È un problema sempre più grave e che desta preoccupazione lo sviluppo di ceppi di batteri resistenti nei confronti di quei farmaci – gli antibiotici – che dovrebbero debellarli. Ci si ritrova, infatti, a combattere infezioni e patologie con armi spuntate. Il fenomeno, del quale si parla ormai da anni, è il risultato di un uso smodato e scorretto dei medesimi antibiotici. Se ne impiegano troppi, anche per patologie per le quali non sono indicati, per esempio di natura virale come l’influenza, ed il risultato è che i microrganismi imparano a riconoscere le molecole utilizzate contro di essi ed evolvono in forme tali da non temerle più. In questo scenario un filone di ricerca molto importante è quello che punta ad identificare molecole le quali, pur agendo come i classici antibiotici e quindi contrastando lo sviluppo di batteri, non determinino lo svilupparsi di ceppi di microrganismi ad esse resistenti. Un risultato molto significativo è quello che ha ottenuto il gruppo di ricerca coordinato dal professore Alberto Di Donato, sessantanovenne biochimico che insegna alla Federico II, in collaborazione con Eugenio Notomista ed Eliodoro Pizzo, entrambi dell’Ateneo federiciano. Lo studio è andato avanti anche grazie all’apporto del Massachussets Institute of Technology di Boston, in particolare del professore Cesare de la Fuente. Ha coinvolto per alcuni specifici aspetti pure l’Ateneo Vanvitelli. La ricerca è durata alcuni anni ed è stata sostenuta da un finanziamento della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica.
“Esistono alcune molecole – spiega il professore Di Donato – che hanno un meccanismo di funzionamento diverso da quello degli antibiotici classici, pur determinando il medesimo effetto. Sono importanti perché i batteri non possono abituarsi ad esse e, quindi, diventare resistenti all’effetto dei farmaci che le contengono. Si chiamano peptidi cationici e si sapeva già che esistono in natura. La nostra ricerca, però, ha appurato che si trovano anche come parte di proteine, per esempio la lattoglobulina del latte. Se si rompe la struttura di questa e di altre proteine, si sviluppano i peptidi i quali, come abbiamo visto, sono formidabili alleati per combattere i batteri senza che ci sia il rischio che si sviluppino ceppi resistenti”.
La scoperta della possibilità di ricavare molecole per una nuova classe di antibiotici che siano immuni dal fenomeno della resistenza batterica attraverso la rottura di determinate proteine – peptidi criptici li definiscono i ricercatori – è avvenuta anche grazie ad un software di analisi delle strutture delle proteine.
“Mi fa piacere sottolineare – prosegue il prof. Di Donato – che una parte degli esperimenti è avvenuta nei laboratori della Federico II a Monte Sant’Angelo e tengo anche a dire che questa ricerca testimonia quanto oggi i risultati non possano che arrivare da un lavoro di squadra. Bisogna mettere a regime competenze molteplici ed è difficile che stiano tutte in un unico posto. La ricerca scientifica non può che essere il frutto della collaborazione”.
Sono in corso contatti con alcune aziende farmaceutiche per verificare la possibilità che da questa scoperta si arrivi poi effettivamente alla commercializzazione di una nuova classe di antibiotici. Nel frattempo è utile ribadire che questo tipo di medicinali va usato solo se davvero utile, per patologie mirate e per i tempi indicati dal medico. Interrompere la terapia di colpo, infatti, è un comportamento che contribuisce a fortificare i batteri nei confronti dei medicinali che dovrebbero debellarli.
Fabrizio Geremicca
“Esistono alcune molecole – spiega il professore Di Donato – che hanno un meccanismo di funzionamento diverso da quello degli antibiotici classici, pur determinando il medesimo effetto. Sono importanti perché i batteri non possono abituarsi ad esse e, quindi, diventare resistenti all’effetto dei farmaci che le contengono. Si chiamano peptidi cationici e si sapeva già che esistono in natura. La nostra ricerca, però, ha appurato che si trovano anche come parte di proteine, per esempio la lattoglobulina del latte. Se si rompe la struttura di questa e di altre proteine, si sviluppano i peptidi i quali, come abbiamo visto, sono formidabili alleati per combattere i batteri senza che ci sia il rischio che si sviluppino ceppi resistenti”.
La scoperta della possibilità di ricavare molecole per una nuova classe di antibiotici che siano immuni dal fenomeno della resistenza batterica attraverso la rottura di determinate proteine – peptidi criptici li definiscono i ricercatori – è avvenuta anche grazie ad un software di analisi delle strutture delle proteine.
“Mi fa piacere sottolineare – prosegue il prof. Di Donato – che una parte degli esperimenti è avvenuta nei laboratori della Federico II a Monte Sant’Angelo e tengo anche a dire che questa ricerca testimonia quanto oggi i risultati non possano che arrivare da un lavoro di squadra. Bisogna mettere a regime competenze molteplici ed è difficile che stiano tutte in un unico posto. La ricerca scientifica non può che essere il frutto della collaborazione”.
Sono in corso contatti con alcune aziende farmaceutiche per verificare la possibilità che da questa scoperta si arrivi poi effettivamente alla commercializzazione di una nuova classe di antibiotici. Nel frattempo è utile ribadire che questo tipo di medicinali va usato solo se davvero utile, per patologie mirate e per i tempi indicati dal medico. Interrompere la terapia di colpo, infatti, è un comportamento che contribuisce a fortificare i batteri nei confronti dei medicinali che dovrebbero debellarli.
Fabrizio Geremicca