C’è chi ha provato a percorrere bendato i corridoi della sede di Architettura di via Forno Vecchio, chi ha tentato di aprire una pesante porta antipanico stando seduto su una carrozzella e chi si è messo i tappi nelle orecchie, per sperimentare cosa sia il mondo senza suoni. Settantasette allievi del corso a crediti liberi “Progettazione Tecnologica e Design for all” proposto dalla prof.ssa Erminia Attaianese si sono messi, sia pure per il breve spazio di qualche lezione, nei panni di un disabile ed hanno provato a capire quali siano le difficoltà che incontrano nella loro quotidianità. Hanno memorizzato l’esperienza e, forti di questo bagaglio, hanno poi effettuato una serie di visite in alcuni dei più noti e conosciuti musei di Napoli e dintorni per provare a capire se davvero sono a misura di disabile. Hanno rilevato una serie di criticità e – qui viene la parte più specificamente legata all’architettura ed al design – hanno immaginato proposte e soluzioni per superare queste criticità. Hanno presentato i frutti del loro lavoro nel seminario conclusivo che si è svolto il 9 febbraio ed al quale sono intervenuti i professori Isabella Tiziana Steffan, del Politecnico di Milano, Piero Salatino, Presidente della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base, Mario Losasso, Direttore del Dipartimento di Architettura, rappresentanti di alcune associazioni di disabili. “Il corso – racconta la prof.ssa Attaianese, che lo ha coordinato – è durato complessivamente 24 ore. Abbiamo iniziato con due o tre lezioni teoriche, dedicate a fornire agli studenti il quadro della progettazione inclusiva. Cosa è, cosa prevede. Includere, si è ribadito, significa progettare per le persone reali le quali, in certi specifici momenti della propria vita, per esempio la vecchiaia, oppure in conseguenza di patologie invalidanti, possono venirsi a trovare in una condizione di disabilità. La seconda parte del corso è stata dedicata alle lezioni esperenziali, quelle durante le quali i ragazzi e le ragazze hanno provato a verificare di persona sensazioni e difficoltà che provano coloro i quali non possono camminare, non vedono, non sentono o hanno altre problematiche. Si sono formati gruppi di tre persone: uno era l’attore, il soggetto che si bendava gli occhi o si legava le mani o si metteva in carrozzella. Gli altri due annotavano i problemi e le difficoltà emerse durante la sperimentazione”. Sottolinea la docente: “Abbiamo verificato che anche qui alla Federico II e ad Architettura permangono difficoltà ed ostacoli. Magari tutto è a norma, sotto il profilo formale, ma queste norme non garantiscono come dovrebbero la vera autonomia dei disabili”. La terza fase del corso si è svolta in esterno. “Abbiamo scelto – prosegue la docente – di andare a vedere se davvero i musei sono a misura di disabile come sostengono. Abbiamo optato per i musei semplicemente perché sono luoghi di facile accesso, non occorrono permessi od autorizzazioni per entrare. Avremmo, naturalmente, potuto effettuare le medesime verifiche nei palazzi istituzionali, nell’Ateneo o in altri luoghi pubblici”. Capodimonte, Duca di Martina nella Villa Floridiana, Archeologico, Madre, Pan, Pietrarsa, Palazzo Zevallos, il museo archeologico di Eboli, un’area degli scavi di Ercolano: sono le realtà scelte per il lavoro di campo degli allievi. Alla fine gli studenti hanno elaborato una serie di schede nelle quali, per ciascuna delle strutture esaminate, hanno individuato le problematiche irrisolte ed hanno prospettato ipotesi progettuali tali da eliminare quelle problematiche. Ecco, per esempio, quello che hanno scritto sul Museo ferroviario di Pietrarsa, sito di straordinario fascino che, pochi mesi fa, è stato visitato anche dal Presidente della repubblica Sergio Mattarella: “Effettivamente è privo di ostacoli rispetto alle sedie a rotelle, ma manca un ingresso riconoscibile dall’esterno. Non c’è, inoltre, un percorso chiaro per spostarsi all’interno della mostra con facilità e si riscontra poca chiarezza nei pannelli illustrativi delle carrozze ferroviarie. Non c’è, ancora, un luogo dove i bambini possano giocare ed apprendere tramite il gioco”. Hanno, dunque, proposto e progettato la realizzazione di due percorsi: uno destinato a chi ha una disabilità sensoriale di tipo visivo ed uno che guidi il visitatore dall’esterno all’interno della mostra. Sottolinea la docente: “Emerge da questa panoramica che nonostante leggi e norme tecniche siano strumenti ormai maturi per tutelare l’accessibilità dei luoghi pubblici, sul piano concreto molto lavoro c’è ancora da fare per garantire che questi luoghi siano raggiunti e fruiti autonomamente da tutti. Molti ostacoli infatti ancora permangono, non solo di tipo percettivo e cognitivo, ma anche (e ancora) di tipo fisico”.
Stefania Antonelli, 26 anni, che ha partecipato al corso, racconta la sua esperienza: “Il mio gruppo ha esaminato la realtà del Museo Archeologico nazionale. Ebbene, è emerso con chiarezza che, nonostante siano stati realizzati indubbiamente sforzi per eliminare gli ostacoli che si frappongono alla fruizione del museo in autonomia da parte di chi abbia una qualche disabilità, si può certamente fare di più”. Simone Zippo, un altro partecipante al corso a crediti liberi, sottolinea: “Abbiamo verificato durante le lezioni esperenziali che anche l’Ateneo nel quale studiamo deve fare progressi per accogliere davvero i disabili. Un esempio? I corridoi molto ampi disorientano chi non vede, bisognerebbe collocare punti di riferimento o corrimani che facciano da guida. Un altro problema è quello delle porte antipanico. Sono pesanti da spingere per uno che stia in carrozzella e mettono in condizione un non deambulante di dover necessariamente chiedere l’assistenza di un accompagnatore”. Antonio Tecce, laureando in Architettura quinquennale, traccia un bilancio estremamente positivo del corso: “È stata veramente una bella esperienza e ci ha aperto lo sguardo su problematiche che i corsi tradizionali, quelli che seguiamo sulla base del piano di studi, non trattano o, almeno, non trattano a sufficienza”.
Fabrizio Geremicca
Stefania Antonelli, 26 anni, che ha partecipato al corso, racconta la sua esperienza: “Il mio gruppo ha esaminato la realtà del Museo Archeologico nazionale. Ebbene, è emerso con chiarezza che, nonostante siano stati realizzati indubbiamente sforzi per eliminare gli ostacoli che si frappongono alla fruizione del museo in autonomia da parte di chi abbia una qualche disabilità, si può certamente fare di più”. Simone Zippo, un altro partecipante al corso a crediti liberi, sottolinea: “Abbiamo verificato durante le lezioni esperenziali che anche l’Ateneo nel quale studiamo deve fare progressi per accogliere davvero i disabili. Un esempio? I corridoi molto ampi disorientano chi non vede, bisognerebbe collocare punti di riferimento o corrimani che facciano da guida. Un altro problema è quello delle porte antipanico. Sono pesanti da spingere per uno che stia in carrozzella e mettono in condizione un non deambulante di dover necessariamente chiedere l’assistenza di un accompagnatore”. Antonio Tecce, laureando in Architettura quinquennale, traccia un bilancio estremamente positivo del corso: “È stata veramente una bella esperienza e ci ha aperto lo sguardo su problematiche che i corsi tradizionali, quelli che seguiamo sulla base del piano di studi, non trattano o, almeno, non trattano a sufficienza”.
Fabrizio Geremicca







