Menzione d’onore per gli studenti de L’Orientale

“E’ stata un’esperienza bellissima”, è questo il giudizio unanime di un gruppo di studenti dell’Orientale di ritorno dagli Stati Uniti. Sono stati ospitati dal 27 marzo al 5 aprile (insieme ad altre università provenienti da tutto il mondo) presso la sede dell’ONU a New York. Li ha accompagnati la prof.ssa Marie José Nervì, in rappresentanza dell’Ateneo, nonché della SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) della quale è responsabile affari esterni e sviluppo della Sezione Campania.  “Ho visto la locandina affissa all’università e sono andata a seguire l’incontro con i ragazzi che l’anno precedente avevano partecipato. Poi mi sono iscritta – spiega Maia Grazia Coppola, studentessa 21enne di Scienze Politiche – Abbiamo seguito tre mesi di corso prima di partire”. I ragazzi hanno partecipato al progetto NMUN (National Model United Nations) che L’Orientale ha promosso insieme all’associazione Idea Agorà (associazione no-profit nata nel 2008 che si occupa di favorire l’arricchimento degli studenti italiani proiettandoli sul panorama internazionale). È un programma che rientra tra gli “student-run accademic simulation”, ovvero simulazione di processi diplomatici multilaterali per studenti universitari e consiste nell’assegnare ad ogni gruppo di studenti uno o più Paesi o associazioni non governative appartenenti alle Nazioni Unite. Durante i tre mesi di corso gli studenti si informano sul Paese loro assegnato per poi volare a New York. Lì devono rivestire il ruolo di “delegati” e lavorare sulla risoluzione di problemi quali gli effetti della globalizzazione, la violazione dei diritti umani, ecc. 
“I nostri studenti devono necessariamente avere la proiezione internazionalistica – spiega il prof. Giuseppe Cataldi, Pro-Rettore dell’Orientale, nel corso della cerimonia di premiazione con la consegna degli attestati che si è svolta il 14 maggio presso Palazzo del Mediterraneo – Nonostante gli italiani abbiano difficoltà con la lingua, non siamo secondi a nessuno in quanto a preparazione di base. Come docente di Diritto internazionale sono molto fiero dell’esperienza dei miei studenti”. Molto soddisfatto anche il prof. Amedeo Di Maio, Preside della Facoltà di Scienze Politiche: “Difendo pienamente questo tipo di iniziative. Viviamo in un momento in cui molte di queste esperienze sono fallaci. Sono vendita di fumo. Questa, invece, è estremamente coerente con il tipo di studi internazionalistici”. Infatti, attraverso questo progetto i ragazzi visitano l’ONU, assistono ad assemblee, hanno la possibilità di parlare con dirigenti e funzionari. “Hai l’opportunità di conoscere gente e posti di cui nemmeno conosci l’esistenza – dice Matteo De Chiara, 22 anni, studente di Relazioni Internazionali – quando sei là devi rapportarti con persone più preparate di te. Per gli studenti statunitensi, ad esempio, è un esame. Loro sono sempre monitorati. Alle spalle hanno sei mesi di preparazione”. E aggiunge: “voglio intraprendere la carriera diplomatica e attraverso questa esperienza capisci come funziona e ti rendi conto che quello che studi serve ma relativamente”. Fra i partecipanti anche studenti della Facoltà di Lettere. E’ il caso di Annunziata Di Caprio, iscritta al Corso di Laurea in Lingue, Culture e Istituzioni dei Paesi del Mediterraneo. “Mi piacerebbe lavorare nella NATO o comunque in aziende che abbiano rapporti con l’estero”, sottolinea, e anticipa la sua decisione: proseguirà con la Specialistica in Scienze Politiche. I racconti entusiasti degli studenti danno l’idea di quanto questa esperienza li abbia formati. Il contatto con altre realtà, il confronto con altre università (“i venezuelani sono delle vere e proprie macchine da guerra”, dice Matteo), li ha fatti crescere. Hanno potuto toccare con mano qualcosa che prima studiavano solo sui libri. Ma si sono dimostrati pienamente all’altezza della situazione e non sono tornati a mani vuote. Infatti a loro è stato assegnato il prestigioso premio Honorable mention riservato a poche delle 340 università partecipanti. Ma cosa si deve fare per partecipare? “Prima occorreva sostenere un test – spiega Filippo Ciuni di Idea Agorà – poi ci siamo resi conto che non era un buon sistema. Ora facciamo una scrematura in base ai primi candidati. Scegliamo gli studenti a seconda del loro curriculum”. Partecipare a quest’esperienza, oltre al bagaglio culturale, lascia un’ottima traccia sul curriculum (dal momento che in America è un’iniziativa molto famosa) e crediti a livello universitario.
Marilena Passaretti
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