La cavalcata delle valchirie, celebre brano composto da Wagner, torna talvolta ad agitare i sonni di Simona Cecere. “Era una delle domande del mio test, due anni fa, e davvero non sapevo rispondere – racconta in una pausa dello studio, nell’edificio di Architettura che affaccia su via Toledo – Cercavo di ricordare in quale film fosse stata utilizzata come colonna sonora, ma proprio non mi veniva in mente”. Cinque opzioni: Apocalypse Now, Full Metal Jacket, Il Cacciatore, Good Morning, Vietnam e Platoon. Buona la prima, ma Simona non lo sapeva e passò oltre, lasciò la casella in bianco. “In casi come questi – suggerisce ora a chi affronterà il test ad aprile – meglio non intestardirsi. Si perde tempo e, se si tira ad indovinare e si sbaglia, si subisce una penalizzazione. È preferibile non rispondere. Bisogna mettere subito in carniere le risposte sicure. Anche perché, va detto, questi test sono in genere un mix di domande estremamente specifiche e di quesiti alla portata di tutti. Per esempio, quello relativo al padre della teoria dell’evoluzione”. Il segreto per portare a termine con buone possibilità di successo la prova di ammissione al primo anno di Architettura è tutto lì, racconta chi ce l’ha fatta ed è entrato: concentrazione massima, risolvere subito i quesiti dei quali si conosce con certezza la soluzione, poi concentrarsi sugli altri. “Per prepararsi – dice Paola Sansone – bisogna esercitarsi in maniera continua sui quiz che sono stati proposti negli anni precedenti e sui test in commercio. Quelli degli anni scorsi possono essere scaricati dal sito di Architettura della Federico II. Suggerisco vivamente di farlo. C’è una logica interna a queste prove e va sperimentata. Per esempio, le domande di Comprensione del testo, in genere molto lunghe, non sono difficili, purché si conosca già il meccanismo. Vanno lette con calma, senza panico e senza fretta”.
I quiz di Disegno e Rappresentazione furono quelli per i quali Leonardo De Simone rischiò di restare fuori. “Mi sono classificato in zona utile – racconta – sul filo di lana. Lasciai in bianco gran parte dei quesiti di Disegno. Ne ricordo ancora uno in cui si mostrava un portale e si chiedeva come fosse rappresentato: spaccato assonometrico, proiezione ortogonale, prospettiva a piano inclinato, esploso assonometrico, prospettiva a piano verticale. Ora non avrei avuto problemi a rispondere. Due anni fa era come se mi parlassero in un’altra lingua”.
Angela Girardi non ha più dimenticato il termine claristorio. “La domanda verteva sul significato di quella parola, ma io non l’avevo mai sentita, fino a quel momento. Le soluzioni erano: la fascia finestrata che illumina la navata maggiore, l’elemento che precede l’ingresso, il sistema delle cappelle radiali, il sistema delle due torri in facciata, il sistema delle volte. Passai oltre. Ebbi difficoltà anche con la domanda nella quale mi si chiedeva di mettere in ordine cronologico cinque architetture che erano mostrate in foto, senza alcuna specificazione”.
Dubbi africani per Ciro Limongelli, che ha sostenuto la prova di ammissione a settembre dell’anno scorso. “C’era una domanda – ricorda – sui primati dell’Africa centrale, le scimmie. Chiedevano quale fosse il più grande. Le soluzioni proposte erano: gorilla, orango, scimpanzé, gibbone, babbuino. Ero indeciso tra la prima e la seconda. Scelsi il gorilla e mi andò bene. Lasciai in bianco, invece, il quiz su un sito archeologico messicano. Chiedevano da quale civiltà fosse stato realizzato. Non risposi neanche alla domanda sulle assonometrie militari. La domanda era: quale di quelle proposte risulta coerente con le proiezioni ortogonali?”.
I quiz di Disegno e Rappresentazione furono quelli per i quali Leonardo De Simone rischiò di restare fuori. “Mi sono classificato in zona utile – racconta – sul filo di lana. Lasciai in bianco gran parte dei quesiti di Disegno. Ne ricordo ancora uno in cui si mostrava un portale e si chiedeva come fosse rappresentato: spaccato assonometrico, proiezione ortogonale, prospettiva a piano inclinato, esploso assonometrico, prospettiva a piano verticale. Ora non avrei avuto problemi a rispondere. Due anni fa era come se mi parlassero in un’altra lingua”.
Angela Girardi non ha più dimenticato il termine claristorio. “La domanda verteva sul significato di quella parola, ma io non l’avevo mai sentita, fino a quel momento. Le soluzioni erano: la fascia finestrata che illumina la navata maggiore, l’elemento che precede l’ingresso, il sistema delle cappelle radiali, il sistema delle due torri in facciata, il sistema delle volte. Passai oltre. Ebbi difficoltà anche con la domanda nella quale mi si chiedeva di mettere in ordine cronologico cinque architetture che erano mostrate in foto, senza alcuna specificazione”.
Dubbi africani per Ciro Limongelli, che ha sostenuto la prova di ammissione a settembre dell’anno scorso. “C’era una domanda – ricorda – sui primati dell’Africa centrale, le scimmie. Chiedevano quale fosse il più grande. Le soluzioni proposte erano: gorilla, orango, scimpanzé, gibbone, babbuino. Ero indeciso tra la prima e la seconda. Scelsi il gorilla e mi andò bene. Lasciai in bianco, invece, il quiz su un sito archeologico messicano. Chiedevano da quale civiltà fosse stato realizzato. Non risposi neanche alla domanda sulle assonometrie militari. La domanda era: quale di quelle proposte risulta coerente con le proiezioni ortogonali?”.