Un archivio digitale aperto per consultare la produzione scientifica d’ateneo

“Costruire un archivio in rete, nel quale promuovere la produzione scientifica dell’Ateneo, rappresenta un salto in avanti e sono felice perché la nostra università è all’avanguardia” afferma il Rettore Guido Trombetti, aprendo il convegno di presentazione del FedOA, il Federico II Open Archive, che si è tenuto giovedì 10 novembre a Monte Sant’Angelo. Si tratta di un archivio digitale, accessibile in rete, nel quale sarà possibile consultare tutto il materiale inerente la produzione scientifica dell’ateneo, comprese le tesi di dottorato. Negli ultimi anni, l’ateneo fridericiano ha investito molto sulle tecnologie informatiche in rete e il FedOA è l’ultimo di una serie di strumenti per la consultazione e la ricerca di testi e documenti. I due precedenti esempi sono rappresentati dall’ALEPH, il sistema per la gestione delle biblioteche di ateneo, in grado di gestire fino a 100 milioni di registrazioni e SireLab, il portale delle risorse tecnologiche. “In pochi anni è stato fatto un lavoro straordinario e l’unico mio merito è stato quello di crederci e non porre ostacoli” prosegue il Rettore. L’Ateneo ha deciso di investire nello sviluppo delle tecnologie informatiche al punto da essere in gara per l’assegnazione di un progetto di ricerca da 9 milioni di euro per la realizzazione di un supercalcolatore. Al progetto concorrono le Facoltà di Scienze, Ingegneria e pezzi della Facoltà di Medicina. “La crescita culturale è anche uno strumento di democrazia, perché l’università insegna il metodo e, in particolar modo, il metodo democratico”, prosegue Trombetti, accennando al lavoro in corso con il Rettore dell’Orientale Pasquale Ciriello, per creare un sistema universitario: “nessuno può farcela da solo, non è una sfida tra supermercati per acquisire clienti, le università competono facendo sistema” conclude il Rettore. “Il sistema delle biblioteche è uno dei gangli centrali dell’Università” dice nel suo intervento Vincenzo Milanesi, Rettore dell’Università di Padova e Presidente della Commissione Biblioteche della CRUI. La volontà che anima questo tipo di iniziative, è quella di instradare l’Italia verso una politica culturale rivolta all’Opera Access, un movimento per l’accesso aperto all’informazione scientifica, ratificato da una serie di manifesti e dichiarazioni ufficiali. La necessità di promuovere il libero accesso all’informazione scientifica, deriva dalla difficoltà che troppo spesso la comunità scientifica incontra per accedere alla sua stessa produzione culturale. La causa di questo fenomeno è da ricercarsi nei monopoli che gestiscono la comunicazione e l’editoria scientifica. Sulla scia di questo movimento di sensibilizzazione internazionale, il 4 novembre, i rettori delle università italiane, riuniti a Messina, hanno firmato una dichiarazione, nella quale, 70 Atenei su 77, si sono impegnati ad aderire al movimento e a intraprendere la strada del libero accesso all’informazione scientifica. La Federico II è la prima università italiana a realizzare un archivio digitale aperto. “La rivoluzione digitale che abbiamo compiuto in questi tre anni è stata realizzata non solo con risorse umane ed economiche dell’Ateneo. Abbiamo potuto usufruire anche di finanziamenti esterni, su progetti specifici, da parte della Regione e della Compagnia San Paolo” dice il prof.Roberto Pettorino. Nel futuro, l’obiettivo sarà quello di aprire un programma con la Regione per creare un archivio campano di tutte le università. “È uno strumento di grande efficacia, guardato ancor con sospetto perché ancora non si sa cosa possa accadere quando un prodotto intellettuale va in un archivio aperto. L’esperienza che abbiamo con gli archivi istituzionale ci dice che non succede niente, anche perché chi copia non mette in rete il materiale che ha plagiato” dice il prof.Rodolfo Figari.  “Il nostro obiettivo è rendere il patrimonio di conoscenze della ricerca, facilmente interrogabile dalle aziende”, sostiene Giorgio Ventre, presidente del CRIAI, un consorzio che si occupa di trasferimento tecnologico dell’università alle imprese. “L’Italia è molto conservatrice verso le innovazioni e spesso non tutti sanno cosa accade all’interno delle università”, conclude.
Simona Pasquale
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