali si riallineano con quelli dell’Est”. Il dott. Luigi Buonaguro sottolinea che la delocalizzazione della produzione abbia avuto effetti drammatici. “Se il Parlamento non può più stabilire delle regole perché saranno diverse da quelle del Paese accanto, a quale autorità dobbiamo fare riferimento?”, chiede il prof. Cimino. Nappi immagina: “un organo che abbia dimensione commerciale. Qualcosa più vicina al World Trade Organization ma meno affaristico e meno americano”. Il Rettore interviene per dimostrare come i vincoli della globalizzazione mettano in dubbio anche le ideologie politiche: “Si tratta di un problema di regolamentazione generale. E’ una questione di valori. L’alternativa è tornare al protezionismo, sapendo quanto si perderebbe in termini di benessere collettivo. Per esempio, il protezionismo per evitare la delocalizzazione può diventare una scelta di sinistra? La distinzione ideologica di destra e sinistra storiche non si può più mantenere se non a livello di politiche mondiali. Ma sappiamo che il governo mondiale è una fantasia da ubriachi”.
Manuela Pitterà
I docenti in platea sono meno sereni rispetto all’impossibilità di difendere le garanzie sancite dal diritto del lavoro. “Il riaggiustamento verso norme più soft e meno garantiste secondo me è un arretramento – sostiene il Preside Gennaro Piccialli – Per non perdere competitività i Paesi occidentali si riallineano con quelli dell’Est”. Il dott. Luigi Buonaguro sottolinea che la delocalizzazione della produzione abbia avuto effetti drammatici. “Se il Parlamento non può più stabilire delle regole perché saranno diverse da quelle del Paese accanto, a quale autorità dobbiamo fare riferimento?”, chiede il prof. Cimino. Nappi immagina: “un organo che abbia dimensione commerciale. Qualcosa più vicina al World Trade Organization ma meno affaristico e meno americano”. Il Rettore interviene per dimostrare come i vincoli della globalizzazione mettano in dubbio anche le ideologie politiche: “Si tratta di un problema di regolamentazione generale. E’ una questione di valori. L’alternativa è tornare al protezionismo, sapendo quanto si perderebbe in termini di benessere collettivo. Per esempio, il protezionismo per evitare la delocalizzazione può diventare una scelta di sinistra? La distinzione ideologica di destra e sinistra storiche non si può più mantenere se non a livello di politiche mondiali. Ma sappiamo che il governo mondiale è una fantasia da ubriachi”.
Manuela Pitterà