Dieci mesi “vissuti pericolosamente” da Rettore

“Dieci mesi vissuti pericolosamente”. Il prof. Arturo De Vivo sintetizza così la sua esperienza da Rettore dell’Università Federico II che si è da poco conclusa. Era iniziata il 9 gennaio, quando in qualità di Prorettore subentrò a Gaetano Manfredi appena nominato Ministro, ed è terminata il 31 ottobre, quando è andato in pensione ed ha passato il testimone al prof. Matteo Lorito, fresco di elezione. “Ci siamo ritrovati a fare i conti con la pandemia – ricorda – e dal nove marzo siamo andati tutti sull’insegnamento a distanza. Una sfida. Abbiamo dovuto erogare dalla sera alla mattina circa 400 corsi online. Un numero veramente altissimo. Si sono svolti da remoto anche gli esami, le sedute di laurea, le riunioni accademiche. La risposta dell’Ateneo è stata ottima grazie alla collaborazione degli studenti, in genere più preparati e competenti dei docenti nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Siamo riusciti a reggere. Non è stato facile e mi è tornata utile la circostanza che avevo già maturato esperienze in incarichi istituzionali. Non solo quella di Prorettore, cominciata il 3 novembre 2014 e durata cinque anni. Sono stato anche Preside della Facoltà di Lettere della Seconda Università tra il 1995 ed il 1998, ho diretto dal 1998 la Sicsi, la Scuola di specializzazione per i docenti. Sono stato poi Preside a Lettere della Federico II e, sempre nell’Ateneo federiciano, Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici. Non ero proprio un novizio, insomma, quando ho dovuto affrontare la tempesta provocata anche negli Atenei dalla pandemia. Ciononostante ho vissuto giorni di grande preoccupazione. Mi sarebbe piaciuto poter dire, nel momento della consegna dell’Ateneo al mio successore, che la bufera è passata. Purtroppo non è così, ma la Federico II continuerà a fronteggiare le necessità di didattica a distanza come ha fatto finora. Nel migliore dei modi”.
Il rapporto con Manfredi e i Rettori precedenti
De Vivo, che ha insegnato Letteratura latina, ha conosciuto nel corso della sua esperienza universitaria di docente vari Rettori. Ecco qualche ricordo. “Partendo dall’ultimo, ho lavorato davvero in grande sintonia con Gaetano Manfredi. Specialmente nel primo anno, prima che lui andasse alla Crui, ci si vedeva ogni giorno, si stava gomito a gomito. Mi ha dato molto lavorare con lui, che ha impresso un cambio di passo all’Ateneo. Aveva un progetto di larghe vedute, frutto di un ragionamento politico visionario. La conseguenza è stata che nei miei dieci mesi ho sentito con forza il peso di portare a termine nel migliore dei modi possibili il suo rettorato. Confido di esserci riuscito e mi conforta che è proseguito l’incremento in percentuale del numero degli immatricolati. Nel 2019 abbiamo avuto un 5,5% in più. Nel 2020, il dato non è ancora definitivo perché ci si potrà immatricolare senza mora fino al 30 novembre, siamo ad un più otto per cento. Un risultato ottimo, anche in considerazione del contesto economico problematico determinato dalla pandemia. Credo dipenda anche dalla scelta di estendere fino al reddito di 24.000 euro l’area di esenzione totale dalla tassazione e di prevedere forti sgravi anche per la fascia di reddito compresa tra 24.000 e 30.000 euro”. Ritorna ai Rettori. “Quando mi sono laureato c’era Giuseppe Cuomo. Poi ho conosciuto Carlo Ciliberto. Fulvio Tessitore era anche il mio Preside e per questo mi legava a lui un rapporto speciale. Ho molto collaborato, ancora, con Guido Trombetti e con Massimo Marrelli perché in quel periodo avevo incarichi istituzionali in Ateneo. Ciascun Rettore aveva una sua specificità, una sua nota caratteriale, un suo modo di essere. È normale. Mi sono rapportato a tutti con l’obiettivo di collaborare nell’interesse dell’istituzione universitaria e dei ragazzi che la frequentano. Il nostro lavoro ha un senso perché ci sono loro”.
I ricordi da studente
Un salto nel passato. “Mi iscrissi a Lettere – ricorda il prof. De Vivo – perché amavo leggere i testi dell’antichità. Mi appassionavano, mi aiutavano a riflettere, li trovavo attuali. Non mi pesava tradurre dal latino e dal greco, per quanto potesse essere difficile una versione. Scelsi per amore, insomma, più che per una chiara idea di cosa avrei voluto diventare dopo l’università. Mi laureai con una tesi su Ambrogio di Milano con il prof. Armando Salvatore, il primo allievo di Francesco Arnaldi. Capii che quella era la mia strada. Quasi da subito ho iniziato a collaborare alla Federico II come giovane ricercatore. Nel 1980 ho vinto il concorso di Associato e nel 1982 sono andato ad insegnare in Calabria, dove sono rimasto fino al 1988. Sono poi tornato a Napoli come Associato di Storia della lingua latina e di Letteratura latina. Ho vinto il concorso ad Ordinario nel 1992 e mi sono trasferito a Bari. Poi sono passato all’Ateneo Vanvitelli e di nuovo alla casa madre, all’Ateneo Federico II”. Tanti i ricordi universitari, sia da studente sia da docente. “Uno dei più belli – racconta De Vivo – è quello della vittoria del concorso ad Ordinario. Era una prova molto dura e mi sembrò un sogno arrivare alla cattedra che era stata di Arnaldi e Salvatore. Tra i ricordi più dolorosi quello di un episodio che risale alla fine degli anni Sessanta o ai primissimi anni Settanta, la memoria non è chiarissima. Ero studente ed alcuni spazi dell’Ateneo furono assaltati durante scontri di piazza. Ci fu anche un tentativo di incendio. Diciamo, però, che i ricordi brutti tendo a cancellarli. Magari ce ne saranno anche altri, ma in questo momento non mi sovvengono. Tra quelli belli certamente i volti e le parole delle ragazze e dei ragazzi che hanno superato l’esame o si sono laureati con me e che sono venuti poi a trovarmi o che ho incontrato in giro, a volte anche in posti nei quali non avrei immaginato di vederli”. Qualche esempio? “Ho una ex studentessa molto brava che ora è redattrice a Il Sole 24 Ore. Un altro che ha superato con me due esami di latino, quando si portava la parte speciale su Ovidio, e lavora come speaker a Radio Deejay. L’ho incontrato quando ero Prorettore e mi ha riferito un fatto che mi ha restituito interamente il senso del lavoro che ho svolto. Mi ha detto che nella fascia notturna della trasmissione che conduce, tra l’una e le quattro, ha raccontato le storie della Metamorfosi, l’opera più celebre dell’autore latino, e che ha avuto un successo incredibile. È la testimonianza che la larghezza di interessi di uno che abbia portato avanti studi classici con impegno può essere spesa anche in contesti difficili da immaginare. Questo è il motivo per il quale invito sempre le ragazze ed i ragazzi a seguire la propria vocazione quando devono scegliere il Corso di Laurea universitario”.
La Scuola Superiore Meridionale
Quella di De Vivo, si diceva, era lo studio dei classici ed ora che è andato in pensione potrà dedicarsi ad essa con più tempo di quanto abbia fatto negli ultimi mesi convulsi. Non che manchino altri impegni, peraltro, perché l’ex Rettore rappresenta la Federico II nel Comitato scientifico della Scuola meridionale. Quella che qualcuno ha definito la Normale in salsa campana. “È una sfida importante per la città – dice – perché è la prima Scuola superiore al di sotto di Pisa. Deve diventare autonoma, una nuova università con uno Statuto speciale e lavorerò a questa impresa con i miei colleghi. Siamo al secondo anno, sono attivi alcuni corsi e dottorati che hanno attirato studenti dalla Germania, dalla Francia, dall’Inghilterra, tutti paesi con una storia universitaria importante”. La sede provvisoria è a San Marcellino, quella definitiva sarà a Mezzocannone 4. “La Federico II – va avanti De Vivo – è l’incubatore di questa nuova realtà, già accreditata da una prima visita dell’Anvur. Ad essa seguirà una seconda destinata a verificare se si sta sviluppando secondo la programmazione. Affinché decolli, bisognerà poi che a questa Scuola meridionale si accompagni la realizzazione di studentati destinati ad accogliere studenti e docenti provenienti dall’estero o da altre regioni”. Avrà a regime un Rettore ed un corpo docente slegato dalla Federico II. Funziona così: “gli studenti si iscrivono per esempio a Lettere dell’Ateneo federiciano e se hanno una media adeguata – non possono andare sotto il 27 – possono accedere ai corsi paralleli della Scuola in aggiunta a quelli della Federico II. Alla fine si laureeranno da noi, ma avranno un titolo ulteriore da far valere in Italia ed all’estero”.
Fabrizio Geremicca

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