Si intitola ‘La storia sono loro’ il libro del giornalista e scrittore Giovanni Minoli, attualmente a capo della struttura Rai per i 150 anni dell’Unità d’Italia, presentato lo scorso 11 maggio, nella sede del Rettorato della Seconda Università. L’incontro, organizzato in collaborazione con il Teatro San Carlo, è stata l’occasione per seguire la proiezione di alcuni brani dei più famosi faccia a faccia di Mixer, il fortunato programma televisivo di Minoli, ripercorrendo, in questo modo, gli ultimi trent’anni di storia italiana. “Ripensare alla storia del nostro Paese è molto importante – ha detto il Rettore prof. Francesco Rossi – In questi giorni, stiamo riscrivendo lo Statuto della nostra Università, tenendo fermamente presenti criteri e valori menzionati dalla nostra Costituzione, quali la libertà di cultura, di ricerca e formazione, fondamentali per la crescita delle future generazioni e dell’intero Paese”. Il libro di Minoli, che è la trasposizione cartacea delle interviste di ‘Mixer’, racchiude un modo di fare giornalismo d’impegno, che va ben oltre il superficiale, anche se Minoli sottolinea: “Non ho fatto il giornalista, ma il televisionista”. “Il mio – spiega – è stato, da subito, un amore istintivo per la televisione, per il racconto nel mondo multimediale nelle sue tante forme. Ho appreso molto da Brando Giordani, del settimanale Tv7, ma i ritmi sono quelli della televisione americana”. Laureato in Giurisprudenza e figlio di un illustre docente universitario, “uno di quelli che venivano definiti baroni”, dice di aver passato uno dei suoi momenti più critici quando è andato via dalla Rai. “Ho dovuto farlo dopo uno scontro violentissimo con l’allora direttore generale Pier Luigi Celli, il quale, a mio avviso, non aveva capito cos’è la tv. In seguito sono andato a Stream”.
“Ma, oggi, la Rai come si presenta?”, la domanda, che dà il via all’intervista, è di Virman Cusenza, direttore de Il Mattino. “E’ una balena spiaggiata – risponde – In ogni caso, la televisione, in generale, ha di buono che può cambiare in fretta, e il digitale terrestre potrebbe essere un’occasione d’oro per rigenerare l’offerta”. Di certo, con un programma come Mixer, in onda in prima serata, Minoli ha ideato una formula innovativa e originale che ha costretto i grandi del nostro Paese a mettersi a nudo, da Bettino Craxi a Silvio Berlusconi, da Giovanni Agnelli a Romano Prodi fino a Mu’ammar Gheddafi e Henry Kissinger. E’ stato l’unico a cui Enrico Berlinguer ha concesso un’intervista. “La trattativa è durata sei mesi – racconta – prima mi ha chiesto le registrazioni di alcune puntate precedenti, ma non abbiamo trovato un accordo in quanto non voleva che gli ponessi domande sulla vita privata, come avevo fatto con gli altri. Dopo un paio di mesi, mi ha richiamato comunicandomi che potevamo procedere. Insomma, alla fine, sono riuscito a porgli sessanta domande in poco meno di mezz’ora e lo stesso Berlinguer mi ha confessato di aver detto più cose in quell’occasione che in anni e anni di Tribuna politica”. Nel faccia a faccia non si può tagliare, in quanto il telespettatore potrebbe capirlo. “E’ come un match, ma non ho mai voluto uccidere nessuno. Il mio scopo è sempre stato quello di fare un ritratto di contenuti ideali e culturali del personaggio”. Oggi, si è passati dal rotocalco al talk show. “C’è stata la resa definitiva della politica alla televisione, in quanto la politica è diventata una funzione del format televisivo”. La via d’uscita consiste nel “ricominciare da un discorso serio sul servizio pubblico che deve trovare il consenso dei cittadini, usando la televisione con un livello di responsabilità e funzionalità più elevato”. Impegnato di recente in altre trasmissioni – ‘La storia siamo noi’ e ‘Dixit’ – alla domanda di Cusenza: “Rifarai Mixer?”, Minoli risponde: “Non ho l’impressione che ci sia aria da Mixer”.
Maddalena Esposito
“Ma, oggi, la Rai come si presenta?”, la domanda, che dà il via all’intervista, è di Virman Cusenza, direttore de Il Mattino. “E’ una balena spiaggiata – risponde – In ogni caso, la televisione, in generale, ha di buono che può cambiare in fretta, e il digitale terrestre potrebbe essere un’occasione d’oro per rigenerare l’offerta”. Di certo, con un programma come Mixer, in onda in prima serata, Minoli ha ideato una formula innovativa e originale che ha costretto i grandi del nostro Paese a mettersi a nudo, da Bettino Craxi a Silvio Berlusconi, da Giovanni Agnelli a Romano Prodi fino a Mu’ammar Gheddafi e Henry Kissinger. E’ stato l’unico a cui Enrico Berlinguer ha concesso un’intervista. “La trattativa è durata sei mesi – racconta – prima mi ha chiesto le registrazioni di alcune puntate precedenti, ma non abbiamo trovato un accordo in quanto non voleva che gli ponessi domande sulla vita privata, come avevo fatto con gli altri. Dopo un paio di mesi, mi ha richiamato comunicandomi che potevamo procedere. Insomma, alla fine, sono riuscito a porgli sessanta domande in poco meno di mezz’ora e lo stesso Berlinguer mi ha confessato di aver detto più cose in quell’occasione che in anni e anni di Tribuna politica”. Nel faccia a faccia non si può tagliare, in quanto il telespettatore potrebbe capirlo. “E’ come un match, ma non ho mai voluto uccidere nessuno. Il mio scopo è sempre stato quello di fare un ritratto di contenuti ideali e culturali del personaggio”. Oggi, si è passati dal rotocalco al talk show. “C’è stata la resa definitiva della politica alla televisione, in quanto la politica è diventata una funzione del format televisivo”. La via d’uscita consiste nel “ricominciare da un discorso serio sul servizio pubblico che deve trovare il consenso dei cittadini, usando la televisione con un livello di responsabilità e funzionalità più elevato”. Impegnato di recente in altre trasmissioni – ‘La storia siamo noi’ e ‘Dixit’ – alla domanda di Cusenza: “Rifarai Mixer?”, Minoli risponde: “Non ho l’impressione che ci sia aria da Mixer”.
Maddalena Esposito