Erasmus, l’esperienza di Gabriella e Daniele

Sono sempre più gli universitari che ogni anno scelgono di fare un’esperienza all’estero con il progetto Erasmus. Per quelli che partono è sempre un’avventura affascinante e ricca di sorprese, che in qualche modo cambia la vita perché permette di imparare tanto, e non solo dal punto di vista accademico. 
Troppe lingue 
a Bruxelles
Gabriella Tammaro, studentessa ventunenne di Economia Aziendale  alla Federico II, è partita per Bruxelles lo scorso settembre. Da allora frequenta la Solvay dell’Ulb, l’Università libera di Bruxelles. “E’ molto prestigiosa – spiega – come la Bocconi da noi, per questo l’ho scelta, e poi perché volevo andare in un paese francofono. Con la città avevo già un legame particolare prima di partire, un amico me ne parlò e me ne innamorai prima ancora di vederla”. La lingua è un problema non da poco in un paese in cui se ne parlano quattro: francese e fiammingo sono le ufficiali, poi c’è una minoranza che parla tedesco e tutti conoscono l’inglese. “Il corso di Economia pubblica è tenuto da un professore spagnolo, che spiega in francese e ci ha dato dei testi da studiare in inglese. Il professore di Economia dell’Unione europea invece è italiano, Maurizio Zanardi, il suo corso è in inglese. Al ricevimento mi rivolgo a lui in italiano, la prima volta che lo feci si stupì”, continua la studentessa. 
Bruxelles è davvero una città internazionale, ha addirittura un quartiere interamente africano, e permette di conoscere persone provenienti da tutto il mondo. La vita non è troppo cara e si può trovare una stanza in affitto con circa 400 euro, spese incluse. “Io abito a dieci minuti a piedi dall’università, sto in casa con dei ragazzi belgi. Non volevo stare con italiani per essere costretta a parlare francese o inglese. Per trovare l’appartamento mi sono iscritta ad alcuni siti di annunci, anche a pagamento, e ho preso tantissimi contatti ancora prima di arrivare. Poi sono stata una settimana in ostello e ho visitato decine di case prima di scegliere. Qui mi trovo bene, ho tutto quello che mi serve”. La vita universitaria è molto differente da Napoli: “Qui si studia in biblioteca tutta la giornata, chiude dopo le otto, ci sono tanti posti a sedere e c’è internet gratis. A Napoli chiude presto, durante la pausa pranzo devi uscire, e devi fingere di prendere un libro in prestito sennò non ti fanno stare. Una cosa senza senso. Alcuni ragazzi dei campus di qui si organizzano in confraternite, come in Inghilterra e negli Usa. Per entrare a farvi parte devi superare strane prove. Addirittura ho visto gente girare nuda per strada”, ricorda stupita. “È un’esperienza davvero bella e non riguarda solo lo studio. Per farla bisogna essere pronti a cambiare perché il cambiamento dal punto di vista umano è inevitabile. Tornata a Napoli avrò un approccio diverso, perché ora ho imparato che vuol dire vivere da soli, e sento un bisogno di autonomia maggiore. Ho anche preso delle decisioni importanti per il mio percorso di studi, ho capito cosa voglio davvero, mi piacerebbe lavorare nelle istituzioni internazionali ad esempio. Non voglio perdere tempo, voglio laureami in fretta”.
I corsi spagnoli 
finalizzati 
al “saper fare”
Una delle mete più ambite dagli Erasmus napoletani è da sempre la Spagna. Daniele Colasanti, studente ventenne anche lui di Economia Aziendale, è partito per Barcellona a settembre. Come Gabriella ha diritto a restare sei mesi con una borsa di studio di circa 200 euro mensili per l’Uab, l’Università autonoma di Barcellona. Quando è partito non conosceva lo spagnolo, ma parla bene inglese. “Qui non è un gran vantaggio però – spiega – l’inglese lo conoscono peggio di noi italiani. Barcellona poi si trova in una regione fortemente autonomista, la Catalogna, che ha una lingua propria. I corsi quindi sono sia in spagnolo che in catalano. Io sono arrivato a digiuno con la lingua e inizialmente ho avuto qualche difficoltà. I corsi preparatori a Napoli non li ho seguiti perché erano in orari troppo scomodi”. Per trovare una casa non si è mosso prima, ma l’ha cercata direttamente quando è arrivato. “Ci ho messo dodici giorni a trovare quello che cercavo. Gli appartamenti pubblicizzati sui siti internet generalmente non sono granché. Tanti però lasciano annunci in bacheca, lì si trovano cose buone”. Per un posto letto paga 300 euro spese escluse. Anche Daniele ha notato una grossa differenza con l’università italiana: “I corsi sono molto più pratici, sono finalizzati al saper fare. Marketing, ad esempio, gli amici mi dicono che a Napoli è terribile. Qui abbiamo fatto un’inchiesta in giro per l’università come se stessimo lavorando per un’azienda. Quando ho finito il compito poi ho inserito tutti i dati direttamente nel sistema con un computer. Un’esperienza molto utile per la mia formazione. Devo dire però che ho notato che noi della Federico II in generale siamo molto più preparati. Abbiamo una conoscenza molto più solida, ma meno indirizzata alle cose concrete”. Anche i programmi sono diversi: “Qui se segui un corso hai fatto buona parte del lavoro, non ti danno molti altri libri da studiare in più”. 
E anche nelle strutture si nota una certa differenza: “Il campus è composto da circa 10 edifici, con palestre piscine e campi di calcio a cui puoi accedere pagando solo 30 euro al mese. Le biblioteche restano aperte fino a tarda sera, ci sono molti pc e la rete wireless funziona benissimo anche col cellulare wi-fi. Qui addirittura ti prendono le impronte digitali e puoi accedere in alcune zone facendoti identificare col dito”. Anche Daniele è felice della scelta fatta: “È un’esperienza positiva, ti permette di capire molte cose anche di te stesso. I primi tempi mi sentivo un turista. Poi sono tornato a Napoli e quando sono venuto di nuovo a Barcellona mi sono accorto di sentirmi un po’ a casa, non ero più un estraneo. Io amo Napoli, ma è una città che offre poco ed è piena di problemi. Prima pensavo che non l’avrei mai voluta lasciare, ma ora penso sinceramente che ci sono altri bei posti in cui vale la pena vivere”.
Alfonso Bianchi
- Advertisement -





Articoli Correlati