Necessaria una migliore distribuzione del carico di lavoro nel triennio

Le necessità così come le richieste degli studenti sono quelle di sempre ma spicca anche un nuovo spirito d’iniziativa. “In questo semestre abbiamo sette esami e, in totale, il nostro primo anno ne prevede undici. Come se non bastasse, a complicare la gestione ci si mettono anche materie come Chimica, sdoppiata in due moduli, rispettivamente da sei e tre crediti, tenuti da altrettanti docenti”, sottolinea Francesco, studente al primo anno di Ingegneria Civile. “Il primo semestre è stato duro, c’erano molti corsi da seguire ed orari decisamente sballati”, dice Sabrina, collega di Francesco. Meno esami al primo anno ed un carico più gestibile, ecco cosa vorrebbero i ragazzi. “Noi siamo un po’ più fortunati, ma anche nel nostro piano di studio ci sono, al primo anno, ben otto esami”, interviene Anna, primo anno d’Ingegneria Gestionale per la Logistica e la Produzione, che ha seguito con gli iscritti al Corso di Laurea Civile le lezioni di Algebra Lineare e Geometria. “Sei crediti che valgono molto di più di quelli nominalmente previsti”, aggiunge la studentessa che non ha ancora alcun esame a libretto, perché bloccata da Analisi I (“all’inizio dell’anno non mi sono saputa gestire ed ho perso un po’ di tempo, poi ho avuto problemi a capire la materia e la docente in aula”). 
Crediti e 
impegno: non 
c’è proporzione
Un problema analogo lo segnala Sabrina: “in generale, quando modificheranno l’organizzazione dei Corsi di Laurea ed i programmi, anche se per noi sarà ormai tardi, sarebbe preferibile distribuire meglio il carico di lavoro per l’intero triennio ed assegnare alle materie un valore, in termini di crediti, corrispondente a quello reale. Da noi, Disegno vale tre crediti ma l’impegno che richiede l’esame è confrontabile con quello per Analisi Matematica”.
Sebbene la sessione d’esami sia alle porte, in cima ai pensieri degli studenti c’è l’ordinaria amministrazione. “Non conta quanto un esame sia difficile, è importante l’approccio con il quale lo si affronta. Le condizioni al contorno, però, possono influenzare il risultato. Per fare un esempio: la vicinanza fra le date che ci obbliga a scegliere fra gli esami. Al primo semestre, avevamo a due giorni di distanza l’uno dall’altro lo scritto di Analisi Matematica e la seconda prova intercorso d’Informatica”, racconta Alessandro, primo anno di Ingegneria Navale. Lo studente vorrebbe più prove intercorso e laboratori: “in altri Corsi di Laurea, come Ingegneria Edile, sono previste delle prove di verifica in itinere per ben tre discipline. Per studiare una materia occorre almeno un mese, ma quando si hanno già delle prove svolte, a giugno si può evitare di studiare tutto insieme”. Poi aggiunge: “so che l’università italiana fornisce una preparazione invidiabile ma la nostra formazione è tutta teorica e in Italia con il titolo triennale non si trova lavoro, a meno di andare all’estero. Mi piacerebbe fare un po’ più di pratica e trovare qualche riferimento alle imbarcazioni ed al mare già al primo anno. Per ora, invece, noi di navi non sappiamo niente”. “Non sono altrettanto d’accordo – interviene il collega e compagno di studi Massimo – Perché, un domani, di fronte ad un problema, come farai a risolverlo senza le giuste conoscenze teoriche?”. Un problema annoso, sul quale l’accademia italiana si interroga da decenni, senza trovare soluzioni. Un’idea arriva da alcuni ragazzi in gamba, iscritti al terzo anno di Ingegneria Edile e Gestionale che lanciano una proposta concreta per intervenire, a costo zero, sulle strutture.
Tetti di plastica, si
 muore di caldo
“Ammetto che negli anni molti servizi, a cominciare dalla diffusione delle informazioni alla reperibilità del materiale in rete, sono migliorati. Perfino adesso che l’università sta cambiando e non c’è più la Facoltà, non abbiamo particolari problemi e non ci sono mancati, fino ad ora, dei riferimenti chiari tutte le volte di cui ne abbiamo avuto bisogno”, premette Francesco, studente d’Ingegneria Edile. Però diventa categorico quando si riferisce a strutture e servizi: “sono da sempre un disastro”. “È comico pensare che in una Scuola d’Ingegneria siamo costretti a vivere in condizioni strutturali terribili, senza condizionamento d’aria, con impianti vecchi, servizi cadenti ed aule appena rifatte con dei tetti di plastica in cui, a seconda della stagione o del tempo, si muore di caldo o di freddo. I docenti sono pienamente d’accordo con noi”, aggiungono Paolo e Valentina, studenti, rispettivamente, di Ingegneria Edile e Gestionale. “Dovremmo prendere esempio dalla sede d’Ingegneria di Fisciano, nata dopo di noi ma organizzata molto meglio. Spazi puliti, biblioteche aperte, mensa interna – che non costringe ad andare fuori a spendere soldi da soggetti terzi che lucrano sulle schede – e soprattutto spazi”, incalza Debora, terzo anno di Ingegneria Gestionale per la Logistica e la Produzione. Come cambiare la situazione? I ragazzi non hanno dubbi: “Noi siamo ingegneri. Il nostro lavoro è quello di trovare soluzioni nuove per risolvere i problemi. Allora perché non pensare ad un concorso rivolto agli studenti per migliorare le nostre condizioni di vita, senza spendere un centesimo? In base al ramo, il progetto può diventare una tesina sugli impianti, le strutture, la logistica, da rendere operativo dall’interno, da noi. In questo modo si potrebbe anche dare una risposta a chi vuole una formazione maggiormente applicativa. I partecipanti potrebbero inserire un’esperienza lavorativa nel curriculum e il vincitore tornando qui, un giorno, avrebbe la soddisfazione di guardarsi intorno e dire: ‘questo l’ho fatto io’”.
Simona Pasquale 
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