I commenti, a margine del Consiglio che ha determinato una svolta epocale nella politica di Economia, rivelano punti di vista, storie e perfino culture diverse. La Facoltà ha deciso di introdurre, dunque, il numero programmato per i Corsi di Laurea di tipo economico e salvare Scienze del Turismo, Corso a rischio di chiusura per la difficoltà di assicurare le coperture degli insegnamenti. Fra i tantissimi studenti che hanno affollato l’aula, molti sono favorevoli. “Il diritto allo studio deve comportare anche il diritto a laurearsi e non ce la si fa quando si deve seguire seduti a terra – dice Bruno Ganzerli, laureando triennale in Economia Aziendale – La Federico II presenta alcune delle percentuali più basse di laureati, mentre le migliori Facoltà di Economia hanno il numero chiuso. La Facoltà dovrebbe anche capire quanto è davvero utile il Corso in Scienze del Turismo, il settore richiede per lo più diplomati”. “Sono favorevole al numero programmato per ragioni organizzative. Il nostro è uno degli Atenei più grandi d’Italia – sottolinea Francesco Manzi, studente di Economia Aziendale – Questo comporta un inevitabile sovraffollamento, con centinaia di studenti in aule troppo piccole e difficoltà ad avere un rapporto diretto con i professori”. Antonio Gentile e Fabio Buonocore, iscritti alla Laurea Triennale in Scienze del Turismo, dicono di essere “stracontenti dell’esito della seduta. Sopprimere il Corso sarebbe stato molto grave, soprattutto in una città a vocazione turistica”.
Di avviso diverso, invece, alcuni docenti. “La decisione è di gravità immane. È la prima volta, nella storia dell’università, che gli studenti, per cavalcare la tigre delle pressioni interne, votano a favore del numero chiuso. In questo modo, solo chi avrà i soldi potrà permettersi un’adeguata preparazione ai test – dice con veemenza il prof. Ugo Marani – Questa decisione è frutto della convergenza di interessi particolari: studenti che vogliono tenere aperti percorsi scorciatoia e docenti ‘bocconiani’ a cui piace fare lezione a pochi selezionati ‘Aristogatti’”. “È una decisione che segna un brutto momento per il diritto allo studio ed è una brutta azione degli studenti a danno dei loro fratelli minori. Inoltre, non credo che comporterà un innalzamento della qualità – sostiene con rammarico la prof.ssa Lilia Costabile che per limitare il numero degli abbandoni suggerisce un maggior investimento didattico sui primi anni – Introducendo, magari, un test di autovalutazione che consenta ai ragazzi di rendersi conto delle difficoltà e dell’impegno richiesto”. “Questa è stata per anni l’unica Facoltà a tenere corsi serali per gli studenti lavoratori. È un’inversione di tendenza drammatica rispetto alle nostre tradizioni”, sottolinea il prof. Alberto Lucarelli. “Non ci si è ben resi conto della decisione assunta. Per non chiudere dei percorsi che si sarebbero tranquillamente potuti conservare, ampliando la possibilità di scelta, e lasciando, comunque, un corpo duro di discipline di base, si è deciso di pagare un prezzo molto alto – sostiene il prof. Giancarlo Guarino – Tradizionalmente, un sistema selettivo favorisce le persone delle classi agiate. Soprattutto riduciamo l’accesso in un momento in cui, da più parti, ci viene detto che abbiamo pochi laureati e non possiamo nemmeno trattenere i giovani”. Michele Coppola, presidente del Consiglio degli studenti, difende la posizione dei rappresentanti: “siamo stati posti di fronte ad un aut-aut: tutelare i corsi e gli studenti o restringere un accesso che resta comunque elevato”.
Di avviso diverso, invece, alcuni docenti. “La decisione è di gravità immane. È la prima volta, nella storia dell’università, che gli studenti, per cavalcare la tigre delle pressioni interne, votano a favore del numero chiuso. In questo modo, solo chi avrà i soldi potrà permettersi un’adeguata preparazione ai test – dice con veemenza il prof. Ugo Marani – Questa decisione è frutto della convergenza di interessi particolari: studenti che vogliono tenere aperti percorsi scorciatoia e docenti ‘bocconiani’ a cui piace fare lezione a pochi selezionati ‘Aristogatti’”. “È una decisione che segna un brutto momento per il diritto allo studio ed è una brutta azione degli studenti a danno dei loro fratelli minori. Inoltre, non credo che comporterà un innalzamento della qualità – sostiene con rammarico la prof.ssa Lilia Costabile che per limitare il numero degli abbandoni suggerisce un maggior investimento didattico sui primi anni – Introducendo, magari, un test di autovalutazione che consenta ai ragazzi di rendersi conto delle difficoltà e dell’impegno richiesto”. “Questa è stata per anni l’unica Facoltà a tenere corsi serali per gli studenti lavoratori. È un’inversione di tendenza drammatica rispetto alle nostre tradizioni”, sottolinea il prof. Alberto Lucarelli. “Non ci si è ben resi conto della decisione assunta. Per non chiudere dei percorsi che si sarebbero tranquillamente potuti conservare, ampliando la possibilità di scelta, e lasciando, comunque, un corpo duro di discipline di base, si è deciso di pagare un prezzo molto alto – sostiene il prof. Giancarlo Guarino – Tradizionalmente, un sistema selettivo favorisce le persone delle classi agiate. Soprattutto riduciamo l’accesso in un momento in cui, da più parti, ci viene detto che abbiamo pochi laureati e non possiamo nemmeno trattenere i giovani”. Michele Coppola, presidente del Consiglio degli studenti, difende la posizione dei rappresentanti: “siamo stati posti di fronte ad un aut-aut: tutelare i corsi e gli studenti o restringere un accesso che resta comunque elevato”.