Confetti rossi per Giuseppe Motta, il grafico cinematografico premiato con l’Oscar

‘Sviluppo pratico del modello per rendere pelle e pelliccia fotorealistici e computazionalmente efficienti’. È, in sintesi, il titolo della tesi di Giuseppe Motta, laureato dal curriculum, è proprio il caso di dire, assolutamente d’oro. Trentenne, ha alle spalle una lunga carriera di grafico cinematografico ad altissimo livello. Una passione nata quando era ancora adolescente, che lo ha portato da Agropoli prima a Roma, poi a Londra, Francoforte e infine Los Angeles dove lavora in uno dei gruppi più all’avanguardia nel campo della grafica computazionale, contribuendo alla realizzazione di alcune delle pellicole hollywoodiane più importanti. L’anno scorso, insieme ai suoi colleghi ha vinto l’Oscar e il BAFTA (British Academy of Film and Television Art) per i migliori effetti visivi del film ‘La Bussola d’oro’. Quest’anno invece con ‘The Tale of Despereaux (La Leggenda del Topino Despereaux)’ ha partecipato alla selezione per le candidature al massimo riconoscimento cinematografico statunitense.
Con la discussione di giovedì 19 marzo nell’aula Caianiello di Monte Sant’Angelo, ha chiuso definitivamente il cerchio, laureandosi in Informatica con 107/110. Durante la presentazione ha mostrato le immagini computerizzate, alcune ancora inedite, alle quali si dedica ogni giorno, evidenziando il lavoro e la cura necessari per rendere in maniera realistica la pelle e il derma dei personaggi animati. “Lo studio si compie essenzialmente sulla luce e sulle deviazioni che naturalmente subisce passando attraverso la pelle”. L’effetto studiato è quello della traslucenza, in particolare al confine tra ombra e luce; infatti se guardiamo il viso di una persona, notiamo che gli spigoli presentano diverse ombreggiature rosate, di intensità diversa a seconda della posizione. La Commissione ha avuto modo di osservare come nasce un’immagine digitale in tre dimensioni, la nuova frontiera della grafica che introduce ulteriori variabili spaziali relative al cammino della luce. Si comincia con l’osservare e studiare il moto naturale dell’oggetto nella realtà e si passa e riprodurre i diversi ‘strati’ che contribuiranno a dare vita e profondità all’immagine sullo schermo. Giuseppe, in qualità di direttore tecnico alle luci, si occupa dello ‘sheding’ (per descrivere le qualità fisico-ottiche dei materiali) e del ‘grooming’ (studio della forma degli animali e creazione digitale della pelliccia) applicando tecniche di lavoro e studio analoghe anche alla riproduzione di neve, ghiaccio, cera e in generale materiali oleosi, perché la traslucenza dipende essenzialmente dalla presenza d’acqua. Per questo lavoro avere cultura scientifica è essenziale. “Si applicano le equazioni relative alla luce e poi  programmiamo utilizzando dei linguaggi specifici – il C+ e il C++ – che ci permettono di applicare i modelli ottici. Inoltre, per rendere realistiche le nostre scene svolgiamo integrali superficiali con quattro o cinque variabili. Occorrono modelli fisici efficienti dal punto di vista computazionale e dobbiamo calcolare il valore di un pixel in pochi minuti anche applicando metodi statistici”. 
È ovviamente contento di aver concluso gli studi: “anche se dieci minuti di discussione forse sono pochi”. Il futuro riserva ancora molti progetti in giro per il mondo, perché in Italia questo settore è ancora molto poco sviluppato e tanto, tanto studio sul cinema. 
Simona Pasquale
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