La sceneggiata, teatro d’appartenenza

Formazione e arte a braccetto per dare nuova linfa ad un genere tutto napoletano, quello della sceneggiata, da un po’ di tempo dimenticato. Parliamo del “Progetto Sceneggiata”, un’idea del prof. Ettore Massarese, docente di Discipline dello spettacolo alla Federico II, che ha visto l’Ateneo campano prendere parte – con i suoi due Corsi di Laurea in Archeologia e storia delle arti e in Cultura e amministrazione dei beni culturali – a una riflessione sui temi e le forme del teatro popolare. Inoltre, ad un’ottantina di studenti che hanno seguito il corso del docente, “Le emozioni prima dello stile: le forme del teatro popolare dagli elisabettiani alla sceneggiata”, è stata data la possibilità di partecipare ad uno stage (e guadagnare quattro crediti per le attività a scelta) presso il teatro laboratorio “O Theatrone – La fabbrica delle arti” durante cui hanno assistito alle prove di “Cinematografo”, spettacolo (scritto e diretto dallo stesso Massarese) andato in scena dal 4 all’8 gennaio al teatro Cilea.    
“Volevamo riproporre la sceneggiata come teatro di ‘appartenenza’, un teatro che innesca processi di identificazione collettiva e che sovraespone i sentimenti degli attori e del pubblico”, dichiara il prof. Massarese nella presentazione del progetto, avvenuta il 19 dicembre nell’aula De Sanctis del corso Umberto e svoltasi alla presenza di Mico Galdieri, direttore dell’Ente Teatro Cronaca – Europa Giovani nonché produttore di Cinematografo, Gigi Savoia, direttore artistico del teatro Cilea, e Tommaso Bianco in rappresentanza di tutta la compagnia di attori dello spettacolo. “Da Totò a Nino e Carlo Taranto, passando per Luisa Conte, sino ai vari Maggio, Trottolino, Ugo D’Alessio ed altri ancora, tutti i grandi attori della tradizione dell’arte comica napoletana – prosegue il docente – si sono formati con la sceneggiata, rappresentando vicende truci e sanguigne proprie della comunità. Il teatro napoletano, dunque, si pone come ponte verso la società e la sceneggiata è un modo per far rivivere le emozioni della vita di tutti i giorni”. 
Non è un caso, allora, che le prove di Cinematografo si siano svolte nel Theatrone, laboratorio ubicato nel quartiere Sanità, cuore della Napoli popolare, “un territorio difficile dove il laboratorio-teatro cerca di portare avanti un discorso di politiche sociali”. Come non è un caso che, affianco ai solidi professionisti che hanno dato vita allo spettacolo (oltre al già citato Bianco, anche Oscar Di Maio, Edy Caggiano, Adriano Di Domenico, Franco Gargia, Massimo Masiello, Giovanna Massarese, Stefano Meglio, Nunzia Schiano), siano andati in scena anche due giovani del Theatrone e due studenti della Federico II, Salvatore Aulicino e Salvatore Iorio, questi ultimi nel ruolo di assistenti alla regia. “È stato interessante osservare attori professionisti mentre provavano, scrutare come prendevano i tempi, come si muovevano sul palcoscenico”, il commento di Vincenzo Tesoro e Carlo Panarella, secondo anno di Cultura e amministrazione dei beni culturali, tra gli studenti che hanno partecipato allo stage presso il Theatrone.
Alla Federico II, dunque, cui è anche spettato l’alto patrocino della manifestazione, va il merito di aver contribuito al recupero di parte della tradizione teatrale partenopea. “Musica e teatro sono destinati a scomparire se non verranno considerati materie d’insegnamento”, il monito di Mico Galdieri, sessant’anni di esperienza nel mondo dell’arte. Alle parole dell’impresario fanno eco quelle del direttore artistico del Cilea, Gigi Savoia: “Si sta perdendo la capacità attoriale del genere comico perché i teatri non annoverano più questo tipo di programmazione. Considerato quanto sia stata maltrattata la canzone napoletana, non vorrei che accadesse la stessa cosa per il teatro: dopo i neomelodici, è la volta dei neocomici, con la speranza però che il ruolo del commediante napoletano non venga per questo degradato”. 
Paola Mantovano
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