Ventiquattro anni, originario di Asunción, capitale del Paraguay, Diego Cantero è uno studente di Economia della Federico II e un atleta dell’Afro-Napoli United, la società calcistica di prima categoria fondata sei anni fa e formata da ragazzi di diverse nazionalità, basata su principi di solidarietà, contro ogni forma di razzismo e discriminazione, nella quale gioca come difensore.
Proprio il calcio lo ha spinto a Napoli, dove risiede da venticinque anni una zia, diventata ormai cittadina italiana. “È una passione fin da piccolo. Sono venuto in Italia con la speranza di riuscire a giocare in una categoria di buon livello e fare un po’ di soldi”, racconta Diego, le cui aspirazioni si sono in parte infrante di fronte alla burocrazia che fin dall’arrivo, cinque anni fa, gli ha condizionato la vita. Poco tempo dopo il suo trasferimento, infatti, è cambiata la legge sul ricongiungimento familiare restringendone i diritti ai soli genitori, figli e fratelli ed escludendo altre forme di parentela, ammesse in precedenza. “Mi ci sono voluti tre anni per avere tutti i documenti in ordine e iscrivermi a un campionato, all’università, avere un contratto di lavoro. Sono anche extra-comunitario e tutto è più difficile. Ma in campo, quando giochi, lasci tutto il resto fuori. I ragazzi della squadra sono come una famiglia, ci vediamo durante i week end e sappiamo che, qualsiasi cosa succeda, ci daremo sempre una mano”, aggiunge lo studente-atleta, ancora alle prese con i continui rinnovi, gli uffici postali, la Questura.
Per mantenersi svolge diversi lavori, dal fruttivendolo presso l’esercizio della zia, al ‘ragazzo di famiglia’ badante per le persone anziane: “faccio tutto quello che serve in casa come cucinare e fare compagnia”.
Anche la scelta degli studi deriva da una curiosità maturata quando era ancora in patria: “mi è sempre piaciuta la gestione d’impresa, ma in Italia non esiste un Corso di Amministrazione che c’è invece in Spagna”. Iscritto a Economia Aziendale ha deciso di spostarsi a Scienze del Turismo a Indirizzo Manageriale, che sente più vicina ai propri interessi.
Gli piace studiare a Napoli, ma soffre un po’ la difficoltà linguistica: “rispetto all’inizio ora va meglio ma, soprattutto agli orali, ho ancora dei problemi. Succede lo stesso con gli studenti Erasmus, che restano qui solo per un anno e non parlano molto bene l’italiano. Però mi sembra che loro abbiano più vantaggi, a volte è un po’ ingiusto. Ma mi piace quello che faccio, è interessante e anche se ci metterò un po’ di tempo in più a finire, non mi preoccupo”.
Non sa ancora cosa farà dopo la laurea, sebbene si siano trasferiti in Italia anche la sorella maggiore, laureata e con una bambina (“la mia nipote”), e il padre, arrivato sei mesi fa, l’unica certezza è quella di voler tornare a casa: “non ho ancora pensato al futuro, ma sicuramente tornerò in Paraguay, dove vivono mia madre e quattro fratelli più piccoli, che vanno ancora a scuola. Però sono contento di essere riuscito a non dipendere più dalla mia famiglia”.
Ma qual è il mito sportivo di questo ragazzo sudamericano?: “David Luiz, un calciatore brasiliano, mancino come me. Un esempio come persona e giocatore, perché ha un grande carisma ma è molto umile”.
Simona Pasquale
Proprio il calcio lo ha spinto a Napoli, dove risiede da venticinque anni una zia, diventata ormai cittadina italiana. “È una passione fin da piccolo. Sono venuto in Italia con la speranza di riuscire a giocare in una categoria di buon livello e fare un po’ di soldi”, racconta Diego, le cui aspirazioni si sono in parte infrante di fronte alla burocrazia che fin dall’arrivo, cinque anni fa, gli ha condizionato la vita. Poco tempo dopo il suo trasferimento, infatti, è cambiata la legge sul ricongiungimento familiare restringendone i diritti ai soli genitori, figli e fratelli ed escludendo altre forme di parentela, ammesse in precedenza. “Mi ci sono voluti tre anni per avere tutti i documenti in ordine e iscrivermi a un campionato, all’università, avere un contratto di lavoro. Sono anche extra-comunitario e tutto è più difficile. Ma in campo, quando giochi, lasci tutto il resto fuori. I ragazzi della squadra sono come una famiglia, ci vediamo durante i week end e sappiamo che, qualsiasi cosa succeda, ci daremo sempre una mano”, aggiunge lo studente-atleta, ancora alle prese con i continui rinnovi, gli uffici postali, la Questura.
Per mantenersi svolge diversi lavori, dal fruttivendolo presso l’esercizio della zia, al ‘ragazzo di famiglia’ badante per le persone anziane: “faccio tutto quello che serve in casa come cucinare e fare compagnia”.
Anche la scelta degli studi deriva da una curiosità maturata quando era ancora in patria: “mi è sempre piaciuta la gestione d’impresa, ma in Italia non esiste un Corso di Amministrazione che c’è invece in Spagna”. Iscritto a Economia Aziendale ha deciso di spostarsi a Scienze del Turismo a Indirizzo Manageriale, che sente più vicina ai propri interessi.
Gli piace studiare a Napoli, ma soffre un po’ la difficoltà linguistica: “rispetto all’inizio ora va meglio ma, soprattutto agli orali, ho ancora dei problemi. Succede lo stesso con gli studenti Erasmus, che restano qui solo per un anno e non parlano molto bene l’italiano. Però mi sembra che loro abbiano più vantaggi, a volte è un po’ ingiusto. Ma mi piace quello che faccio, è interessante e anche se ci metterò un po’ di tempo in più a finire, non mi preoccupo”.
Non sa ancora cosa farà dopo la laurea, sebbene si siano trasferiti in Italia anche la sorella maggiore, laureata e con una bambina (“la mia nipote”), e il padre, arrivato sei mesi fa, l’unica certezza è quella di voler tornare a casa: “non ho ancora pensato al futuro, ma sicuramente tornerò in Paraguay, dove vivono mia madre e quattro fratelli più piccoli, che vanno ancora a scuola. Però sono contento di essere riuscito a non dipendere più dalla mia famiglia”.
Ma qual è il mito sportivo di questo ragazzo sudamericano?: “David Luiz, un calciatore brasiliano, mancino come me. Un esempio come persona e giocatore, perché ha un grande carisma ma è molto umile”.
Simona Pasquale