Tanta fatica e tanto entusiasmo

“Un po’ come Indiana Jones, alla scoperta di nuovi siti”. È così che si sentono i ragazzi che hanno lavorato sodo ai progetti esposti all’ingresso della Chiesa, cornice dell’evento che sancisce la firma del protocollo d’intesa tra Urban Eco e Curia. Più di cento addetti ai lavori apprezzano i disegni di laureati e laureandi in Architettura della Federico II. “Senza il loro aiuto non ce l’avremmo mai fatta a rilevare tutti questi dati”, commenta Elisabetta Bronzino, membro del Comitato organizzativo e fotografo ufficiale dell’evento. Infatti i ragazzi hanno operato nelle chiese normalmente chiuse al pubblico, con tutte le difficoltà del caso, dovute alle condizioni precarie in cui versano. “La mia è una tesi sperimentale. Ho usato il laser scanner, dato che la chiesa di cui mi sono occupata è ricca di ingombri (SS. Salvatore e Santa Maria Mater Dei)”, afferma la laureata Valentina De Carlo. Il lavoro di reperimento dati è stato piuttosto complesso: “Ci ho impiegato sei mesi, dato che operare in una chiesa chiusa vuol dire aspettare che ti consentano di entrare, però ti dà anche l’opportunità di conoscere numerosi siti nascosti”. Valentina non si è limitata a raccogliere dati, ma ha realizzato una mappatura del territorio da Via dei Tribunali al Porto, ed una scheda del tessuto urbano: “Ho studiato la zona con sopralluoghi e mi sono soffermata anche sull’utilizzo delle chiese chiuse al culto lì comprese”. Così come i laureati, anche gli studenti hanno avuto la loro gatta da pelare per realizzare un buon lavoro, da presentare all’esame di Rilievo con la prof.ssa di Luggo. In particolare Barbara Ansaldi, Giulio Marano e Manuela Antoniello, studenti del quarto anno di Architettura, che hanno ricavato rilievi nella Chiesa di San Nicola, in via San Biagio dei Librai. “Era chiusa da oltre cinquant’anni e versava in condizioni di abbandono, quindi per prima cosa abbiamo dovuto pulirla, perché c’erano strati di polvere che ci impedivano di effettuare la trilaterazione, per ricavarne la pianta”. Barbara spiega cosa vuol dire concretamente effettuare un rilievo: “Va fatto sul colore, quindi riportando la chiesa alla sua cromatura originaria e sui materiali, ad esempio, abbiamo studiato l’altare che era molto elaborato”. Giulio parla di altre difficoltà: “c’era bisogno di una documentazione per avere il permesso di lavorare. Non solo, ci consentivano di entrare nella chiesa soltanto per due ore e mezzo a settimana e il custode restava con noi per controllare che non ci succedesse qualcosa”. Infatti, il pericolo dietro l’angolo: “Innanzitutto usavamo le torce perché la chiesa era buia, l’aria irrespirabile, si staccavano pezzi d’intonaco e le mattonelle cedevano”. Per fortuna gli strumenti a disposizione erano all’altezza della difficile situazione: “Per prendere le misure avevamo il metro laser, che determina con precisione la distanza fino al punto di misurazione. Questa fase di rilievo è necessaria per poi effettuare operazioni di restauro successive, che consentiranno una nuova destinazione d’uso alla struttura”. Pratica e teoria per gli studenti zelanti, che hanno prodotto ed esposto 14 tavole, con fatica, ma anche molto entusiasmo. “Siamo entrati in chiese che nessuno può vedere, abbiamo lavorato molto fisicamente, ma anche a computer, per elaborare dati, e mentalmente, per cercare di non danneggiare ulteriormente la chiesa durante le operazioni di rilievo”. L’esame di Rilievo è stato uno dei più complessi ed emozionanti per i futuri laureandi, alcuni dei quali hanno intenzione di lasciare il Paese. “La mia aspirazione sarebbe occuparmi di progettazione, ma qui a Napoli non è possibile. È un territorio saturo, che non permette espansione, chi resta vuol dire che è interessato più che altro al restauro, perciò ho intenzione di lavorare all’estero”, conclude Giulio.
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