Erasmus, scarsa mobilità degli studenti italiani

Solo il 9% dei professionisti in Italia ha meno di 30 anni. Poche possibilità d’impiego per i giovani. Il 29% dei diciannovenni si iscrive all’Università. In aumento gli Atenei e i titoli, ma in calo i laureati. L’Europa chiede di raddoppiare i nostri standard. Questi ed altri dati emergono in seguito all’ultima indagine Almalaurea e vengono discussi al convegno “Università verso dove?”, tenutosi il 28 novembre dal gruppo FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) di Napoli, sul tema “Italia-USA-Erasmus: Università a confronto”, che si colloca nell’ambito della Quinta Settimana Nazionale dell’Università. Presenti all’incontro docenti e delegati Erasmus delle Università, come la prof.ssa Carla Masi Doria (delegata di Giurisprudenza alla Federico II), Francesca Russo (delegata Scienze della Formazione del Suor Orsola), il prof. Michele Papa, docente di Anatomia Umana alla SUN. Hanno partecipato e discusso anche l’ex Rettore della Parthenope Gennaro Ferrara e la dott.ssa Federica Di Martino, Educational Advisor della Commissione Scambi Culturali Italia-USA. “Dal progetto Erasmus è emerso che il tasso di studenti italiani che ha seguito un periodo di studi all’estero è inferiore a quello europeo”, afferma il dott. Umberto Ronga della FUCI, Borsista Ricercatore d’eccellenza all’Università di Ginevra. “Per 100 italiani che vanno a studiare fuori, solo 83 vengono da noi”. Tra i laureati, però, alcuni dati sono incoraggianti: “nel 2001 poco meno del 10% degli studenti terminava gli studi nei tempi previsti, oggi il 39%, ed è aumentata la frequenza alle lezioni”. Più donne laureate che uomini: “la percentuale di donne che ha conseguito la laurea tra i 30 e i 40 anni è superiore a quella maschile di 9 punti percentuali”.
Oltre ai dati relativi agli studi, si è discusso anche della mobilità, intesa come territoriale (che ha come fine l’apprendimento) e internazionale, sintomo di opportunità di formazione, lavoro, crescita intellettuale, personale, sociale e spirituale: “infatti, allargando i propri orizzonti si riesce ad ampliare anche i propri sentimenti. Si può quindi segnare una cittadinanza europea”. La propensione a spostarsi all’estero, per motivi di studio, secondo i dati ISTAT, è più elevata per i laureati in discipline scientifiche, anche grazie l’affinità dei programmi con le università straniere.
Le direzioni in cui si muovono gli studenti italiani sono tre: “dal centro verso il nord, dal sud al nord, e all’estero”. S’incontrano resistenze culturali allo spostamento specialmente al sud. “Nel 2011, sono stanziali 49 laureati su 100, cioè hanno concluso il proprio percorso di studi nella stessa provincia in cui hanno ottenuto il diploma”.
Per quanto riguarda invece gli spostamenti internazionali, i dati FNG (Forum Nazionale dei Giovani) e CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) registrano per l’Italia una maggioranza di giovani professionisti in uscita, che non fa riferimento a prestazioni di lavoro occasionali, ma ad un vero stabilimento definitivo per lo più in Gran Bretagna, Svizzera e Germania. “Molte partenze e pochi arrivi, con uno sbilanciamento strutturale di fondo, cioè importiamo professionisti con un livello di qualifica più basso rispetto a quello dei lavoratori che esportiamo”. Risultato: l’Italia non è in grado di attrarre cervelli stranieri e fa fatica a mantenere i propri.
Allegra Taglialatela
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