La stagione di rinnovamento al Dipartimento di Ingegneria della Vanvitelli ha prodotto una consistente modifica dell’offerta formativa, ed ecco che tra le novità previste per il prossimo anno accademico spicca l’istituzione di due Corsi di Laurea Triennali: Ingegneria Gestionale e Ingegneria Biomedica.
Presidente del Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale, che va ad integrare il percorso Magistrale, sarà il prof. Antonio Viviani, docente di Aerodinamica e Sistemi di controllo di volo, ma a delinearne il profilo è il tutor, prof. Marcello Fera, docente di Impianti industriali. “L’ingegnere gestionale – spiega il prof. Fera – è la figura più richiesta nell’ambito dell’Ingegneria, e questo perché è direttamente impiegata in tutti i processi di gestione industriale, aziendale, logistica e manifatturiera. Vanta una serie di competenze in grado di rendere la sua qualifica spendibile in contesti molto ampi, a differenza dei settori più specifici dell’Ingegneria”. Spesso si fa confusione tra questa figura professionale e il manager d’azienda, che invece è specifico del ramo dell’economia: “L’ingegnere gestionale, potendo ricoprire a tutti gli effetti la carica di manager, può avere delle competenze economico-finanziarie, ma dipende dalle scelte del singolo individuo”. Il perché dell’istituzione della Triennale in Ingegneria Gestionale alla Vanvitelli è evidente secondo Fera, e si può individuare nel gap tra le richieste del territorio e le competenze degli ingegneri gestionali. “Siamo molto attivi sul territorio – continua il docente – e, in fase di consultazione con gli Ordini professionali e Confindustria, è emerso che ai nostri laureati Magistrali mancavano competenze oggi essenziali, come quelle digitali, di relazione e comunicazione”.
Attese 3-400 matricole a Gestionale
È per questo che il triennio prevede, oltre alla formazione classica di un ingegnere, una serie di insegnamenti messi a punto per dispensare agli studenti conoscenze informatiche, digitali ed economiche. Un esempio sono gli esami di Automazione e Contabilità generale, studiati per fornire un approccio trasversale alla disciplina. L’obiettivo chiave del Corso è quello di formare figure professionali competenti nella gestione a tuttotondo dei processi. Ma c’è anche un’altra ragione: “Sono molti gli studenti che preferiscono continuare gli studi presso altri Atenei, magari in un contesto geografico più favorevole. Il Corso ha quindi come altro fine quello di ridurre il fenomeno della fuga delle competenze, cercando di mantenere viva una tradizione ingegneristica made in Sud, che è a suo modo peculiare”. Il prof. Fera non nasconde la sua preoccupazione sulla migrazione di cervelli: “Dico sempre ai miei studenti andate, uscite, fate esperienza, poi però tornate, perché qua abbiamo bisogno di voi”. Il Corso di Laurea si pone dunque come un incentivo a rimanere al Sud e come un modo per realizzare un progetto più ampio di aggiornamento dell’economia locale, affidandosi a esperti della gestione che finalmente hanno assunto anche le competenze necessarie per ridurre il gap con i concorrenti del Nord. Un’impresa complessa, Fera non lo smentisce. Tuttavia ci sono grandi possibilità di riuscita, perché oggi l’evoluzione è più celere e l’industria del Sud ha dimostrato di poter reggere bene alle sfide dei nostri tempi. Nelle previsioni del tutor si dovrebbe oscillare, per il primo anno, tra le 300 e le 400 richieste di immatricolazione, “ma occorre essere cauti”. “Tutto è stato realizzato al meglio, con l’impiego delle eccellenze del nostro Dipartimento”, ha aggiunto il docente. Il primo passo sarà sottoporsi al TOLC, il test di autovalutazione che non preclude l’accesso al Corso di Laurea. Come per l’altro Corso di nuova istituzione in Ingegneria biomedica, anche per gli studenti di Gestionale le lacune riscontrate in fase di valutazione si considereranno colmate con la frequentazione dei corsi di tutoraggio o con il superamento dell’esame di Analisi matematica I o di Algebra e geometria. “In un panorama che ha visto una diminuzione del numero delle iscrizioni ai Corsi di Laurea STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) – ha concluso Fera – è più che mai essenziale rinsaldare la fiducia degli studenti in queste discipline. È per questo che stiamo lavorando per intessere una rete sempre più fitta di relazioni col territorio, così da dimostrare agli studenti l’alto potenziale, anche in termini di impiego, di questi ambiti disciplinari”.
Un ingegnere ‘clinico’ dopo il triennio
Partirà a settembre anche la Triennale in Ingegneria Biomedica, un percorso di studi altamente innovativo che ormai è presente in quasi tutti gli Atenei italiani, dato l’impiego sempre più massiccio della tecnologia in ambito medico. Dalla strumentazione per la realizzazione di immagini diagnostiche all’alta specializzazione dei robot per gli interventi chirurgici più delicati, c’è sempre dietro lo zampino di un ingegnere biomedico. Ma chi è questa figura? E qual è il suo profilo? “Si tratta di una figura che ormai, in modo consolidato, affianca le procedure in ambito sanitario”, ha spiegato il prof. Fabrizio Esposito che ha progettato il Corso. Formazione preferibilmente scientifica, interesse per la biologia e per la medicina, volontà di mettersi in gioco per la realizzazione di strumenti in grado di salvare la vita delle persone: è questo il candidato ideale del Corso di Laurea, che verrà inaugurato con l’inizio del nuovo anno accademico sotto la presidenza del prof. Alberto Cavallo, ordinario di Automatica. Un percorso che ha molto in comune con la formazione canonica di un ingegnere, con gli esami di Analisi I e II, Fisica e Algebra e geometria, ma che si differenzia per la presenza di insegnamenti specifici, come Fondamenti di Biomedicina, Fondamenti di Bioingegneria I e II, Principi di Ingegneria clinica, Misure elettroniche per la Strumentazione biomedica e Tecnologie mediche in Clinica. “Non unici, questi insegnamenti hanno lo scopo di formare il bagaglio di conoscenze di un perfetto ingegnere biomedico o clinico”, spiega il prof. Esposito. Sì, perché il Corso di Laurea dà anche accesso alla carriera come ingegnere clinico, il quale può definirsi tale anche con il solo conseguimento della Laurea Triennale. Questa figura, a differenza dell’ingegnere biomedico, non partecipa alla realizzazione pratica della strumentazione e a progetti di ricerca, ma, disponendo di conoscenze avanzate nei settori disciplinari medico e ingegneristico, può essere addetto alla gestione dei macchinari e alla loro manutenzione. L’ingegnere clinico può scegliere di continuare il percorso universitario con il Corso di Laurea Magistrale (che alla Vanvitelli verrà inaugurato prima della fine del primo ciclo triennale) o con l’iscrizione a Master specialistici di primo livello. Allora l’ingegnere clinico equivale al tecnico di laboratorio? Cavallo smentisce: “L’ingegnere clinico dispone di competenze ingegneristiche che lo rendono una figura estremamente versatile, a differenza del tecnico di laboratorio che è addetto esclusivamente alla manipolazione di determinati strumenti. È la formazione a fare la differenza”. Per le altre tipologie di ingegneri, la specializzazione biomedica sarebbe perseguibile soltanto previa acquisizione di 12 crediti formativi nell’ambito della bioingegneria, e il Corso di Laurea Triennale ne offre ben 24. “Nel corso del triennio – continua Cavallo – gli studenti apprenderanno le principali tecniche di osservazione e monitoraggio dei dispositivi impiegati in ambito clinico, anche tramite esercitazioni in laboratorio, tra cui l’osservazione di macchinari impiegati in Neurologia o in Oftalmologia”. Le conoscenze mediche e biologiche di questo ingegnere forniscono una preparazione tale da renderlo indispensabile, una figura di punta e un prezioso alleato del personale medico-sanitario. L’ingegneria biomedica si afferma dunque come una ridente prospettiva sul panorama lavorativo. Dato che si tratta di un Corso di nuova istituzione, del quale è difficile prevedere gli sviluppi, non è previsto alcun test d’ingresso, ad eccezione del test di autovalutazione TOLC che ha lo scopo di valutare le conoscenze preliminari degli studenti ma non vincola l’accesso al Corso di Laurea. L’attuale geografia dei mestieri si sbilancia decisamente a favore di alcuni, tra cui quello dell’ingegnere, figura perfettamente inserita nel contesto di rinnovamento ed evoluzione della società. Anche questo può rappresentare un motivo di scelta, ma alla base “deve esserci la passione”, ha concluso il docente. Perché, come in ogni ambito, le possibilità di eccellere nel proprio mestiere dipendono dal grado di coinvolgimento; così, seguendo le proprie inclinazioni, non si corre il rischio di effettuare una scelta sbagliata.
Nicola Di Nardo