Non capita tutti i giorni di ritrovarsi a lezione con uno dei migliori coach di basket in Italia, eppure è quel che è successo agli studenti di Scienze del Farmaco della Sun. A calarsi nei panni di professore per un giorno, Pino Sacripanti, allenatore della JuveCaserta e della Nazionale italiana di basket under 20. L’incontro, svoltosi il 17 novembre nella sede di via Vivaldi, è stato promosso dal Lions Club Real Sito di San Leucio nell’ambito del corso di Organizzazione e gestione delle imprese del prof. Raffaele Marzano ed ha raccolto l’entusiasta adesione del Preside di Facoltà Paolo Pedone. Tema della giornata “Leadership e gioco di squadra”. Ad aprire l’incontro il dott. Suraci, delegato del Lions club, ed il prof. Marzano che ha ringraziato il Preside per la disponibilità concessa, nonostante quest’ultimo abbia candidamente ammesso di essere “un italiano medio appassionato solo di calcio” e di non conoscere quella che a “Caserta è ormai un’istituzione”. L’istituzione in questione è proprio Pino Sacripanti che, in più di un’ora di lezione, ha svelato ad un’incuriosita platea segreti e retroscena della sua carriera. “Non tengo una lezione, ma vengo a raccontare quel che faccio”, ha esordito il coach con una certa modestia, virando poi sull’argomento cardine della giornata: il gioco di squadra. “Quando schiero i giocatori in campo li dispongo uno accanto all’altro. Non premio chi segna punti ma chi passa la palla ai compagni, chi è in grado di difendere, chi gioca per la squadra; ci può essere spazio massimo per due giocatori egoisti, uno tra i piccoli e uno tra i lunghi. Nei contratti cerco di non includere mai premi individuali ma solo di squadra e se c’è qualche procuratore particolarmente esigente, concedo premi individuali ma solo su recuperi e assist”. Concetto cardine nella sua filosofia è poi quello di “fiducia” indissolubilmente legato alla “leadership”: “per ottenere autorevolezza bisogna che i giocatori arrivino a fidarsi di me. In che modo? Lavorando individualmente su delle loro caratteristiche tecniche, decidendo insieme orari di allenamento e sanzioni per comportamenti sbagliati: è importante parlare. Ovvio che in determinati momenti un allenatore debba far sentire la sua presenza: in una situazione cruciale del match, quando un tiro può decidere le sorti della partita, è il coach che deve decidere a chi affidare il delicato ruolo. O quando un giocatore non gioca per la squadra, deve tirarlo fuori, anche cadendo in scelte impopolari. E’ in questi casi che viene fuori la leadership che, tuttavia, non significa comando ma condivisione di obiettivi. Un allenatore raggiunge il suo scopo quando ciascun giocatore si sente protagonista e parte integrante del gruppo. Non condivido l’inflessibilità di molti coach giovanili, perché, insegnando solo disciplina, plasmano giocatori che nel pieno della maturità fisica non sono in grado di agire autonomamente”. Non manca qualche gustoso aneddoto, come quella volta in cui Stefano Borgonovo, ex giocatore del Milan oggi ammalato di Sla, dimostrò di avere una teoria di successo del tutto opposta a quella di Sacripanti: “allenavo il Cantù, che aveva disputato un ottimo campionato. A chi mi chiedeva quale fosse il segreto di questo successo, rispondevo che si trattava del grande affiatamento tra i giocatori in campo e fuori. Borgonovo, che pure veniva da una squadra, il Milan di Arrigo Sacchi, che quell’anno aveva vinto tutto, invece, parlò di un ambiente in cui i rapporti personali erano pressappoco inesistenti. Il segreto del successo? Tutti, quando vincevano, prendevano un miliardo a testa”. Filosofie distanti quindi, che la dicono lunga sulla caratura di Sacripanti. Prima della conclusione c’è anche spazio per una domanda, posta proprio dal prof. Marzano: quali sono le qualità umane che portano un giovane a diventare un grande?. “Al contrario di quel che si dice, se i giovani vengono responsabilizzati possono acquisire tutte le qualità umane di cui hanno bisogno. Io ho scelto come capitano della Nazionale Under 20 Alessandro Gentile il quale, a detta di molti, aveva un carattere insopportabile, ma l’ho responsabilizzato perché ho visto in lui la voglia di arrivare, che è la qualità più importante. Quando si va in trasferta e tutti cercano di collaborare per portare pesi e borsoni senza che gli venga chiesto, beh, allora ti rendi conto di aver adempiuto al tuo compito”. Al termine dell’incontro, il Preside Pedone ha donato al coach il goliardo della Facoltà e una targa per ricordare l’evento, ricevendo in cambio lo stemma del Lions Club. Tra applausi scroscianti e facce divertite, è sembrato ai presenti in sala proprio di aver assistito ad un altro dei match vittoriosi del “coach”.
Anna Verrillo
Anna Verrillo