Una sede mordi e fuggi

A Scienze del Servizio Sociale, serpeggia, tra gli studenti, un misto tra rabbia e impazienza. La struttura, i servizi, l’organizzazione didattica, tutto campato in aria, a detta dei ragazzi che sembrano davvero indignati. A causa degli esami imminenti, la sede di via Don Bosco, in questo periodo, non è molto affollata. In ogni caso, si riesce bene a comprendere le condizioni in cui i ragazzi vivono la loro realtà accademica. A parte un piccolo bar al piano terra, non esistono punti di ristoro, ci sono due aule-studio che possono al massimo accogliere quindici persone ciascuna, c’è un’aula di informatica ma è chiusa, la biblioteca è piccolissima e spesso chiusa. A ciò si aggiunge la collocazione fuori zona della sede lontana dal centro cittadino e dalla segreteria di via Porta di Massa e priva di un parcheggio per studenti. “Io non riesco a definire questa struttura, un’università in quanto non ha nulla di universitario – dice Laura Marchese, studentessa iscritta al secondo anno – E’ posta fuori dal centro cittadino e ad una certa ora del pomeriggio, quando finiscono i corsi, diventa problematico andar via perché gli autobus diretti in provincia non passano di frequente. E via Don Bosco non si può definire una zona tranquilla”. D’accordo con lei è Fortuna, iscritta al secondo anno che spiega: “per ovviare alla situazione, ho provato a venire in facoltà con l’auto ma, pur essendoci un ampio parcheggio all’interno della struttura universitaria, mi è stato detto che è riservato solo a docenti e disabili. Non mi resta che lasciare l’auto in strada, in una zona che non è delle più sicure”.
Gli studenti hanno da dire anche sugli spazi che sono limitati. “Questa sede è fatta per seguire i corsi e andare via –spiega Laura Marchese- La biblioteca è piccolissima e molto sfornita. Le aule-studio sono invivibili. Un’aula è composta da tre larghi banchi e una decina di sedie. Se ci si sbriga, si può anche trovare posto, ma a che serve accaparrarsi un posto se poi non si riesce a studiare per la confusione? Nella stessa aula-studio, ci sono i fogli di prenotazione degli esami. I ragazzi entrano, prenotano, fanno commenti, domande. Non ci si può prenotare per via telematica o per telefono”. E in effetti accade proprio così. Mentre siamo nella piccola aula-studio, c’è un via vai di ragazzi che prenotano le loro prove d’esame nell’indecisione più totale delle date. Addirittura c’è chi piange per l’anticipazione della data dell’esame di Metodologia e tecniche della ricerca sociale. E’ la scintilla che fa scoppiare altre polemiche. “E’ già complicato sostenere i 42 esami di cui è composto il nostro corso di laurea – spiega Giusy Caccavale, iscritta al primo anno – Per darci una mano, si potrebbero organizzare le sessioni d’esame in modo migliore. Perché non inserire marzo e ottobre per dare a tutti noi la possibilità di poter sostenere più esami in poco tempo? Ho terminato a febbraio scorso di studiare l’esame di Etica, ma non ho potuto sostenerlo perché non esistono sessioni nè a marzo nè ad aprile. Nella sessione estiva tenterò di sostenere quattro esami, ma vi confesso che lo studio, fatto in modo così frenetico, non mi permette di avere spazi per me stessa”. “Abbiamo lottato per avere una sessione ad ottobre – interviene Maria Carmela, al primo anno fuori corso – ma non ci è stata concessa. Piuttosto hanno creduto di agevolarci inserendo due appelli a settembre che si distanziano di una decina di giorni”. Altra grossa pecca –dicono- è la segreteria: quella presente alla sede di via Don Bosco non assolve tutte le mansioni e gli studenti sono costretti a chiedere spiegazioni recandosi alla centrale. Il risultato è che, per risolvere semplici questioni si viene sballottati da un ufficio all’altro.
Altre contestazioni. Laura, iscritta al secondo anno, ci racconta: “l’altro giorno, l’ascensore era guasta e ci è voluto un po’ perché venissero a ripararla. Io stessa e altri ragazzi abbiamo trasportato una ragazza disabile al secondo piano. Non ho parole….”. Lamentele anche per le aule dove si seguono le lezioni. “Ora ci sono otto aule in più – dice Irene, iscritta al secondo anno – ricordo che, fino all’anno scorso ho seguito corsi, per esempio Storia, insieme ad altre quattrocento persone. Eravamo stipati in un’aula senza aria condizionata, un’indecenza”. Ma sembra che il problema dell’aria condizionata sussista ancora. Carmela, studentessa al terzo anno, mentre studia per le scale insieme ad altre colleghe, ci spiega che è davvero difficile adattarsi a certe situazioni. “Tutto l’inverno – dice – sono stata in facoltà per seguire i corsi. L’impianto di riscaldamento non funzionava, sono davvero irritata. Costretta a studiare per le scale con altre mie colleghe perché non ci sono posti altrove, costretta a mangiare per le scale una merenda che mi porto da casa perché, a parte il piccolo bar a piano terra, non esiste un punto di ristoro”. “Abbiamo provato anche a mangiare nell’ampio cortile– interviene Paola, al terzo anno – ma ci siamo rese conto che, essendoci nei dintorni tanto verde non curato, si diventa preda di sciami di moscerini”. La situazione, insomma, è critica. Tanto che gli studenti non si azzardano nemmeno a chiedere un’aula informatica, necessaria sì ma, a quanto dicono, “bisogna prima risolvere problemi più grossi”. 
Maddalena Esposito
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