Studenti sull’orlo di una crisi di nervi A lezione come in un campo profughi

A quattro settimane dall’inizio dei corsi, gli studenti sono sull’orlo di una crisi di nervi. Soprattutto quelli del V anno afferenti alla I cattedra (A-L) di Diritto dell’Unione Europea, prof. Roberto Mastroianni. “Ci siamo recati nell’ex Presidenza – racconta Alberto Baiano – per manifestare il nostro disagio. L’aula De Sanctis è davvero troppo piccola per un corso così seguito, siamo praticamente il doppio degli studenti, rispetto ai posti disponibili. C’è gente dappertutto, non solo per terra, ma anche fuori l’aula, lungo il corridoio”. Questa disciplina ha solo due cattedre, è naturale nascano problemi. “La materia non è delle più semplici – spiega Raffaella Di Costanzo – e tutti cercano di seguire le lezioni. Agli esami il docente è molto esigente e tiene alle spiegazioni che fa in aula. Con questi presupposti come si fa a restare a casa? Quindi si viene all’università, con un groppo in gola, sapendo di dover combattere”. “È impossibile seguire dal corridoio – sbotta Carmela Donatore – Non si capisce nulla. Speriamo che in Dipartimento accolgano la nostra richiesta di cambiare aula. Altrimenti saremo costretti a studiare per conto nostro e non sarebbe giusto”. Purtroppo le aule più grandi sono impegnate dai corsi del primo anno: “Di sicuro la situazione delle matricole non è dissimile alla nostra – dice Federico Iacovelli – Tuttavia Unione europea è paragonabile, per affluenza, ad un corso del primo anno. L’aula De Sanctis è del tutto inappropriata, sono due settimane ormai che torno a casa con il mal di schiena. Siamo del V anno, un po’ vecchiotti, non abbiamo più la resistenza di chi è all’inizio”. E poi incalza Giuseppe Lobianco: “Siamo stanchi di lottare per un posto a sedere, lo facciamo da quando abbiamo messo piede fra queste mura, senza smettere mai. Quello del sovraffollamento è una costante che accompagna il corso di studi. Ci ritroviamo fuori l’aula un’ora prima le lezioni, per non restare in piedi. Ora come il primo anno. Nulla è cambiato”. In attesa di una risposta da parte del Dipartimento, gli studenti si arrangiano come possono. “Ho con me due sedie da picnic – dice Francesca – Sono piccole e pieghevoli e non danno fastidio. Ogni giorno mi reco in aula già munita di posto a sedere. In questo modo non devo darmi a corse selvagge di prima mattina. Questo corso è fondamentale per la mia carriera universitaria”. 
Lezioni eccellenti
 ma poco interattive
Una nota di disagio arriva dai corsi di Diritto Civile, prof. Paolo Pollice. Anche in questo caso, l’Aula Arcoleo di Corso Umberto non regge all’impatto dei frequentanti. “Sapevo sarebbe andata così – dichiara MariaLucia Pezzella – Oggi sono arrivata tardi a causa dei mezzi di trasporto, non ho più chance di trovare una sedia libera. È frustante seguire in piedi, non si riesce a prendere appunti. Insomma, una fatica inutile”. Dello stesso avviso Pietro Martino: “Il prof. Pollice spiega benissimo e viene naturale starlo ad ascoltare. Purtroppo le condizioni in cui siamo costretti ci rendono difficile seguire con concentrazione”. “Poi si domandano perché dopo qualche tempo ai corsi non c’è più nessuno – dice Giancarlo Petrone – Credo che la risposta si possa trovare facilmente, basta osservare un po’ come sono combinati i ragazzi intorno a me. Io sono fortunato, essendo fuori sede ho casa qui vicino, la mattina mi è facile raggiungere l’aula. Molti colleghi, invece, arrivano già stanchi per i trasporti pubblici che non vanno. Se poi sono costretti a seguire in piedi, è naturale che dopo qualche tempo si abbandoni il corso per studiare comodamente a casa propria”. Cosi facendo, però, si perde tanto. Greta Pizzullo sottolinea: “le spiegazioni sono fondamentali per la buona riuscita di un esame. Per ora non sono convinta di continuare il corso. Devo vedere nelle prossime settimane cosa succede, se finalmente cambia qualcosa”. 
Difficoltà anche nell’Aula Fadda, ai corsi di Diritto del Lavoro, prof.ssa Alfonsina De Felice. “Al secondo anno non cambia nulla – fa notare Carmen Mattera – Si è sempre costretti ad arrivare almeno mezz’ora prima in aula. Lo scorso anno, da matricola, speravo che le cose cambiassero col passare del tempo. Mi sbagliavo. Al secondo anno sono le aule a diventare più piccole, mentre il numero di studenti resta pressoché invariato”. “Certo non c’è più quella folla dei primi giorni – aggiunge Lorenza Graziosi – ma non per questo non si deve lottare. Mi dispiace solo che a perderne sia anche la didattica. Le lezioni sono eccellenti ed anche interessanti, ma rischiano di diventare poco interattive se non c’è spazio sufficiente per tutti. Il problema dovrebbe riguardare anche i docenti. I professori dovrebbero far sentire un po’ di più la loro voce in merito”. Alcune ragazze danno uno sguardo veloce alla stanza, poi decidono di andare via. “Oggi non ce la facciamo a seguire in piedi – commenta una di loro – Pensavamo che la situazione fosse migliorata. Purtroppo non è così, cerchiamo di sfruttare queste ore studiando un po’, recandoci in biblioteca. In queste condizioni, rischieremo solo di distrarci”. “Con questa folla perdo di concentrazione – ammette Ludovica Giordano – Sono l’ennesima vittima del sovraffollamento, ho visto già un bel po’ di gente andare via, oggi rinuncio anch’io alle spiegazioni. Purtroppo, dopo un po’ di tempo, svanisce l’entusiasmo delle prime settimane e non si è più disposti a stare seduti per terra. Peccato perché le lezioni cominciavano a piacermi, ma proprio non riesco a passare altre due ore così, sentendomi, perennemente, come in un campo profughi”.
Susy Lubrano
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