I sacrifici di Carmelina per “tagliare il traguardo in regola”

Carmelina Pietrafesa, 24 anni, è uno dei magnifici cinque: ha tagliato il traguardo della laurea in Architettura, nuovo ordinamento, nei 5 anni previsti. Cinque su 250 che si immatricolarono. Potentina, 24 anni, ha discusso una tesi dal titolo: Soluzioni tecniche e progettuali per un parco sostenibile a Misano Adriatico. Il tema è scaturito  dalla traccia di un concorso che era stato bandito da quell’amministrazione locale.
Racconta la sua esperienza. “Sono stata una studentessa fuorisede anomala, nel senso che per 5 anni ho vissuto tra la casa e l’università. Pochissime uscite serali, a letto presto o studio fino a notte: devo dire che ho sacrificato un bel po’ di anni, per tagliare il traguardo in regola. L’ho fatto perché appena misi piede ad Architettura un assistente ci diede un consiglio che non ho più dimenticato: laurearsi presto e bene, per dare valore al titolo e sperare poi in un lavoro soddisfacente. E’ stata una scelta, ma pure una necessità: non è che i miei navighino nell’oro e per questo mi sono imposta di farmi mantenere a Napoli esattamente per il tempo necessario, 5 anni, non uno di più, e di mantenere un ritmo tale da conseguire la borsa di studio ogni anno. La cifra non è granché, ma aiuta”.
8 ore al giorno 
in Facoltà
La giornata tipo di Carmelina. “Ho seguito tutti i corsi. Vuol dire che a volte sono entrata ad Architettura alle 9 del mattino e sono andata via alle 7 di sera, per iniziare a studiare a casa, anche fino alle 2 di notte qualora ci fossero consegne urgenti. In prossimità degli esami orali, sveglia alle 6 e studio fino alle 9, prima di andare in facoltà. Insomma, con questi ritmi si capisce bene quanta poca voglia avessi di uscire la sera e fare tardi. Ogni due settimane tornavo a casa, dai miei genitori, in Basilicata, per il sabato e la domenica. Capitava spesso, peraltro, anche nel week end, sia che fossi a Napoli, sia che fossi a Potenza, di studiare dalle otto di mattina alle otto di sera”. Tra un corso ed uno studio casalingo, interminabili attese. “Ecco, questa è una cosa assurda, che vorrei sottolineare. In un corso di laurea dai ritmi così intensi, tutto dovrebbe funzionare come un orologio, l’organizzazione dovrebbe essere perfetta, altrimenti lo studente veramente si trova in difficoltà. Invece, mi è capitato di trascorrere spesso 4 ore di attesa in un corridoio, perché il docente che doveva eseguire le correzioni latitava. Spesso, ripeto. E’ accaduto anche di passare una mattinata intera in fila fuori alle copisterie per le fotocopie a colori delle tavole. I meno cari sono pochi e li frequentano tutti, perciò le code sono chilometriche. Attese inutili, snervanti, che tolgono spazio allo studio, ma pure alla possibilità di coltivare interessi extra universitari. Inconcepibile, se poi ci si chiede di correre, correre, correre, tra corsi ipercompressi e finestre di esame piuttosto brevi”. Si sofferma sulla vicenda dei plotter. “Da quando mi sono iscritta al primo anno se ne parla. Ad ogni elezione studentesca i rappresentanti e gli aspiranti tali organizzano incontri, stampano volantini nei quali con decisione e convinzione garantiscono che, al centro dei loro programmi, c’è appunto l’acquisto da parte della facoltà di questi plotter. In 5 anni non li ho mai visti, questi plotter. Ho speso anche fino a 15 euro per una stampa a colori. Centinaia e centinaia di euro buttati via perché manca la dotazione minima che dovrebbe caratterizzare una facoltà di Architettura”.  
Il primo esame della carriera universitaria di Pietrafesa è stato Storia dell’Architettura: 28 il voto finale, libretto firmato dal professore Francesco Starace. L’ultimo: Laboratorio di Sintesi, con la professoressa Reiana Lucci.  Il professore più affidabile, serio e puntuale, dice la studentessa: Raffaele Landolfo, che insegna Tecnica delle Costruzioni. Preferisce non fare nomi in negativo, ma sottolinea: “ad Architettura c’è un problema serio ed è rappresentato da docenti i quali non si rendono conto che puntualità, rispetto dei tempi e degli orari sono requisiti indispensabili, oltre che un modo serio di porsi verso gli studenti. Delle attese di intere mattinate per una correzione – 50 nei corridoi aspettando il docente – ho già detto. Aggiungo che mi è capitato di andare all’orario di ricevimento il mercoledì e di trovare un cartellino fuori la porta, sul quale il professore aveva scritto che le correzioni erano state anticipate al martedì. Lo aveva affisso, devo credere, il lunedì alle sette di sera, per pochi intimi”. Aggiunge: “noi che ci siamo iscritti 5 anni fa siamo state le cavie del Nuovo Ordinamento, è anche normale, però alcuni disagi si sarebbero potuti evitare. Soprattutto all’inizio, ricordo la totale mancanza di organizzazione dei corsi e dei professori. Eravamo alla deriva”. “Nella mia formazione manca completamente il settore del Design e dell’Arredamento di Interni. Una lacuna molto grave, perché adesso, leggendo le offerte di lavoro, verifico che sono proprio le professionalità per le quali c’è più richiesta”. 
Capitolo tesi di laurea. “E’ la novità positiva. Il Nuovo Ordinamento presuppone che il lavoro si svolga in un tempo ragionevole, diciamo massimo sei mesi. Non è più come in passato, quando la tesi si trascinava per anni ed anni, si sapeva quando iniziava e non si immaginava mai quando sarebbe terminata. I docenti mi pare abbiano ben compreso, in generale, l’importanza di questa innovazione”. Ai suoi colleghi che si approssimano al traguardo, suggerisce: “La scelta va fatta soprattutto considerando il docente. E’ importante puntare su un professore con il quale si sia stabilito un buon rapporto durante il percorso universitario”. 
Fuorisede, una 
vita rischiosa
Pietrafesa ha vissuto la sua vita universitaria napoletana in affitto, nel centro storico. “Ho cambiato varie case, ma la condizione che ho richiesto è sempre stata la possibilità di un contratto di affitto, senza il quale non avrei avuto diritto alla borsa di studio da fuori sede. Ho iniziato pagando 217 euro per una singola. L’ultima mi costava 230 euro”. Napoli le lascia però un ricordo non completamente positivo. “Una volta, ero al primo anno, camminavo la sera col mio ragazzo in via Paladino, a un passo da piazza San Domenico, quando ho subito uno schiaffo violento da parte di due tipi in motorino. Sono tornati indietro e ci hanno pure perquisito: il passeggero, nel colpirmi, aveva perso l’orologio e pensava ce lo fossimo messi in tasca! Un’altra volta, a piazza San Domenico, saranno state le sette di sera, sono stata scippata. Un terzo brutto episodio è capitato al mio ragazzo, derubato da due o tre persone che gli hanno pure mostrato una pistola. Sono fatti che minano la fiducia verso la città. Chi è vittima di questi microepisodi di violenza da quel momento in poi cammina facendo attenzione, guardingo, magari eviti di frequentare certi posti. Per Napoli, sede universitaria che tradizionalmente accoglie migliaia di giovani da altre regioni e città, un danno di immagine. Per noi fuori sede, un notevole peggioramento della qualità di vita”. 
Archiviata l’esperienza universitaria, Carmelina Pietrafesa è adesso alle prese con la preparazione dell’esame che consente di iscriversi all’Ordine degli architetti e cerca lavoro. “La gran parte delle offerte riguardano il centro ed il nord” – racconta. L’iscrizione all’Albo? C’è un po’ di disorientamento: “A Roma, Milano, Torino è la stessa facoltà che promuove corsi di preparazione all’esame di Stato. A Napoli no, eppure sarebbero utili e proficui per i neolaureati”.  
Fabrizio Geremicca
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