Preoccupazione per lo sciopero docenti nella sessione estiva

Il Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria ha proclamato, il 16 febbraio, un nuovo sciopero che prevede l’astensione dagli esami nella sessione estiva, nel periodo che va dal 1° giugno al 31 luglio. A L’Orientale una quarantina i docenti che hanno firmato il documento. Secondo le modalità annunciate, lo sciopero implicherebbe il mancato svolgimento solo del primo appello d’esame. Tutti gli esami corrispondenti verrebbero, di conseguenza, spostati all’appello successivo che si terrà regolarmente. Una scelta che rischia di incidere in maniera significativa sulle carriere degli studenti. Nel comunicato dei docenti si specifica, però, che i servizi a disposizione dell’utenza, cioè gli studenti, saranno ridotti ma non annullati del tutto. Tuttavia, “durante gli appelli di giugno e luglio si recuperano crediti necessari sia per ricevere la borsa di studio per l’anno successivo che per beneficiare della riduzione sulle tasse in relazione al proprio reddito. Lo sciopero, per quanto legittimo, rischia di limitare il nostro diritto allo studio, rendendo più complicate la possibilità di accedere alle borse e la modulazione della tassazione studentesca”, spiega Elena Esposito, studentessa di Lingue e Culture Comparate. Consultare presunte liste dei docenti che scioperano è pressoché inutile “perché alcuni potrebbero anche decidere all’ultimo momento di non aderire, magari hanno firmato solo per  sostegno morale alla causa, votata al riconoscimento degli scatti stipendiali; altri potrebbero partecipare allo sciopero in qualsiasi momento, anche il giorno stesso dell’appello, senza alcun preavviso”. Preoccupazione anche per le sessioni di laurea. Una rassicurazione arriva dai rappresentanti degli studenti: “lo sciopero non impedirà a nessuno di laurearsi”. In ogni caso, nelle prossime settimane, le rappresentanze organizzeranno un’assemblea con i docenti per discutere sul tema. “La possibilità di sciopero è un diritto da tutelare, costituzionalmente garantito. Non vogliamo però che le modalità scelte vadano a peggiorare le condizioni degli studenti o a condizionare i nostri piani”, sostengono gli studenti. 
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