Completato il primo ciclo della riforma, è tempo di bilanci e riflessioni. “Se da un lato gli effetti di questo grosso esperimento sono largamente positivi, dall’altro sarà opportuno apportare delle correzioni”, dice il prof. Alberto Di Donato, Preside della Facoltà di Scienze. I dati dicono che il nuovo modo di fare didattica è migliore perché interviene proprio su due dei problemi più gravi che affliggevano il vecchio sistema: l’elevata frequenza di abbandoni e i tempi lunghi per conseguire la laurea. Dall’anno accademico 2006/2007 il decreto di istituzione delle nuove lauree verrà, anche se non sostanzialmente, modificato. “Penso che abbiamo davanti un’occasione per operare un’importante semplificazione organizzativa dei corsi”, afferma il Preside. Nelle vecchie lauree, gli argomenti di un corso erano codificati sotto una certa etichetta e, più o meno, in tutta Italia si studiavano le stesse cose. Con la riforma, questa organizzazione è stata smantellata e sono stati introdotti i moduli che permettono, nel caso di corsi complessi, di far svolgere le singole parti del programma a docenti che hanno delle competenze specifiche. Si migliora la qualità della didattica ma si genera anche una forte parcellizzazione della conoscenza: i pezzi restano tutti separati tra loro e manca quel momento di riflessione complessiva, fondamentale per l’apprendimento. “Gli studenti sono disorientati, perché non hanno il tempo materiale di abituarsi a un modo di fare didattica che subito devono apprenderne un altro. Penso che si debba andare verso una semplificazione che favorisca la riflessione complessiva” dice il Preside. Questo rappresenta solo un polo del cambiamento. L’altro investe i contenuti che dovranno essere accuratamente modulati in base alla figura che si vuole formare. La laurea in tre anni non deve significare comprimere, in un lasso di tempo più breve, le informazioni che una volta si impartivano in quattro o cinque anni. “Il laureato triennale deve avere, per la filosofia di questa riforma, un livello formativo inferiore, perché tale sarà il suo livello di utilizzo nella società. Non si tratta di una persona che ha impiegato meno tempo a laurearsi, è un’altra figura”. La qualità e la quantità delle cose che si insegnano, quindi deve essere diversa perché, per chi vuole continuare, c’è un altro segmento formativo che è la laurea specialistica, “è l’occasione per fare un naturale passo avanti. Non sapevamo all’inizio quali sarebbero stati i risultati e non si possono attribuire tutte le colpe ai docenti” aggiunge il professore. Il 90% dei laureati in Scienze ha proseguito gli studi ma per avere dei dati certi sulle Specialistiche, bisognerà ancora attendere, “chiaramente, quest’anno abbiamo avuto degli studenti brillanti che sono riusciti a laurearsi in tre anni”, conclude il Preside.
Una grossa parte della riforma universitaria resta, comunque, ancora inattuata, perché il mondo del lavoro non ha ancora deciso a quale impiego destinare queste figure professionali e, nelle professioni tradizionali, ancora non è stata attuata una riforma degli Ordini. Sono stati istituiti degli albi distinti, senior e junior, ma non è ancora chiaro, con precisione, quali siano le reali possibilità lavorative di ciascuno.
Simona Pasquale
Una grossa parte della riforma universitaria resta, comunque, ancora inattuata, perché il mondo del lavoro non ha ancora deciso a quale impiego destinare queste figure professionali e, nelle professioni tradizionali, ancora non è stata attuata una riforma degli Ordini. Sono stati istituiti degli albi distinti, senior e junior, ma non è ancora chiaro, con precisione, quali siano le reali possibilità lavorative di ciascuno.
Simona Pasquale