Chi vuole imparare il Persiano sicuramente non ha molta scelta: questa lingua viene studiata solo in quattro università italiane, tra cui, naturalmente, L’Orientale.
“Il corso si articola su cinque anni – spiega il prof. Michele Bernardini, docente di Persiano – tre anni sono di laurea di base e due di specialistica. Naturalmente c’è chi non completa il ciclo quinquennale e anche chi inizia lo studio di questa lingua solo al primo anno di specialistica”. Al primo anno si formano anche classi di una quarantina di studenti per poi arrivare allo studio più avanzato della disciplina anche ad una sola studentessa, come è avvenuto quest’anno. “Lo studio è molto impegnativo – aggiunge Bernardini – Ogni anno sono previste 100 ore di lezione frontale. Nel primo semestre, generalmente, si esaurisce tutto lo studio sulla grammatica”. Ma, a differenza di quanto si possa pensare, non è la grammatica la maggiore difficoltà che uno studente può incontrare: “la grammatica del persiano non è molto difficile, ad esempio quella del turco o dell’arabo sono più complesse. I ragazzi incontrano problemi, invece, nella sintassi e nella scrittura, ma questo credo sia normale”. Un buon aiuto alla comprensione della lingua arriva sicuramente dalla presenza di un lettore “di ausilio indispensabile – aggiunge Bernardini – Seguire bene il lettore è molto importante”. Alle ore di lezione gli studenti possono aggiungere dei seminari o dei viaggi all’estero per approfondire la loro preparazione: “ogni anno organizzo dei cicli di seminari annuali. Il prossimo sarà dedicato al tema ‘La Patria nelle letterature mondiali’. Si tratta di incontri seminariali, organizzati insieme alla prof.ssa Camilla Miglio, che affronteranno il tema delle identità nazionali”. Oltre ai seminari, ogni anno si promuovono visite alla Biblioteca Nazionale per esaminare testi e manoscritti persiani. “La Biblioteca ha un fondo molto importante – commenta il docente – e non mancano scritti di persiano, come di turco o di arabo. Generalmente organizziamo queste visite insieme ad altri docenti”. Gli studenti che affrontano uno studio impegnativo e particolare come quello del Persiano sono sempre giovani molto appassionati e che si interessano anche di turco, di arabo, o di altre lingue orientali e per molti, sicuramente, un importante obiettivo è quello di viaggiare nelle terre oggetto dei loro studi. “I ragazzi hanno a disposizione anche due o tre borse di studio per l’Iran” sottolinea il professore. Ma quale futuro lavorativo ha uno specialista in persiano? “Ogni laureato può mettere sempre in pratica i suoi studi – risponde Bernardini – Naturalmente la capacità di riuscita è anche in relazione alla dedizione e all’impegno con cui ci si rivolge ai propri studi. Tutti i miei studenti sono molto appassionati alla disciplina e usciranno dall’Università con una forte specializzazione. Purtroppo, non tutti troveranno un lavoro pienamente attinente con quello che hanno studiato. Dopo i cinque anni, lo studente ha la possibilità di concorrere al dottorato di ricerca, anche se per questioni economiche negli ultimi anni sono stati ridotti, fino ad arrivare ad una sola borsa ogni ciclo. Oltre alla carriera universitaria, esistono anche altre strade come quella diplomatica, l’editoria o l’insegnamento che è ancora quella più percorsa”. Per una formazione vincente e soprattutto unica, l’alternativa resta quella della forte specializzazione. Un ultimo consiglio che il prof. Bernardini si sente di offrire ai suoi studenti è di trovare un canale di studio inesplorato “filoni particolari da sviluppare per acquisire un’eccellenza in un determinato settore che permetta al giovane laureato di competere anche a livello internazionale”.
(Va.Or.)
“Il corso si articola su cinque anni – spiega il prof. Michele Bernardini, docente di Persiano – tre anni sono di laurea di base e due di specialistica. Naturalmente c’è chi non completa il ciclo quinquennale e anche chi inizia lo studio di questa lingua solo al primo anno di specialistica”. Al primo anno si formano anche classi di una quarantina di studenti per poi arrivare allo studio più avanzato della disciplina anche ad una sola studentessa, come è avvenuto quest’anno. “Lo studio è molto impegnativo – aggiunge Bernardini – Ogni anno sono previste 100 ore di lezione frontale. Nel primo semestre, generalmente, si esaurisce tutto lo studio sulla grammatica”. Ma, a differenza di quanto si possa pensare, non è la grammatica la maggiore difficoltà che uno studente può incontrare: “la grammatica del persiano non è molto difficile, ad esempio quella del turco o dell’arabo sono più complesse. I ragazzi incontrano problemi, invece, nella sintassi e nella scrittura, ma questo credo sia normale”. Un buon aiuto alla comprensione della lingua arriva sicuramente dalla presenza di un lettore “di ausilio indispensabile – aggiunge Bernardini – Seguire bene il lettore è molto importante”. Alle ore di lezione gli studenti possono aggiungere dei seminari o dei viaggi all’estero per approfondire la loro preparazione: “ogni anno organizzo dei cicli di seminari annuali. Il prossimo sarà dedicato al tema ‘La Patria nelle letterature mondiali’. Si tratta di incontri seminariali, organizzati insieme alla prof.ssa Camilla Miglio, che affronteranno il tema delle identità nazionali”. Oltre ai seminari, ogni anno si promuovono visite alla Biblioteca Nazionale per esaminare testi e manoscritti persiani. “La Biblioteca ha un fondo molto importante – commenta il docente – e non mancano scritti di persiano, come di turco o di arabo. Generalmente organizziamo queste visite insieme ad altri docenti”. Gli studenti che affrontano uno studio impegnativo e particolare come quello del Persiano sono sempre giovani molto appassionati e che si interessano anche di turco, di arabo, o di altre lingue orientali e per molti, sicuramente, un importante obiettivo è quello di viaggiare nelle terre oggetto dei loro studi. “I ragazzi hanno a disposizione anche due o tre borse di studio per l’Iran” sottolinea il professore. Ma quale futuro lavorativo ha uno specialista in persiano? “Ogni laureato può mettere sempre in pratica i suoi studi – risponde Bernardini – Naturalmente la capacità di riuscita è anche in relazione alla dedizione e all’impegno con cui ci si rivolge ai propri studi. Tutti i miei studenti sono molto appassionati alla disciplina e usciranno dall’Università con una forte specializzazione. Purtroppo, non tutti troveranno un lavoro pienamente attinente con quello che hanno studiato. Dopo i cinque anni, lo studente ha la possibilità di concorrere al dottorato di ricerca, anche se per questioni economiche negli ultimi anni sono stati ridotti, fino ad arrivare ad una sola borsa ogni ciclo. Oltre alla carriera universitaria, esistono anche altre strade come quella diplomatica, l’editoria o l’insegnamento che è ancora quella più percorsa”. Per una formazione vincente e soprattutto unica, l’alternativa resta quella della forte specializzazione. Un ultimo consiglio che il prof. Bernardini si sente di offrire ai suoi studenti è di trovare un canale di studio inesplorato “filoni particolari da sviluppare per acquisire un’eccellenza in un determinato settore che permetta al giovane laureato di competere anche a livello internazionale”.
(Va.Or.)