I premiati

Due progetti hanno guadagnato questa volta il primo premio ex aequo, e andranno in finale per il PNI insieme al secondo classificato. Il primo è Arianna, e riguarda appunto un innovativo filo che promette un’ampia applicazione in campo medico-chirurgico. “Si tratta di un filo di sutura che utilizza un sistema basato su nanotecnologie che permettono di rilasciare elementi farmacologici in sede locale” spiega la capogruppo, prof.ssa Adele Bolognese. Una soluzione che interviene quindi nella stessa azione di sutura contro i rischi emorragici, infiammatori e infettivi legati al decorso operatorio (e che rischiano di lasciare brutte cicatrici), rilasciando i farmaci tramite lo stesso filo. 
Sempre in campo medico e sempre al primo posto c’è Prius, nato da un gruppo di ricerca, coordinato dal prof. Vittorio Enrico Avvedimento, che ha già alle spalle un altro interessante brevetto, messo a punto nel 2005 e successivamente ceduto ad un’azienda statunitense, per la diagnosi della sclerodermia.  Quest’anno presenta invece un metodo di diagnosi di tipo biologico per malattie autoimmuni di grande impatto sociale come l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla. 
Ancora diagnostica d’avanguardia al secondo posto, con il progetto BioRNA. Un innovativo sistema non solo di diagnosi ma anche di prognosi e indicazione terapeutica per i tumori. “I metodi in uso spesso non permettono di rispondere a domande come che tipo di tumore ci si trova davanti, quanto tempo di vita rimane al paziente, se e quale tipo di terapia può essere utile”, spiega la coordinatrice, prof.ssa Gerolama Condorelli. “Il nostro kit diagnostico si basa sui microRNA, piccole molecole la cui espressione si presenta alterata in tutti i tipi di tumori. Un metodo non solo preciso ma anche altamente competitivo: il nostro kit costerà 8mila euro contro i 150mila di un progetto statunitense basato sugli stessi studi”. 
Al terzo posto Smart Trolley Bag, presentato dal capogruppo, il prof. Michele Pugliese. “Un sistema innovativo di sospensioni attive, controllate tramite un sistema di sensori coordinati da un microcomputer, da applicare al bagaglio su ruote, ma potenzialmente anche ad altri settori, per ridurre le sollecitazioni articolatorie e aumentare la protezione del bagaglio”, spiega Pugliese. 
L’unica nota negativa, oltre alle già note difficoltà di commercializzazione dei progetti, è che scarseggiano i lavori presentati da studenti e dottorandi. “L’età media dei componenti è di 36 anni, questo vuol dire che c’è una buona componente giovane che fa abbassare la media, soprattutto nella prima fase della ricerca”, spiega il prof.Raffa; “ma nella fase finale dei progetti tende poi a ridursi”.
 

I finalisti
Al quarto posto, con menzione speciale, il gruppo Architettura Natura & Energia. Un progetto, coordinato dal prof. Ennio De Crescenzo, che mette insieme recupero ambientale e produzione energetica. “In Campania le cave sono abbandonate per l’85%, con il rischio di discariche abusive”, spiega il professore “mentre l’energia che utilizziamo viene per il 75% da fuori. La nostra idea di recupero delle cave prevede un bacino d’acqua utilizzabile per attività ricreative e la copertura di una parete verticale con pannelli fotovoltaici – massimizzando sia l’utilizzo dello spazio, con la disposizione verticale dei pannelli, che l’assorbimento di energia, grazie al riflesso del bacino”. L’unico problema è riuscire ad applicare il progetto proprio in Campania.
Al quinto posto c’è un altro progetto sulle risorse energetiche pulite, quello del gruppo Ergasum. “Abbiamo lavorato sulla geotermica e contemporaneamente sull’energia rinnovabile”, spiega il coordinatore, dr. Andrea D’Oriano, “prelevando calore dalle falde acquifere in zone termali come i Campi Flegrei, ma senza estrarre l’acqua, per non danneggiare le falde. L’investimento e l’ingombro per produrre questo tipo di energia pulita è molto ridotto”, continua D’Oriano. “Ne abbiamo testato l’applicazione per il riscaldamento ambientale e per le piscine, ma il sogno è arrivare a produrre energia elettrica”.
Quinto posto anche per il progetto Free Access, presentato dall’ing. Alessandro Cilardo. Alla base del progetto l’idea uno standard da proporre per tutti i siti istituzionali e di servizio che ne permetta l’accesso anche agli utenti con limiti motori o sensoriali. “Insieme alle potenzialità del web crescono paradossalmente anche le nuove ‘barriere architettoniche digitali’”, spiega l’ing. Cilardo; “l’Italia ha già recepito la normativa internazionale in materia, ma di fatto è rispettata in meno del 3% dei siti istituzionali”.
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