Formazione eccellente ma in Italia c’è poco lavoro

Il 64% dei laureati in Biotecnologie giudica le competenze acquisite buone, il 15% ottime, tuttavia solo il 20%, se potesse tornare indietro, si riscriverebbe alla stessa Facoltà. E’ quanto emerge da un’indagine tra i laureati italiani in Biotecnologie presentato dalla Fibio, la Federazione Italiana dei Biotecnologi che si propone come obiettivo primario la tutela ed il riconoscimento della figura professionale del biotecnologo. Dai dati raccolti dalla Fibio si evidenzia che il tempo trascorso dal conseguimento della laurea alla prima occupazione è inferiore a 6 mesi per il 55% dei laureati e che il 62% di costoro opera presso l’Università o altri Centri di Ricerca pubblici. Il 47% degli occupati guadagna tra 500 e 1000 euro al mese, il 44% svolge un dottorato ed il 26% ha una borsa di studio o un assegno di ricerca. “Il numero dei dottorandi è esagerato – afferma il Presidente Fibio Gianluca Ruotolo – La maggior parte di loro (il 54%) ha una reale passione per la ricerca mentre il 27% dichiara di aver proseguito gli studi perché non ha trovato altre opportunità lavorative. La verità è che gli sbocchi occupazionali sono ridotti rispetto alle aspettative di 15 anni fa”. Le prospettive di lavoro in Italia sono giudicate mediocri dal 52,70% e insoddisfacenti dal 39,30% dei laureati. La situazione è capovolta per le opportunità lavorative all’estero: il 71% le ritiene buone e il 17% ottime. 
Secondo l’indagine di Almalaurea 2011, che non considera i dottorati una condizione lavorativa, i laureati del gruppo disciplinare geo-biologico sono all’ultimo posto nella graduatoria relativa alla condizione occupazionale: il 28,6% di loro lavora ad un anno dalla laurea, il 32% a due anni e il 47,1% a tre anni.
Ruotolo sintetizza così la situazione descritta dai dati: “La formazione dei biotecnologi è eccellente, in Italia c’è poco lavoro, le retribuzioni sono basse e le prospettive non sembrano esaltanti perché l’industria del biotech è poco radicata e la legislazione è inesistente o arretrata. Inoltre, esiste una disomogeneità tra gli stessi Corsi di Laurea attivati presso le diverse sedi e c’è carenza di informazione sulle competenze dei biotecnologi”. Ruotolo ritiene che il numero dei laureati non sia sostenibile: “I laureati magistrali tra il 1998 e il 2010 sono circa 17 mila. Tra sette anni saliranno a 40mila. Non sarà possibile assorbirli. I Corsi di Laurea si sono moltiplicati e la crescita del settore produttivo è molto lenta: a fine 2007 le imprese erano 319, di cui 187 di ‘pure biotech’. Si tratta soprattutto di microimprese che nascono da start-up universitari. Perciò è fondamentale far capire ai laureati che il lavoro può nascere da un’attività imprenditoriale”.
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