Il 60% del corpo docente è composto da ricercatori

Il 60 per cento del corpo docente è costituito da ricercatori. Lo stato di agitazione della categoria, in relazione ai provvedimenti previsti dal Decreto Gelmini in votazione in Parlamento, è, dunque, un tema molto caldo presso la Facoltà di Scienze Biotecnologiche. Il 20 maggio, così, è stata indetta una riunione straordinaria del Consiglio che ha richiamato numerosi docenti e studenti. Il Preside Gennaro Marino ha invitato i Presidenti di Corso di Laurea ad interrompere le attività didattiche per consentire a tutti di partecipare all’assemblea. Anche gli studenti sono stati invitati perché un’eventuale decisione dei ricercatori di sospendere lezioni ed esercitazioni fino a che il decreto Gelmini non venga modificato metterebbe a rischio il regolare svolgimento dei corsi nel prossimo anno accademico. “Se i ricercatori si astenessero da questi compiti, la Facoltà si troverebbe in seria difficoltà. Altrove riuscirebbero a ovviare grazie ad un numero superiore di associati e ordinari – afferma il prof. Edgardo Filippone – Siamo una Facoltà giovane, il nostro futuro deve essere chiaro. Nelle altre Facoltà un certo numero di docenti va in pensione; in questo modo si libera una certa disponibilità economica. Da noi non ci sono queste risorse, il panorama è ancora più ridotto. Su questo si dovrà esprimere il nuovo candidato a Rettore”.
Il Consiglio ha manifestato solidarietà nei confronti dei ricercatori, sottolineando, però, che tenterà di scongiurare la mancata apertura dell’anno accademico nell’interesse degli studenti. La maggior parte dei docenti condivide il disagio dei ricercatori. Lo dimostra la presenza in aula di numerosi docenti. Tra i tanti, i professori Renata Piccoli, Rosa Carnuccio, Rosanna Capparelli, Mario De Felice, Lorenzo De Napoli, Loredana Mariniello e Stefano Bonatti.
“Chi è ricercatore da tanti anni non potrà essere messo sullo stesso piano dei nuovi ricercatori a contratto. C’è il timore diffuso di come si comporteranno le Commissioni quando dovranno giudicare per l’avanzamento di carriera chi ha un contratto a tempo indeterminato e chi rischia di lasciare il mondo accademico”, sostiene il prof. Filippone. “Se la logica dell’assunzione da parte delle Università è l’aumento di personale, dal momento che il ricercatore più anziano fa già parte dell’istituzione, verrà preferito il più giovane”, fa notare la prof.ssa Rosa Rao.
I ricercatori discutono la sottoscrizione di un documento da portare nel prossimo Consiglio in cui si attesti la volontà di non dare la disponibilità nell’anno accademico 2010-2011 agli incarichi di insegnamento non obbligatori qualora venga approvato il decreto. “Il Preside è solidale, sa che la rinuncia all’incarico didattico metterebbe in ginocchio la nostra Facoltà”, affermano Cinzia Faraco, Margherita De Biasi, Antonino Testa, Giorgia Oliviero, Laura Mayol, Marialuisa Bocchino, Olga Scudiero, Alessandra Romanelli, Gabriella De Vita, Daria Monti, Angela Arciello, Pasquale Chiaiese e Armando Cenevini.
“I ricercatori non sono precari – sottolinea la dott.ssa Faraco – Siamo tutti di ruolo e non siamo una minoranza come ha detto la Gelmini. Ci sobbarchiamo un carico didattico che non è previsto dal contratto”. “A chi ha deciso di fare questo mestiere piace fare didattica, altrimenti, con quello che ci pagano, perché mai dovremmo rimanere all’Università? – sostiene la dott.ssa De Biasi – Abbiamo cominciato a tenere i corsi sperando che ci venisse riconosciuto un ruolo. Cosa che non è avvenuta. Il docente universitario in Italia non è nessuno, non viene rispettato. Ad un ricercatore negli Usa viene messo immediatamente a disposizione un laboratorio. qui è un’impresa fare il proprio lavoro”. Per l’avanzamento di carriera l’operato dei ricercatori viene valutato in base alle pubblicazioni mentre non viene adeguatamente presa in considerazione la didattica: “Vogliamo che ad ogni attività corrisponda un punteggio chiaro”. “Questa protesta non ci cambierà di certo lo stipendio. E’ una questione di dignità. Siamo stufi di essere continuamente umiliati – conclude De Biasi – Persino negli uffici amministrativi del Rettorato vi sono due stanze: una per i ricercatori e l’altra per i docenti. Pretendiamo che ci venga riconosciuto il ruolo di docenti”.
Ma. Pi.
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