I centri di competenza? O producono posti di lavoro o falliscono

Il prof. Carlo Pedone è una delle figure storiche del Federico II e della Facoltà di Scienze, più volte nel Consiglio di Amministrazione del Federico II, Direttore di Dipartimento, nel comitato ordinatore di diverse facoltà, direttore di centri di ricerca ed attualmente del Centro Regionale di Competenza in Diagnostica e Farmaceutica Molecolare. Proprio sul futuro dei centri di competenza -“merito del precedente assessore regionale Gino Nicolais e dell’intelligenza e sensibilità dell’attuale Teresa Armato”- ha una sollecitazione forte da fare, quasi una provocazione: “i centri di competenza regionale hanno fatto tanto, molto, però, se non riescono a creare occupazione nei nostri territori, hanno fallito”. Poi chiarisce, con un articolato ragionamento. “Grazie ai finanziamenti istitutivi, alla possibilità che abbiamo avuto di acquistare tecnologie di ricerca che ci hanno consentito di lavorare e competere alla pari, o anche in vantaggio, su altre nazioni europee, oggi siamo capaci di brevettare progetti di una certa rilevanza internazionale, acquistati da società americane o di altri paesi. Eppure, per i nostri laureati, ancora non si realizzano le condizioni per opportunità occupazionali, qualificate nella nostra regione”. I motivi? “Anche l’impossibilità, a Napoli ed in Campania, di trovare incubatori d’azienda capaci ed attrezzati per ospitare investimenti ed insediamenti di aziende straniere nel nostro campo, quello delle biotecnologie”. Poi la burocrazia ministeriale “che ci ha fatto perdere finanziamenti per 4-6 milioni di euro in tre-quattro anni, a causa dei tempi troppo lunghi per le risposte necessarie a perfezionare gli accordi”. E giù tanti esempi. “Una multinazionale interessata ad investire a Napoli ha avuto le risposte dal Ministero dopo due anni. Quel centro di ricerche ora è in via di realizzazione in Spagna, con il rischio di far fuggire anche un paio di nostri giovani brillanti”. “Un’altra nostra brillante laureata, impegnata con una borsa di studio negli Stati Uniti, contro un futuro da precaria da noi, ha scelto di restare negli Usa”. “Due anni fa, una multinazionale americana, con sede a Pasadena, voleva creare un insediamento qui. Mi rivolsi anche al Presidente dell’Autorità Portuale, per una sede, ma niente. Anche quell’opportunità è svanita”. E così 4-5 ipotesi di aziende. “Un mio brillante ricercatore ha realizzato uno spin off con industriali piemontesi. Valore due miliardi di vecchie lire, un ventur capital. Non trovando un incubatore di impresa in Campania, è dovuto andare a realizzarlo ad Ivrea, assumendo anche altri due nostri giovani”. Un’altra brillante laureata “è attualmente a San Diego, guadagna quanto me che ho quasi 40 anni di docenza, è disponibile a tornare a  Napoli, ma solo in cambio di un’assunzione stabile”. Ancora: “un altro giovane, dopo dieci anni in cui ha girato in varie sedi di una multinazionale, è tornato da noi solo grazie ad un contratto del CNR neppure tanto elevato”. 
Il prof. Pedone dirige un Centro di Competenza con 110 persone, tra accademici, ricercatori CNR, dottori di ricerca e borsisti regionali. “Ora stiamo chiudendo il bando di assegnazione di altre 55 borse di studio regionali, da 7/800 euro netti mensili per un anno. E poi? Cosa potremo garantire a questi giovani? Solo un livello alto di formazione, la possibilità di stage e borse di studio all’estero, e poi? Quasi certamente la conferma nelle nazioni dove andranno. Intanto il nostro patrimonio di studiosi si impoverisce, ed il nostro compito resta quasi esclusivamente quello di formazione ma senza un ricambio e rafforzamento della nostra massa critica”. 
Ci mostra dunque i laboratori del Centro che dirige, coadiuvato dall’inseparabile prof. Ettore Benedetti. La sede di via Mezzocannone 16, recentemente completata, si articola  su tre piani –  circa 1.800 metri quadri-. Un piano molto bello e finemente arredato, tecnologie di avanguardia “che ci invidiano in Italia ed all’estero”, laboratori di risonanza magnetica, di sintesi automatizzata di pezzi di DNA per la creazione di nuovi farmaci, tre camere termostate a 2,4 e 20 gradi, due difrattometri automatici, “tecnologie spesso innovative, dal costo complessivo di milioni di euro”, studi sulle cellule tumurali e ‘l’angiogenesi’ che hanno portato alla realizzazione di una decina di brevetti scientifici, “nei due anni e sette mesi dalla nascita del centro di competenza”. Eppure l’amarezza: “non è possibile trasformare, a Napoli o in Campania, le idee progettuali in posti di lavoro. Nonostante l’entusiasmo del rettore Trombetti e dell’assessore Teresa Armato. E questo è un grosso problema”. Conclude: “potremmo essere leader nel mondo, per la Diagnostica e Farmaceutica Molecolare, abbiamo collaborazioni  con americani e canadesi, ma non si riesce a fare sistema, con le altre istituzioni e il territorio, e dunque perdiamo i nostri giovani più brillanti, e rischiamo di fallire sulla reale missione di questi centri”.
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