La comprensione dei processi e dei risultati della ricerca scientifica sembra preclusa all’uomo comune che, pur usufruendo quotidianamente delle innovazioni della tecnologia, avverte come impenetrabili i frutti della scienza teorica ormai iperspecialistica. Questa lontananza dalla conoscenza diffusa contribuisce ad alimentare forme di diffidenza verso l’impresa scientifica, perchè si è spesso inclini a pensare che da essa derivino non tanto benefici, quanto effetti negativi sull’ecosistema ed uno stato di incertezza esistenziale.
“In un’epoca di massima pervasività della scienza è entrato in crisi il rapporto di fiducia tra scienza e società”: così Enrica
Amaturo – Preside della Facoltà di Sociologia della Federico II – ha introdotto alla Feltrinelli di piazza dei Martiri la presentazione de La cultura interattiva. Comunicazione scientifica, musei, science centre, Oxiana edizioni, il libro scritto a tre mani da Luigi Amodio, Annalisa Buffardi e Lello Savonardo, docenti presso la stessa Facoltà.
“E’ pericoloso non avere gli strumenti per interpretare il linguaggio scientifico – afferma la Amaturo, che ha coordinato l’incontro – perchè una democrazia compiuta passa attraverso la capacità dei cittadini di operare delle scelte”. In linea con tale esigenza, il volume evidenzia il carattere principale dei moderni musei scientifici, “nuove agorà” della cultura che, stimolando il dibattito, diffondono le informazioni necessarie a valutare i rischi e i benefici connessi al progresso e a gestirne le conseguenze.
“Il primo messaggio da veicolare – afferma la Buffardi – è che la scienza è di tutti, non è riservata a pochi eletti e può invece essere compresa dal più ampio pubblico”. E’ questa l’ottica principale del volume che – come sottolinea Arturo Fittipaldi, docente di Museografia alla Federico II – “non è scritto da museografi ma da sociologi”. Il museo è inteso come “luogo in cui il sapere scientifico viene mediato per il pubblico di visitatori”. Il science center, ovvero il museo scientifico di ultima generazione di cui La Città della Scienza fornisce un esempio di eccellenza, “deve far fronte – evidenzia Luigi Amodio – alla difficoltà di comunicare la scienza contemporanea che è largamente invisibile, apparentemente incomunicabile”, ma deve anche, aggiunge Derrick de Kerckhove -Direttore del McLuhan Program dell’Università di Toronto e docente di Sociologia della Cultura Digitale presso la Federico II – “mirare a cambiare l’orientamento mentale dei visitatori, avviando un percorso non solo razionale ma anche emozionale”.
Cultura interattiva, dunque, come partecipazione al dibattito scientifico ma anche, come evidenza la Buffardi, come possibilità di interagire con l’oggetto della scienza attraverso le nuove tecnologie. L’interattività è, per de Kerckhove, “una variazione tecnica del tatto, ossia del rapporto tra il corpo e il mondo”. Idea che consente a Lello Savonardo di richiamare l’attenzione su come “il percorso conoscitivo avviato nei science centre investa i processi psico-sensoriali, per cui il visitatore non può rimanere indifferente, è costretto ad interagire, a porsi delle domande”.
L’interazione diviene, così, esperienza fisica e tangibile di apprendimento e condivisione della scienza perchè, prosegue Savonardo, “l’approccio istintivo favorito dai science centre permette di stimolare la curiosità suscitando emozioni che diventano indelebili nel ricordo. Il science centre non offre risposte. Sollecita sempre nuovi interrogativi. Il successo è raggiunto se il visitatore entrato con delle certezze, ne esce avendole perse”.
Manuela Pitterà
(allieva del Master in Comunicazione e Divulgazione Scientifica)
“In un’epoca di massima pervasività della scienza è entrato in crisi il rapporto di fiducia tra scienza e società”: così Enrica
Amaturo – Preside della Facoltà di Sociologia della Federico II – ha introdotto alla Feltrinelli di piazza dei Martiri la presentazione de La cultura interattiva. Comunicazione scientifica, musei, science centre, Oxiana edizioni, il libro scritto a tre mani da Luigi Amodio, Annalisa Buffardi e Lello Savonardo, docenti presso la stessa Facoltà.
“E’ pericoloso non avere gli strumenti per interpretare il linguaggio scientifico – afferma la Amaturo, che ha coordinato l’incontro – perchè una democrazia compiuta passa attraverso la capacità dei cittadini di operare delle scelte”. In linea con tale esigenza, il volume evidenzia il carattere principale dei moderni musei scientifici, “nuove agorà” della cultura che, stimolando il dibattito, diffondono le informazioni necessarie a valutare i rischi e i benefici connessi al progresso e a gestirne le conseguenze.
“Il primo messaggio da veicolare – afferma la Buffardi – è che la scienza è di tutti, non è riservata a pochi eletti e può invece essere compresa dal più ampio pubblico”. E’ questa l’ottica principale del volume che – come sottolinea Arturo Fittipaldi, docente di Museografia alla Federico II – “non è scritto da museografi ma da sociologi”. Il museo è inteso come “luogo in cui il sapere scientifico viene mediato per il pubblico di visitatori”. Il science center, ovvero il museo scientifico di ultima generazione di cui La Città della Scienza fornisce un esempio di eccellenza, “deve far fronte – evidenzia Luigi Amodio – alla difficoltà di comunicare la scienza contemporanea che è largamente invisibile, apparentemente incomunicabile”, ma deve anche, aggiunge Derrick de Kerckhove -Direttore del McLuhan Program dell’Università di Toronto e docente di Sociologia della Cultura Digitale presso la Federico II – “mirare a cambiare l’orientamento mentale dei visitatori, avviando un percorso non solo razionale ma anche emozionale”.
Cultura interattiva, dunque, come partecipazione al dibattito scientifico ma anche, come evidenza la Buffardi, come possibilità di interagire con l’oggetto della scienza attraverso le nuove tecnologie. L’interattività è, per de Kerckhove, “una variazione tecnica del tatto, ossia del rapporto tra il corpo e il mondo”. Idea che consente a Lello Savonardo di richiamare l’attenzione su come “il percorso conoscitivo avviato nei science centre investa i processi psico-sensoriali, per cui il visitatore non può rimanere indifferente, è costretto ad interagire, a porsi delle domande”.
L’interazione diviene, così, esperienza fisica e tangibile di apprendimento e condivisione della scienza perchè, prosegue Savonardo, “l’approccio istintivo favorito dai science centre permette di stimolare la curiosità suscitando emozioni che diventano indelebili nel ricordo. Il science centre non offre risposte. Sollecita sempre nuovi interrogativi. Il successo è raggiunto se il visitatore entrato con delle certezze, ne esce avendole perse”.
Manuela Pitterà
(allieva del Master in Comunicazione e Divulgazione Scientifica)