Baby gang e aggressioni ai danni di studenti de L’Orientale

Sicurezza dentro e fuori le aule. Dopo le rapine subite dagli studenti di Ingegneria, i furti di motorini a Monte Sant’Angelo, l’aggressione ai danni di uno specializzando di Giurisprudenza, un nuovo episodio ha scosso gli ambienti universitari prima delle vacanze natalizie: il caso delle baby gang che, in via Marina, spopolano e terrorizzano le studentesse de L’Orientale. La vicenda, grazie ai social network, ha avuto vasta eco. Dolore, paura e voglia di rivalsa hanno spinto dunque ad organizzare il gruppo facebook ‘Tuteliamoci’. L’ideatrice, Roberta Saracino, al primo anno di Mediazione Linguistica, spiega: “le aggressioni frequenti da parte dei ragazzini sono un problema che riguarda le sedi della Federico II e dell’Orientale, dislocate tra via Mezzocannone, via Marina, Corso Umberto e via Duomo. Prendono di mira i più deboli: studentesse, immigrati, anziani”. Ecco qualche racconto delle vittime. “Stavo uscendo da Palazzo del Mediterraneo quando un gruppo di undici ragazzini mi è venuto incontro gridando ‘guagliù vattimm’a chesta’. Mi sono rifugiata subito nel parcheggio dell’Università e ho preso la macchina. Percorrendo Corso Umberto ho visto buttare a terra e prendere a calci un’altra ragazza all’altezza di Piazza Nicola Amore”. “Avevo appena finito di seguire alla Federico II. Erano le 17.00 e percorrevo Corso Umberto, all’improvviso una decina di ragazzini mi sono saltati addosso, uno di loro mi ha dato un pugno nell’occhio e gli altri mi hanno palpeggiata. È successo tutto in pochi secondi dopodichè sono svenuta e tornata a casa in lacrime con un occhio nero. Da allora non seguo più i corsi”. “Nello spostarmi dal Mediterraneo a Corso Umberto con le stampelle, sei ragazzi mi hanno preso a calci facendomi cadere a terra e rotolare per gli scalini, mi hanno trascinato per la borsa ed i capelli, insultato, molestato. Sono una matricola e ho paura di tornare all’Università”. 
L’assemblea
Grazie al tam tam in rete, è stata promossa, l’11 dicembre nel cortile della sede de L’Orientale di via Duomo, una partecipata assemblea. “Chiediamo la presenza costante delle forze dell’ordine e la vicinanza delle istituzioni”, hanno detto i presenti. “In pochi giorni si sono verificate sei aggressioni, delle quali solo due denunciate. Abbiamo un identikit del ragazzino a capo della gang: capelli biondo scuro, grassottello, spesso con una felpa azzurra. Sono già state raccolte 5.500 firme per chiedere una presenza costante sul territorio delle autorità in materia”, informa Julie Leoncino. Il Capo della Polizia Massimo Giobbe, presente all’assemblea, rassicura: “ho già dato l’ordine di inviare una pattuglia a sorvegliare regolarmente le zone in questione, ma il problema va risolto alla base. La Polizia Municipale ha attivato da 15 anni un ‘Ufficio Minori’ che collabora con l’assistenza sociale. Voglio seguire con voi la questione attraverso riunioni periodiche, per spiegarvi che la situazione è complessa”. Il minore va trattato diversamente dall’adulto che commette reato: “dopo i 14 anni è punibile. I reati di cui si parla vanno perseguiti, ma non bisogna dimenticare che i ragazzi che li commettono sono per primi soggetti passivi di altri reati che si consumano in famiglia. Il problema va risolto innanzitutto a livello culturale e sociale. La repressione è il fallimento della prevenzione”. Ciò non toglie che le denunce vanno fatte, anche contro ignoti: “ci occorrono per indagini statistiche, volte ad individuare i luoghi in cui i ragazzini agiscono. Un numero ingente di denunce può far sì che le baby gang diventino una priorità”. Giobbe non è l’unico a pensare che il problema vada risolto alla radice. Sara Ferrigno, studentessa della rete di Associazioni Link Napoli, espone il suo punto di vista: “svolgo volontariato nel Centro Aquilone, lavoro a stretto contatto con i ragazzini dei quartieri in questione. Conosco le realtà presenti e sono situazioni piuttosto disagiate, la maggior parte dei bambini ha i genitori in galera. Il problema baby gang non si risolve inviando una pattuglia, anzi può addirittura incattivirli”. Il fenomeno esiste già da tempo, ma è degenerato nell’ultimo periodo: “i ragazzi vivono come un’invasione di campo la presenza di studenti universitari nella zona, privilegiati rispetto alle loro possibilità”. Anche Laura la pensa così: “capisco il problema, ma la risposta non può essere la militarizzazione della zona. C’è alla base un discorso di metodo e obiettivi. La violenza dei ragazzi è la conseguenza ultima di un’esasperazione. Punire solo quella vuol dire guardare il dito e non la luna. Organizziamoci insieme a riempire le strade, proponiamo un modello di scuola alternativo, instauriamo un rapporto con i ragazzi, non ghettizziamo, come lo si fa da anni”.
Chiarezza definitiva sulla questione, accogliendo una delegazione di studenti, l’ha fatta il Sindaco, il 13 dicembre, che ha promesso maggior controllo nelle zone citate e più iniziative volte all’impegno sociale per recuperare i ragazzi. “Ci sono già diversi progetti sul tema, come ‘Le scuole aperte’, che permette agli esterni di partecipare ad iniziative scolastiche”. Oltre a queste ci si potrebbe impegnare attraverso Associazioni giovanili a fornire pillole di civiltà o con messaggi sociali inviati dai calciatori ad esempio, che hanno più presa su di loro, spiega Ivano Stella, cofondatore del gruppo facebook, al terzo anno del Corso di Studi su Asia, Africa e Mediterraneo. “Lo staff del Sindaco si è messo a completa disposizione e ci aggiorna sui turni della Municipale. Resta comunque il fatto che quest’ultima non ha specifica competenza in materia, riservata piuttosto alla Polizia di Stato, come mi ha spiegato il Dirigente Michele Spina in Questura”. Le pattuglie fanno la ronda in borghese o in volante: “questo dà più sicurezza alle ragazze, ma potrebbe istigare i ragazzini a giocare a guardie e ladri, perciò bisogna costruire qualcosa insieme a loro, non contro”. Qualcuno su ‘Tuteliamoci’ ha scritto: “non siamo nel Far West”. Ivano risponde: “è vero, ma a Forcella e nel Rione Sanità ogni notte si sentono spari ed elicotteri che sorvegliano. Se i ragazzini non vengono rieducati ora, tra qualche anno saranno i primi ad impugnare le pistole. Le Associazioni di volontari testimoniano che hanno sete di alternativa, diamola!”. 
Dal canto suo l’Ateneo, informa il Direttore Generale dott. Giuseppe Giunto, “si è attivato nell’unico modo interno possibile, ovvero tramite un solerte servizio di portierato che aumenti la soglia d’attenzione già alta devo dire. Questo ci consentirà di segnalare situazioni critiche che si verificano nei nostri edifici o nelle immediate prossimità”. Le volanti a presidio del territorio già si vedono: “con piacere ho notato quest’intensificazione di auto. Il territorio dev’essere presidiato soprattutto in certe zone ed in certi periodi, come Natale e Carnevale, dove sotto l’alibi dello scherzo ci si permette qualunque cosa. La divisa ha una sua valenza, è inutile negarlo”. Episodi del genere si sono sempre verificati: “durante i primi anni di carriera percorrevo Corso Umberto a piedi con giacca, cravatta e borsa da lavoro. Mi accorsi poi che era pericoloso, diventavo un soggetto a rischio perché potevo essere facilmente preso di mira da chi osserva il territorio per poi attaccare”. Alla domanda ‘perché crede che negli ultimi mesi si siano intensificate le aggressioni?’, il dott. Giunto risponde: “non sono sicuro che ci sia stata un’intensificazione. Probabile che siano venute fuori tutte insieme. Mi preoccuperei se ci fossero delle mire particolari sulla comunità universitaria, ma non credo sia così. In ogni caso è giusto che si riferisca del fenomeno, senza enfatizzare, cosa che per fortuna il gruppo facebook creato dai ragazzi non sta facendo”.
Allegra Taglialatela
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