La Facoltà di Agraria di Portici si prepara a celebrare il centenario della nascita di uno tra i suoi più insigni maestri. Era il 25 maggio del 1905 quando nasceva a Roma Manlio Rossi Doria, studioso di economia e politica agraria, politico dell’agricoltura, illustre meridionalista, uomo di grandi passioni civili. La Facoltà intende ricordare la sua figura con una giornata di studi che si svolgerà il prossimo 27 ottobre nell’aula a lui intitolata e alla quale parteciperanno il ministro per le Politiche Comunitarie Giorgio La Malfa, il senatore Romualdo Coviello, l’assessore all’Agricoltura della Regione Campania Andrea Cozzolino, il presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo. Oltre a studiosi italiani e stranieri: docenti della Federico II, della Sapienza di Roma, dell’Università della California, dell’Istituto di Agronomia di Parigi. Celebrare questo centenario non significa soltanto rievocare la figura di un grande scienziato, poiché la vocazione di Manlio Rossi Doria allo studio della politica e dell’economia dell’agricoltura si è espressa attraverso scelte di vita che lo hanno portato a dare il suo contributo di uomo di cultura e di conoscenza anche fuori dalle aule dell’università. Rossi Doria ha sì insegnato presso la Facoltà di Portici, dove nel 1959 fondò il Centro di specializzazione che ha portato il suo nome fino a non molto tempo fa, ma è stato anche un uomo politico attivo, senatore del Partito Socialista per due legislature e principale animatore della riforma agraria in Calabria. Una vita spesa per il Sud, come ci dicono le sue opere: “Riforma agraria e azione meridionalista” del 1948, “Dieci anni di politica agraria nel Mezzogiorno” del 1958, “Scritti sul Mezzogiorno” del 1982, per citarne solo qualcuna. “Il suo era un impegno intellettuale a 360 gradi” ricorda il prof. Pasquale Lombardi, presidente del Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie agrarie e direttore del Dipartimento di Economia e Politica agraria. Il prof. Lombardi è stato l’ultimo tesista di Rossi Doria, ma i ricordi che ha di lui sono legati per lo più al periodo in cui è stato borsista. “Nell’ultimo periodo gli impegni politici e intellettuali lo portavano a stare sempre più spesso a Roma – dice- noi lo aspettavamo con pazienza”. Gli aneddoti che il prof. Lombardi racconta parlano di un infaticabile lavoratore, ma soprattutto di un uomo vigoroso e ottimista. Un nonno che a ottant’anni aveva una capacità di know how sorprendente: “gli regalammo un computer di recente generazione, che poteva essere più semplice da usare per un neofita. Lui ci si esercitò subito, scrivendo una favoletta, la storia delle palline di otto colori, della quale regalò una copia a ciascuno di noi dell’istituto. La storia era preceduta da un’avvertenza, in cui il professore si scusava per gli errori di battitura e per tutti i difetti che al lavoro potevano derivare dalla scarsa dimestichezza con lo strumento che gli avevamo regalato…”. Dal punto di vista scientifico Manlio Rossi Doria “era infinito, un luminare, non stava un giorno senza scrivere un articolo. Misiani e Montecatelli hanno lavorato anni per curare la sua bibliografia, un’opera estremamente impegnativa”. Uno dei ricordi più toccanti è legato al terremoto in Irpinia del 1980, quando Rossi Doria, settantacinquenne, si precipitò da Roma a Portici per “precettare” docenti, borsisti e ricercatori del dipartimento di Economia e Politica agraria e del Centro di specializzazione, chiamati a riflettere tutti insieme sul da farsi e ad agire di conseguenza. Racconta il prof. Lombardi: “ci chiamò tutti a raccolta, poi ci fece organizzare per squadre. A ciascuna squadra era stata assegnata una zona presso la quale fare sopralluoghi, girammo tutta l’area colpita dal terremoto. A fine giornata dovevamo presentare una relazione: su queste basi il professore scrisse delle memorie che in brevissimo tempo divennero un libro pubblicato da Einaudi, “Situazione, problemi e prospettive delle zone più colpite dal terremoto”. Il maestro volle guardare al di là della tragedia: “ebbe un intuito formidabile, associò il terremoto all’idea della ricostruzione e del rientro degli emigrati. Lui del resto era un positivo, un ottimista. Negli anni della Resistenza aveva conosciuto il carcere e il confino…”. Dopo il terremoto però le cose sono andate diversamente da come Rossi Doria aveva ritenuto possibile: l’intellettuale era rimasto inascoltato. “Se, su varie tematiche, recuperassimo solo il venti per cento del suo pensiero faremmo grossi passi in avanti”.
(Sa. Pe.)
(Sa. Pe.)