“Culto privato e potere politico nella Sabathra tardoantica: l’area sacro-funeraria di Sidret el-Balik” è il tema oggetto della conferenza tenutasi a Lettere il 4 dicembre organizzata dalla stessa Facoltà in collaborazione con il Dipartimento di Studio delle componenti culturali del territorio. A discutere della tematica, il prof. Antonino Di Vita, ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana presso l’Università di Macerata e direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene. Una conferenza di grande interesse, soprattutto per gli studenti della Specialistica di Scienze dei Beni culturali che hanno avuto modo di apprendere il lavoro svolto da Di Vita, prestigioso ospite della giornata, in tutti i suoi passaggi che vanno dalla scoperta al restauro. “Sidret el-Balik è un sito archeologico che il prof. Di Vita ha scoperto nel 1972 e che ha salvato dalla distruzione –spiega la prof.ssa Serenella Ensoli, docente di Archeologia classica e Archeologia delle province romane alla Sun, nonché direttrice della Missione Archeologica Italiana a Cirene, in Libia (MAIC) – E’ una grande area a cielo aperto con pareti alte più di tre metri che si estendono per 57 metri, totalmente ricoperte da pitture, per una superficie totale di 180 metri quadrati. E’ il più esteso complesso pittorico di IV secolo dopo Cristo trovato finora, non solo in Africa ma nel mondo romanizzato di quell’età. Rialzare le pareti senza perdere le pitture è stato un lavoro spaventoso…”. Sono ormai trent’anni che la prof.ssa Ensoli, quale direttrice del MAIC, lavora in Libia, in specifico a Cirene, città fondata dai Greci, nel VII secolo avanti Cristo. “Mi occupo – dice – dello studio e del restauro di Cirene. Uno degli ultimi progetti che ci tiene impegnati è il restauro e l’anastilosi (una tecnica con la quale si rimettono insieme, elemento per elemento, pezzi originali delle costruzioni distrutte) del teatro-anfiteatro di Cirene, per il quale sono riuscita ad avere finanziamenti americani, con tutta la difficoltà del caso…”. E la Ensoli, periodicamente, coinvolge anche gli studenti più meritevoli portandoli in Libia, a lavorare sul campo. “In questo modo, i ragazzi hanno la possibilità di imparare tanto, a partire dalle tecniche informatiche applicate all’archeologia, insegno loro l’uso dello scanner applicato alla pratica archeologica… insomma vivono una vera esperienza sul campo”.
(Ma.Es.)
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