Professione fotoreporter, una conversazione sulla crisi ucraina con Sandro Maddalena

“Durante le nostre lezioni siamo soliti parlare di guerre, crisi… Ma è teoria, ha a che fare con gli studi accademici. Questa è realtà. Si tratta della sofferenza delle persone, che è qualcosa che dovrebbe essere presa in considerazione separatamente dalla politica, dall’economia e dalle teorie sulle relazioni internazionali. È qualcosa di tragico, è la storia di persone che hanno vissuto e stanno ancora vivendo le conseguenze della guerra”. Così il prof. Settimio Stallone, docente di International relations: history and current issues, nonché Presidente dei Corsi di Laurea in Scienze Politiche e Relazioni internazionali e analisi di scenario, corona l’incontro del 13 ottobre presso la sede di via Rodinò. A parlare agli studenti della Magistrale in International Relations, erogata in lingua inglese dal Dipartimento di Scienze Politiche, è Sandro Maddalena, fotoreporter pluripremiato originario di Vico Equense che, dal 2014, documenta la situazione in Ucraina collaborando con media di rilevanza internazionale.

Il suo intervento inizia con la presentazione di The battle of Kyiv, progetto scattato nel 2014 durante le proteste popolari contro il presidente filorusso Yanukovych. Fra le varie immagini, si sofferma su alcune ben precise: una serie di incendi, appiccati con l’obiettivo di creare quanto più fumo possibile per depistare i tiratori scelti della polizia; un uomo in una bara con un foro nella tempia destra, ucciso da un cecchino; un tavolo con dei ‘molotov cocktail’, bottiglie con un liquido incendiario usate come ordigni nelle proteste violente a cui, come racconta Maddalena, spesso ricorre il popolo ucraino durante i conflitti, tant’è che alla fine della rivolta ne saranno ritrovati circa un milione. A questa prima raccolta segue la presentazione di ‘Donbas crisis’: durante le proteste del 2014, inizia a spargersi la voce che l’Ucraina voglia eliminare la componente filorussa presente in alcune regioni nell’est del paese. La notizia è falsa, ma nella zona del Donbass la popolazione comincia ad agitarsi e, a Donetsk, il parlamento regionale viene occupato. In quei giorni Sandro Maddalena si trova lì e, una mattina, svegliandosi si ritrova davanti un contingente militare russo che sfila fuori dal suo alloggio: inizia la guerra. Viene istituito il coprifuoco, per il quale i cittadini non possono uscire  dopo le otto di sera: da quel momento, fino alle prime ore del mattino, i bombardamenti sono aperti. Mostra una foto di un militare che dorme, in piena mattina, sull’asfalto: Maddalena ha dormito accanto a lui. “Se vuoi vedere la guerra, devi stare sveglio di notte e riposare di giorno”, commenta.

Nel 2015 il conflitto termina, ma Maddalena rimane in Ucraina perché vuole raccontare la crisi post-bellica, fatta di veterani ventiduenni e scuole militari per bambini. E arriviamo così al 2022, con la seconda invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Sullo schermo appare un uomo con una sigaretta fra le labbra e uno sfondo di quelle che un tempo erano state delle abitazioni. Nel mezzo delle macerie c’è il motore di un elicottero che egli ha personalmente contribuito ad abbattere, anche se il prezzo da pagare è stato vedere la sua casa rasa al suolo. “La casa posso ricostruirla, ma l’elicottero mi stava infastidendo parecchio”, sono state le parole dell’uomo, riportate dal fotografo per sottolineare la forza e la determinazione dei civili, vero motore della resistenza.

Maddalena è da poco rimpatriato. Dallo scoppio della guerra ha iniziato a lavorare come freelance: una scelta professionale non certo facile, dal momento che bisogna provvedere da soli alla propria sicurezza. Tuttavia, allo stato dei fatti, sembra essere la decisione più adeguata. Inviare un reporter in situazioni di questo genere, racconta, è particolarmente oneroso da un punto di vista economico per le testate giornalistiche, quindi spesso i fotografi freelance vengono comunque prediletti. Così, è in grado di spostarsi dove più desidera per realizzare i suoi scatti; ormai quello dell’Ucraina è un territorio che conosce bene, tanto da definirlo scherzosamente “il suo secondo paese”. E, cosa più importante, è libero nel tipo di contenuti da realizzare. Durante il suo intervento definisce il conflitto Russia-Ucraina “la guerra di Tiktok”, intendendo che, ormai, le notizie che arrivano sono tante e si diffondono facilmente e rapidamente. “Non voglio riportare notizie, voglio raccontare storie”, è la sua conclusione.

Giulia Cioffi

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