Le celebrazioni per i 797 anni dell’Università Federico II: un simbolo di speranza Il Rettore Lorito: “Ora possiamo programmare il futuro”

Nello storico Cortile delle Statue, sotto lo sguardo severo di uomini illustri come Tommaso D’Aquino, Giacomo Leopardi e Giordano Bruno, si è aperta venerdì 4 giugno la due giorni di celebrazione (prima volta nella storia) per i 797 anni dell’Università Federico II, che sembra chiudere uno dei periodi bui della storia recente. Un ritorno in presenza, seppur parziale e con l’obbligo del distanziamento, che assurge a simbolo di speranza per il futuro immediato. E proprio da questo è partito il Rettore Matteo Lorito che, prima di introdurre l’ospite d’eccezione, lo storico Alessandro Barbero, intervistato a distanza dal Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici (Dsu) Andrea Mazzucchi su Dante Alighieri per i 700 anni dalla sua morte, si è rivolto dal palco ai 280 presenti – forze militari e politiche, Rettori Emeriti e degli altri Atenei campani, docenti, studenti meritevoli: “Ora possiamo programmare il futuro”. Un richiamo all’unità e all’azione per alzare definitivamente le barriere difensive contro il Covid, inaugurando una nuova stagione all’insegna dei cambiamenti avvenuti nel mondo. “L’anno scorso – continua Lorito – in occasione delle medesima celebrazione avvenuta subito dopo un lockdown violento, c’era altrettanta voglia di ripartire, ma stavolta è diverso. I vaccini funzionano, e la nostra Università ha dimostrato sempre di sapersi adattare. Ora siamo consapevoli di dover lavorare diversamente e che non siamo scollegati dall’ambiente che ci circonda”. A quanto pare l’eccezionalità di questo compleanno, tuttavia, non va ascritta alla sola presenza ingombrante del virus. Il Rettore infatti ha annunciato due novità importanti: “Corriamo dritti verso gli 800 anni dell’Ateneo, l’occasione per dimostrare ancora una volta quanto la comunità accademica sia perfettamente integrata nell’area metropolitana di Napoli e simbolo vitale dell’intero Sud”. In secondo luogo, “a breve avremo ufficialmente l’atto di Fondazione della Federico II, uno strumento utile a riversare su tutto il territorio la nostra energia propulsiva”.
L’intervista a Barbero
Spazio poi al prof. Mazzucchi, che ha interloquito con l’ospite di giornata, lo storico nonché docente dell’Università del Piemonte Orientale, Alessandro Barbero, chiamato a discutere, seppur virtualmente, di Dante Alighieri alla luce della biografia di successo sul sommo poeta pubblicata lo scorso ottobre. Dopo qualche imbarazzo dovuto a problemi di natura tecnica per un collegamento che stentava a decollare, il Direttore del Dsu ha subito messo sul piatto gli snodi chiave per offrire nuovi possibili spunti sull’illustre fiorentino: la collocazione dell’opera del medievista in un orizzonte critico-storiografico; le interpretazioni alternative fornite dall’autore su alcuni passaggi della vita di Dante e l’approccio alle fonti – chiaramente diverso rispetto a quello degli italianisti. E non è passato molto tempo che Barbero, noto ai più per il suo ruolo di divulgatore, abbia catturato l’uditorio con il suo fare istrionico e la grande abilità nel rendere fruibile ad un vasto pubblico la materia storica – anche attraverso aneddoti dettagliati che dimostrano grande passione e accuratezza nello studio. L’esordio conferma subito questa fama. “Dante era una celebrità al suo tempo, e la sua dipartita fu un evento sensazionale. Ce ne rendiamo conto dall’infinita serie di racconti e leggende che ci sono pervenute. Addirittura i suoi contemporanei facevano a gara per affermare di averci avuto a che fare”. Mazzucchi non ha indugiato, ed è subito passato ad alcuni azzardi che Barbero ha tentato nel suo libro, tutti afferenti alla Commedia. Innanzitutto, se la celebre frase “nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura” sia una denuncia a posteriori – come lascia intendere lo storico – che lo smarrimento di Dante sia riconducibile alla politica e alla corruzione. “La mia non è l’unica interpretazione, il tema è complesso – ammette Barbero – ma ci sono elementi che potrebbero attestare questa ipotesi”. L’altro tema delicato è quello dell’esilio, rispetto al quale però le fonti sono assai più esigue. Qui lo storico prova a rintuzzare emotivamente il pubblico, descrivendo il terribile evento che colse di sorpresa il sommo poeta mentre alloggiava a Roma: “D’improvviso perse tutto. La sua casa, i suoi scritti. Perse la sua intera identità, non a caso si definì un pesce nel mare, perché ormai era un cittadino senza dimora”. Insomma, per Barbero, ci sarebbero le condizioni per ritenere che con la Commedia “Dante volesse fare i conti con il proprio passato, riscrivendolo”. Attraverso gli occhi del sommo poeta, Mazzucchi chiede infine all’ospite di raccontare la figura di Federico II di Svevia, per chiudere il cerchio. “Ai suoi tempi era un personaggio gigantesco, correvano ogni tipo di leggende sul suo conto. Sappiamo di sicuro che Dante ne avesse un’idea complessa. Da un lato accetta di condannarlo tra gli eretici nella Commedia, sostenendo la versione dei Guelfi che lo giudicavano un miscredente. Dall’altro nel ‘De vulgari eloquentia’ lo definisce un eroe assieme a Manfredi”. La degna chiusura, dunque, sta tutta in una domanda: “Perché Dante evita di approfondire la figura di Federico?”, conclude Barbero. La giornata termina poi con “Amore non Amore”, l’evento musicale live con Peppe Servillo & Franco Marcoaldi Trio, che hanno decantato e musicato poesie in dialetto.

Claudio Tranchino

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