Diritto dell’Unione Europea, un esame che intimorisce

Risposte rapide e sintetiche: agli esami di Diritto dell’Unione Europea, prof. Roberto Mastroianni, non c’è tempo per divagare. La disciplina, considerata ostica dagli studenti per la varietà degli argomenti trattati, non lascia scampo a chi, in sede d’esame, non è adeguatamente preparato. “La cattedra del prof. Mastroianni intimorisce un po’ – ammette Rita Pasquale – è da sempre ritenuta alquanto puntigliosa. Per questo la prova finisce per essere relegata alla fine della carriera universitaria. Per molti ragazzi si tratta dell’ultimo step, a dimostrazione della poca simpatia che ispira la disciplina”. In effetti la giornata d’esame non passa proprio liscia. Tra i primi 15 studenti esaminati, 6 ritornano a casa senza aver superato la prova. “Non è la prima volta che capita – dice Serena Montolivo – il più delle volte c’è un ex-aequo fra promossi e bocciati. Anche per me si tratta della seconda esperienza, spero vada meglio di quella precedente”. “Purtroppo – commenta Gennaro Zoccoli – l’esito dell’esame si gioca su due-tre domande iniziali. Se all’inizio non dimostri di sapere, andando subito al sodo, hai poche possibilità di farcela”. 
Il programma conta circa 800 pagine. “Gli argomenti da trattare sono tanti – spiega Nunzio – e su un programma così vasto mi aspettavo un’interrogazione più approfondita. Invece alla terza domanda sono stato invitato a ripresentarmi. Gli assistenti sono più pignoli di quanto si creda. A quattro esami dalla laurea, sono costretto a rallentare nuovamente il percorso di studi”. La situazione accomuna tanti studenti. “A dicembre sono stato bocciato – racconta Emidio Nusco – più che altro ‘liquidato’ dopo poche domande. Anche oggi gli esami sono stati veloci e al minimo errore sei fatto fuori. Per fortuna è andata bene: 25, ma ho impiegato due sessioni per portare a casa il risultato”. “Il problema – dice Fabiola – sta nelle domande che pongono gli assistenti. Quesiti non di carattere generale ma troppo minuziosi. Solo uno studio approfondito permette di superare la prova. Con una preparazione generale, con risposte poco dettagliate, rischi di essere fuori in meno di cinque minuti”. Non è d’accordo Teresa Matarese, il suo 30 ammutolisce la platea. “Credo che il vero segreto sia nello studio – dichiara la studentessa – Ogni esame è sempre soggettivo, ma in questo caso, se vuoi riuscire bene, devi studiare tanto. Questa non è una disciplina che puoi imparare in modo superficiale. Ad esempio l’argomento della Smav va fatto con tutte le note inerenti. Se non si fonda lo studio su questi particolari è inutile che si provi l’esame”. Di parere concorde Matilde: “Il segreto di un bel voto – spiega così il primo 28 del giorno – sta nell’impegno profuso. Un programma di questa mole necessita del suo tempo. Anch’io ho sostenuto l’esame due volte. La prima non avevo studiato in profondità e mi sono ritrovata a dare risposte generiche. Quando poi ho ripreso il programma, mi sono armata di pazienza e ho sviscerato tutto, anche le più piccole citazioni. La materia è difficile, per assimilarla occorre molto di più che una semplice lettura”. 
1.000 pagine e 
300 sentenze per 
Diritto del lavoro
Non va meglio agli esami di Diritto del lavoro, prof. Lorenzo Zoppoli. La parte generale del programma ammonta a circa 1000 pagine, per non parlare di quella speciale (all’incirca 200 pagine) e delle circa 300 sentenze da leggere e spiegare. “Un esame così vasto da far impallidire – dice Mena Franzese – Gli argomenti da trattare sono veramente tanti e non sempre facili da ricordare”. In sede d’esame, poi, le cose si complicano. “Il colloquio a volte può durare anche un’ora – racconta Giuliano – Si parte da una domanda di carattere generale, per approdare agli aspetti più particolareggiati della disciplina. E’ importante conoscere bene almeno due sentenze per argomento. Solo uno studio così dettagliato può evitare la bocciatura”. “Mi hanno chiesto la parte concernente il diritto sindacale, la libertà di sciopero e il contratto collettivo – spiega Gianluigi Daino – Queste le prime tre domande e, come si nota, gli argomenti trattati sono tutt’altro che semplici. Purtroppo oggi non è andata bene, non ho saputo argomentare i singoli Istituti. La cattedra è tosta ed esigente, prima di sedersi e affrontare la prova, suggerisco di documentarsi bene su come si svolge”. Oltre alle bocciature tanti anche i voti bassi. “Non ero preparato ad una tale inquisizione – scherza Valerio – Le tante domande che mi hanno posto erano tutte correlate a qualche tipo di sentenza. Per rispondere ad ogni quesito ho impiegato molto tempo, mi riusciva difficile sintetizzare argomenti così difficili. Forse proprio questo mi ha penalizzato. Torno a casa con 22, quest’esame mi ha lasciato l’amaro in bocca”. “Potevo fare sicuramente di più – ammette Felicita Donelli – Però non ero preparata ad un colloquio così lungo. Tante domande demoralizzano e fanno andare in confusione. Mi sentivo preparata, evidentemente in questa prova contano molto di più la capacità discorsiva e fare collegamenti. Il mio 19 dimostra che la preparazione da sola non basta”. Entusiasmo per Anna D’Amico, è suo il primo 27 della giornata. “Ho studiato sodo per oltre due mesi – racconta – senza interruzioni, cercando di fare più collegamenti possibile. Molti ragazzi sostengono di aver preparato l’esame in un mese. E’ questo lo sbaglio, la disciplina è molto particolareggiata e racchiude troppi argomenti”. Perché “le domande non sono impossibili. In sede d’esame gli assistenti privilegiano chi risponde in modo veloce e diretto”. 
Istituzioni, 
prova dura 
per le matricole
Problemi anche per le matricole alle prese con l’esame di Istituzioni di diritto romano, prof.ssa Francesca Reduzzi. Processo, matrimonio, possesso e diritti reali: gli argomenti più gettonati. “Un bel mattone da 1000 pagine è proprio quello che occorre per iniziare la carriera universitaria – dice Cristina Di Domenico – La materia, oltre ad essere lunga, è anche difficile, perché si occupa dettagliatamente degli Istituti giuridici romani. Non è facile districarsi, il più delle volte sono i termini specifici a seminare il terrore”. “Sconsiglio di dare Istituzioni come primo esame – suggerisce Sebastiano – non si è preparati a spiegazioni così tecniche. Oggi sono stato penalizzato da un linguaggio non propriamente ‘giuridico’. Torno a casa demoralizzato: non è affatto facile familiarizzare con un 18”. Stessa sorte per Eleonora De Crescenzo: “Istituzioni è una disciplina che introduce al Privato e quindi è molto cavillosa. Sono arrivata all’esame credendo di essere preparata, invece alla prima domanda sulla ‘traditio’ sono stata titubante. Troppe specificità… non sono riuscita ad ottenere più di 20”. Un po’ di speranza arriva da Gianluca De Meo. “Il mio 28 è frutto di sacrifici – dichiara – sono tre mesi che studio, avevo paura di fare brutta figura. Devo dire che sarei potuto arrivare anche a 30 se non fosse stato per l’inesperienza. L’assistente mi ha fatto notare che mi dilungavo troppo nell’esposizione, non concentrando l’attenzione sulle risposte fondamentali. Dovrò imparare ad essere più preciso, andando subito al dunque, senza fronzoli”. 
Clima decisamente più disteso agli esami di Filosofia del diritto, prof. Giovanni Marino. “La filosofia affascina, desta interesse, però è anche poco scorrevole e quindi devi essere allenato allo studio – ammette Margherita, unico 30 del giorno – Sono stata fortunata perché provengo dal Classico e non ho avuto eccessive difficoltà. Inoltre, mi sono recata spesso in Dipartimento, è li che si trova l’aiuto necessario”. “Perché c’è bisogno di chi ti dia un indirizzo – incalza Enzo Cuomo – una mano per non sbagliare. Per chi come me non sa sapeva chi fossero Hegel o Kelsen, è necessario imparare a chiedere aiuto. Per fortuna la cattedra è buona, torno a casa con 23”. E’ stata un’impresa invece per Gianmarco. “Uno degli esami più difficili del percorso – racconta lo studente al quarto anno – Ho lasciato la disciplina alla fine della carriera, ogni volta che prendevo i libri li riponevo subito. Non so quante cattedre ho visto passare in questi anni”. Per fortuna è andata bene: “26, ma anche se mi avessero dato 18 l’avrei accettato subito, l’avrei considerato pari quasi ad un trenta con la lode”.
Susy Lubrano
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