A Budapest i luoghi prediletti della fruizione intellettuale sono i caffè letterari. Al loro interno si plasma e si modella, in un brusio ininterrotto, l’incontro delle facoltà del pensiero più disparate. Nuclei intimissimi, dove il pensiero si erge e si moltiplica in sfaccettature sempre variopinte. Ambienti nella letteratura, inscindibili dal divenire storico e dall’evoluzione della storia umana. È un percorso strettamente connesso, un cammino intellettuale raffinato e semplice, quello che il professore di Lingua e letteratura ungherese, Amedeo Di Francesco, propone, l’11 dicembre, agli studenti di Mediazione Linguistica e Culturale. In un’affollata aula della sede di via Duomo, il secondo incontro del Laboratorio “Narrazioni urbane” si apre con un vero e proprio invito: “conosciamo insieme il vocio dei migliori, e soprattutto dei peggiori, caffé letterari di Budapest”.
Con il dichiarato proposito di stimolare la curiosità dei partecipanti, infatti, il Laboratorio (che si è snodato in sei incontri – dal 4 dicembre a gennaio – toccando città come Londra, Firenze, Parigi, Madrid, Sidney) è stato ideato per convogliare gli studenti verso qualcosa che è difficile trovare in un libro: la città intesa come ente vivo e pulsante. In questa visione, è impossibile ignorare il carattere multiculturale ed il percorso transnazionale delle realtà urbane. “Narrazioni urbane”, progetto delle professoresse Luisa Caiazzo e Oriana Palusci, docenti di Inglese, si è affermato come una passeggiata cerebrale, mediata dallo sguardo e dalla conoscenza dei professori de L’Orientale. Un percorso rivelatore nei meandri cittadini, un racconto vivo della strada e delle realtà urbane, un excursus nella cultura, nella lingua e nei tanti e variegati aspetti che costruiscono la personalità delle città del mondo.
Un intento chiaramente raggiunto a giudicare dai visi incuriositi e attenti degli studenti.
Il professor Di Francesco delinea un percorso intriso di storicità, dalla nascita sino alla decadenza dei caffé letterari, avvenuta durante la Seconda Guerra Mondiale. Poi visita con gli studenti il caffé Bristol, esempio lampante di come la cultura europea, soprattutto inglese, si sia inserita prepotentemente in Ungheria, e il caffé New York, di cui era frequentatore Thomas Mann.
I caffé raccolgono anche la partecipazione di artisti prestigiosi in ambito musicale, rivela Di Francesco, come il caffè Drechsler, che ha ospitato lo scambio di visioni musicali anche di Mascagni e Puccini.
Il punto culminante e conclusivo di questo incontro è paradigmatico dell’intero Laboratorio: porta alla luce la molteplicità di cui si compone la voce dei centri urbani ed evidenza l’insopprimibile paradosso che vive la capitale ungherese, scissa tra oriente ed occidente. “Budapest è il risultato di un amalgama: ha una lingua radicata nella sua storia, che manifesta la sua originaria essenza orientale, ma ormai ha cultura prettamente occidentale, europea”, conclude Di Francesco. E gli ascoltatori non possono che restare affascinati dalla descrizione di questo particolarissimo ibrido.
Martina Riccio
Con il dichiarato proposito di stimolare la curiosità dei partecipanti, infatti, il Laboratorio (che si è snodato in sei incontri – dal 4 dicembre a gennaio – toccando città come Londra, Firenze, Parigi, Madrid, Sidney) è stato ideato per convogliare gli studenti verso qualcosa che è difficile trovare in un libro: la città intesa come ente vivo e pulsante. In questa visione, è impossibile ignorare il carattere multiculturale ed il percorso transnazionale delle realtà urbane. “Narrazioni urbane”, progetto delle professoresse Luisa Caiazzo e Oriana Palusci, docenti di Inglese, si è affermato come una passeggiata cerebrale, mediata dallo sguardo e dalla conoscenza dei professori de L’Orientale. Un percorso rivelatore nei meandri cittadini, un racconto vivo della strada e delle realtà urbane, un excursus nella cultura, nella lingua e nei tanti e variegati aspetti che costruiscono la personalità delle città del mondo.
Un intento chiaramente raggiunto a giudicare dai visi incuriositi e attenti degli studenti.
Il professor Di Francesco delinea un percorso intriso di storicità, dalla nascita sino alla decadenza dei caffé letterari, avvenuta durante la Seconda Guerra Mondiale. Poi visita con gli studenti il caffé Bristol, esempio lampante di come la cultura europea, soprattutto inglese, si sia inserita prepotentemente in Ungheria, e il caffé New York, di cui era frequentatore Thomas Mann.
I caffé raccolgono anche la partecipazione di artisti prestigiosi in ambito musicale, rivela Di Francesco, come il caffè Drechsler, che ha ospitato lo scambio di visioni musicali anche di Mascagni e Puccini.
Il punto culminante e conclusivo di questo incontro è paradigmatico dell’intero Laboratorio: porta alla luce la molteplicità di cui si compone la voce dei centri urbani ed evidenza l’insopprimibile paradosso che vive la capitale ungherese, scissa tra oriente ed occidente. “Budapest è il risultato di un amalgama: ha una lingua radicata nella sua storia, che manifesta la sua originaria essenza orientale, ma ormai ha cultura prettamente occidentale, europea”, conclude Di Francesco. E gli ascoltatori non possono che restare affascinati dalla descrizione di questo particolarissimo ibrido.
Martina Riccio