Fatica, impegno e tanti sacrifici per raggiungere obiettivi importanti e traguardi prestigiosi. E passione. Coniugare studio e sport ad alti livelli, richiede dedizione. Ne sanno qualcosa gli studenti universitari che praticano uno sport tra i più duri e faticosi: il triathlon.
“All’inizio ho avuto difficoltà. È uno sport complesso, devi apprendere tre discipline diverse contemporaneamente” racconta Alessandro d’Ambrosio, 22 anni, studente di Medicina alla Federico II, nono nella categoria under 23 alle gare nazionali che si sono disputate il 21 maggio a Pineto, in Abruzzo. Campione italiano di canoa a 16 anni, Alessandro aveva abbandonato le competizioni per dedicarsi allo studio. “Ho iniziato a praticare il triathlon cinque anni fa, volevo solo fare un po’ di attività fisica senza impegno e, invece, mi sono ritrovato al punto di partenza” scherza Alessandro. La vita dello studente triathleta è dura e non conosce pause. La disciplina necessaria per conciliare vita universitaria e due allenamenti al giorno, è rigida. “Ho iniziato a 14 anni, non avevo mai fatto sport a livello agonistico prima e volevo mettermi alla prova ma ero troppo grande per partire da zero. Poi ho scoperto questa disciplina…” dice Dario Nanni, 19 anni, studente al primo anno di Economia Aziendale e campione italiano juniores uscente di Acquathlon e Duathlon, specialità consorelle che prevedono una frazione di corsa in più, al posto, rispettivamente, della bicicletta e del nuoto. “Al liceo era più semplice, riuscivo a fare anche tre allenamenti al giorno. Quest’anno li ho ridotti ed anche la preparazione ne ha risentito”. “Il passaggio dalle giovanili è il più delicato di tutti e molti atleti abbandonano”, afferma Alessandro Fattore, vicepresidente della Federazione Italiana di Triathlon e responsabile della società per la quale gareggiano i ragazzi, la Canottieri Napoli.
Il triathlon è uno sport aerobico, di resistenza che richiede lunghi tempi di apprendimento. La gara, divisa in tre frazioni continue, è, per certi versi, terribile. Si comincia con 1500 metri di nuoto in acque libere, “immaginate 200 persone che partono tutte insieme, è una specie di mattanza” illustra Angelo Fierro, ricercatore alla Facoltà di Scienze. Si prosegue con 40 km in bicicletta, “e non è consentito andare in scia, sei solo con te stesso”, interviene Dario. Si termina con la corsa su strada, “è la frazione più difficile di tutte, 10 chilometri da percorrere sulla stanchezza, si obbligano le gambe a compiere, all’improvviso, un movimento meccanico del tutto diverso”, afferma Alessandro. “Il triathlon appassiona e scoraggia. Cambi vita, devi seguire una certa disciplina, ti alleni anche la domenica mattina” puntualizza Dario. “La cosa bella di questo sport è che ti mette in contatto con tutto il tuo corpo, lo senti. La prima gara che ho sostenuto, seppur con tante difficoltà, mi ha catturato”. E lo studio, si può conciliare con tutto ciò? “Siamo in regola con gli esami, almeno per ora”, rispondono. “Il nostro è uno sport altamente educativo perché insegna l’organizzazione. E’ una continua ricerca della perfezione, per la quale non guasta anche un po’ di autoesaltazione. Non tutti riescono a reggere, ma quelli che ce la fanno, dopo eccellono in tutto”, conclude con trasporto Fattori. Anche le ragazze sono presenti in questo sport, non in numero elevato ma con risultati anche superiori a quelli degli uomini. “L’Italia ha una delle nazionali femminili più forti e una nostra tesserata, la bolzanina Elke Innerebner, ha vinto a Pineto la gara nella categoria open’”, dice soddisfatto Fierro. Uno dei membri della squadra di triathlon della Canottieri, è uno studente di Ingegneria Informatica, si chiama Carmine Rozza e potrebbe essere nel novero degli atleti selezionati per partecipare agli Europei che si disputeranno in luglio ad Atene.
Simona Pasquale
“All’inizio ho avuto difficoltà. È uno sport complesso, devi apprendere tre discipline diverse contemporaneamente” racconta Alessandro d’Ambrosio, 22 anni, studente di Medicina alla Federico II, nono nella categoria under 23 alle gare nazionali che si sono disputate il 21 maggio a Pineto, in Abruzzo. Campione italiano di canoa a 16 anni, Alessandro aveva abbandonato le competizioni per dedicarsi allo studio. “Ho iniziato a praticare il triathlon cinque anni fa, volevo solo fare un po’ di attività fisica senza impegno e, invece, mi sono ritrovato al punto di partenza” scherza Alessandro. La vita dello studente triathleta è dura e non conosce pause. La disciplina necessaria per conciliare vita universitaria e due allenamenti al giorno, è rigida. “Ho iniziato a 14 anni, non avevo mai fatto sport a livello agonistico prima e volevo mettermi alla prova ma ero troppo grande per partire da zero. Poi ho scoperto questa disciplina…” dice Dario Nanni, 19 anni, studente al primo anno di Economia Aziendale e campione italiano juniores uscente di Acquathlon e Duathlon, specialità consorelle che prevedono una frazione di corsa in più, al posto, rispettivamente, della bicicletta e del nuoto. “Al liceo era più semplice, riuscivo a fare anche tre allenamenti al giorno. Quest’anno li ho ridotti ed anche la preparazione ne ha risentito”. “Il passaggio dalle giovanili è il più delicato di tutti e molti atleti abbandonano”, afferma Alessandro Fattore, vicepresidente della Federazione Italiana di Triathlon e responsabile della società per la quale gareggiano i ragazzi, la Canottieri Napoli.
Il triathlon è uno sport aerobico, di resistenza che richiede lunghi tempi di apprendimento. La gara, divisa in tre frazioni continue, è, per certi versi, terribile. Si comincia con 1500 metri di nuoto in acque libere, “immaginate 200 persone che partono tutte insieme, è una specie di mattanza” illustra Angelo Fierro, ricercatore alla Facoltà di Scienze. Si prosegue con 40 km in bicicletta, “e non è consentito andare in scia, sei solo con te stesso”, interviene Dario. Si termina con la corsa su strada, “è la frazione più difficile di tutte, 10 chilometri da percorrere sulla stanchezza, si obbligano le gambe a compiere, all’improvviso, un movimento meccanico del tutto diverso”, afferma Alessandro. “Il triathlon appassiona e scoraggia. Cambi vita, devi seguire una certa disciplina, ti alleni anche la domenica mattina” puntualizza Dario. “La cosa bella di questo sport è che ti mette in contatto con tutto il tuo corpo, lo senti. La prima gara che ho sostenuto, seppur con tante difficoltà, mi ha catturato”. E lo studio, si può conciliare con tutto ciò? “Siamo in regola con gli esami, almeno per ora”, rispondono. “Il nostro è uno sport altamente educativo perché insegna l’organizzazione. E’ una continua ricerca della perfezione, per la quale non guasta anche un po’ di autoesaltazione. Non tutti riescono a reggere, ma quelli che ce la fanno, dopo eccellono in tutto”, conclude con trasporto Fattori. Anche le ragazze sono presenti in questo sport, non in numero elevato ma con risultati anche superiori a quelli degli uomini. “L’Italia ha una delle nazionali femminili più forti e una nostra tesserata, la bolzanina Elke Innerebner, ha vinto a Pineto la gara nella categoria open’”, dice soddisfatto Fierro. Uno dei membri della squadra di triathlon della Canottieri, è uno studente di Ingegneria Informatica, si chiama Carmine Rozza e potrebbe essere nel novero degli atleti selezionati per partecipare agli Europei che si disputeranno in luglio ad Atene.
Simona Pasquale