Quando l’Università apre le porte e si trasforma in un fertile luogo di promozione dell’integrazione e della solidarietà civile… È accaduto, dal 29 settembre al 3 ottobre, alla Facoltà di Psicologia. Cinque giorni interamente dedicati alla riflessione sullo sfruttamento e la tratta di giovani donne immigrate che, sperando di costruirsi nel nostro Paese un futuro migliore, si trovano spesso vittime di uno tra i più terribili business miliardari, quello della tratta e della prostituzione. All’interno della manifestazione si è inserito l’incontro-dibattito del 1° ottobre tra la scrittrice Dacia Maraini e gli studenti. Ad accogliere l’ospite nell’Aula Magna di via Vivaldi i Presidi Nicola Melone (Scienze), Alida Labella (Psicologia) e Paolo Pedone (Scienze Ambientali). Tanti gli studenti in aula che hanno avuto modo si riflettere su temi di grande rilevanza sociale quali l’integrazione, la solidarietà, la libertà, la cooperazione tra i popoli. Tema centrale del dibattito è stato quello della prostituzione e della mercificazione del corpo umano. “Oggi esiste una schiavitù altrettanto grave di quella derivante dalla miseria: è la schiavitù mentale, frutto di una serie di valori trasmessi dalla televisione. Siamo tutti vittime di una mentalità mercantile, per cui tutto si vende e si compra”; i valori propinati sempre più insistentemente dai mass media sono quelli dell’“essere vincenti, belli, giovani, intolleranti, egoisti, ricchi, prepotenti”. Secondo la Maraini, però, l’uomo non nasce cattivo ed ha ampie possibilità di mostrare la propria bontà che “è una questione di immaginazione: chi riesce ad immaginare il dolore altrui è buono. Se educhiamo i nostri giovani all’immaginazione, li educhiamo alla generosità”. In questo processo un ruolo importante è svolto dall’Università che, grazie ad eventi simili, riesce a conciliare amore per la cultura e amore per il prossimo, facendosi baluardo dell’abbattimento di barriere erette sul pregiudizio che oggi esistono ancora, soprattutto nei confronti degli immigrati. E’ il caso delle donne di “Casa Rut” – centro di accoglienza per giovani donne vittime di sfruttamento realizzato dalle suore Orsoline di Caserta – che, dopo anni di soprusi e violenze, sono riuscite a riscattarsi fondando una Cooperativa Sociale (“NewHope”), sodalizio che ha dato vita ad un laboratorio di sartoria etnica. “Casa Rut”, alle cui attività Maraini da anni è legata, “in questo periodo storico di profonda regressione rappresenta un’isola felice: credo che Caserta debba sentirsi privilegiata ad ospitare un’organizzazione del genere”. Una riflessione ampiamente condivisa dal Preside Melone, secondo il quale “Casa Rut” rappresenta un esempio di “ragione e sentimento al servizio dell’integrazione”. Importante per Melone non è la “solidarietà ma la collaborazione”, fulcro dell’azione del centro di accoglienza, “ed è proprio per questo che mi sono innamorato di questa realtà”. Tra i volontari di “Casa Rut” diversi sono studenti universitari, giovani in cui Maraini confida: “Credere nel futuro è la più grande forma di spiritualità. Chi crede nel futuro si pone delle regole, base della convivenza civile. Penso che dietro la maschera del conformismo dei ragazzi ci sia una grande richiesta di giustizia e solidarietà. Al di là delle apparenze, ritengo che i giovani siano molto più sensibili di quanto noi adulti immaginiamo”, parole che risuonano confortanti. La Preside Labella si è detta molto soddisfatta dell’ampia partecipazione degli studenti i quali “in occasioni del genere hanno la possibilità di elevarsi non solo culturalmente ma anche come cittadini, attori della società di domani”.
Barbara Leone
Barbara Leone