Il momento del pranzo alla Scuola di Medicina: luoghi, abitudini e divieti

Mangiare alla Scuola di Medicina. Dalle sedi di Farmacia a Biotecnologie per la salute, passando per il Policlinico, la pausa pranzo ha luoghi, rifornitori di fiducia e regole. Al Policlinico allo scoccare dell’ora x, scodelle di pasta e panini avvolti nella carta stagnola trasformano i corridoi e le scale dell’Edificio 20 in una mensa improvvisata. I fortunati occupano le sedie del piano terra. I ritardatari della forchetta, invece, si siedono sulle scale o adottano la formula “mangia e smaltisci”, passeggiando tra un morso e l’altro. Perché questo? Pare per la mancanza di uno spazio dedicato con tavoli e sedie (metterci il microonde è un’esagerazione?). Una mensa c’è ed è proprio alle spalle del 20. Ma, vox populi, anche lì sembra che i visitatori che fanno sfoggio della parmigiana della nonna non siano ben accetti. Lo chiediamo a Nunzia, studentessa del quarto anno di Medicina, che, in piedi, spiega tra uno spicchio di mandarino e l’altro: “la mensa dovrebbe consentire di consumare sia i pasti proposti nel menù sia quelli portati da casa”. Non è così? “No! Appena ti vedono con un contenitore con cose già pronte, ti cacciano, spesso con modi anche bruschi. Fanno storie perfino quando ci sono tavoli liberi”. Perché non andare altrove allora? “Dove? Nelle aule non si può mangiare. Il bar pretende che siano consumati solo cibi comprati. Sotto al gazebo non si potrebbe (c’è un cartello di divieto) e, quando fa freddo, non è praticabile. Dove dobbiamo andare?”. Il percorso prosegue e incontriamo tre fortunati seduti in corridoio, un privilegio della giornata: “oggi siamo solo in tre. A volte siamo di più e nemmeno le sedie nei corridoi sono disponibili, quindi mangiamo in piedi”. Escamotage per entrare in mensa: “se ci sono ragazzi che comprano qualcosa lì, ci ‘mimetizziamo’ per non farci scoprire”. Uno dei tre si sofferma su un’altra opzione, l’aula occupata: “però lì ci sono ragazzi che studiano (o schiacciano un pisolino su un divano posto in fondo alle scale). La convivenza con gente che mangia può distrarre”. Dario, studente del terzo anno, guadagna la strada verso le scale: “oggi per me spesa al supermercato perché si risparmia e si mangia di più”. Sulla location: “uno spazio dedicato al pranzo sarebbe utile, ma capisco le difficoltà di crearne uno all’interno del Policlinico”. 
Nessun problema, invece, in via De Amicis. Al bar della sede di Biotecnologie, alimenti casalinghi e pasti del bar coesistono sugli stessi tavoli. Due studenti: “di norma mangiamo qui pietanze nostre. In caso di necessità, compriamo qualcosa nelle salumerie e ristoranti all’esterno”. Una colonnina segnapercorso divide idealmente lo spazio in due ambienti a scopo d’uso diversi: “qui si mangia, lì si studia”, spiega Alberto, studente di Medicina che è solito spostarsi a Biotecnologie per lo studio. La contaminazione tra le due aree è in uno stadio avanzato e pagine e prosciutto lavorano gomito a gomito. All’ultimo piano, in pochi scelgono di mangiare nell’aula studio. Chiara De Luca, biotecnologa iscritta al terzo anno: “preferisco mangiare fuori per avere un po’ di tranquillità e privacy. Nell’aula si cerca comunque di non mangiare per rispetto di chi sta studiando”. E in effetti sui banchi si notano al massimo i residui di merendine e frutti consumati per uno spuntino. Uno studente di Medicina: “c’è il divieto di mangiare in aula (su un avviso cartaceo), ma non è rispettato da tutti. In linea generale, però, si preferisce spostarsi al bar”. 
Nell’edificio di via Montesano, per i farmacisti non c’è un luogo specifico dedicato al pasto. Tovaglie e vaschette si incontrano già all’ingresso, sui tavoli prossimi al bar utilizzati quotidianamente pure per lo studio. Qualcuno mangia in cattedra, approfittando delle aule vuote: “servirebbe un’area più grande, soprattutto perché l’aula con le macchinette è piccola per tutti noi e spesso usata solo come zona di passaggio per soste brevi”, afferma Palma, al quarto anno di Farmacia. Rifornitori ufficiali per Mariagrazia, sua collega: “panini al bar o pizza comprata fuori”. 
Ciro Baldini
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