Titti Postiglione, il ritratto di una geologa in prima linea

Ad agosto, quando ci fu il terremoto di Amatrice, è stato il volto dei soccorritori, l’immagine di una Italia capace di garantire aiuto, efficienza e umanità a chi aveva perso tutto: affetti, beni materiali, speranza. Immacolata Postiglione, detta Titti, 45 anni, salernitana, è a capo dell’Ufficio Gestione delle Emergenze della Protezione Civile. A metà dicembre, quando Ateneapoli la intervista, è a Rieti per organizzare le attività a favore delle popolazioni dell’Italia centrale colpite dagli eventi sismici in autunno. Quando si verificano calamità, c’è sempre lei a coordinare la macchina dei soccorsi. “Eppure – ricorda – quando mi iscrissi a Napoli a Geologia sognavo un futuro diverso, da ricercatrice. La vita e le sue circostanze, poi, mi hanno portato in un’altra direzione. Sia chiaro, in ogni caso, che non me ne rammarico, perché amo il lavoro che svolgo”. 
In che anno si immatricolò a Geologia?
“Nel 1989. Trovai una sede meravigliosa, il complesso di San Marcellino, ed una Facoltà molto dinamica. Era un ambiente decisamente stimolante, dinamico ed allegro. I ragazzi che frequentano Geologia hanno, o almeno avevano ai miei tempi, uno spirito allegro, la voglia di stare insieme. Seguivamo tante attività di laboratorio, effettuavamo campagne di rilevamento, sopralluoghi sul territorio. Tutta questa didattica extra aula finiva per aggregare”.
Ha mantenuto qualche contatto con i suoi compagni di allora o con i docenti che incontrò da studentessa?
“Sì. Giorni fa, per esempio, ho ricevuto più di un messaggio da colleghi e docenti di quei tempi, che per Natale organizzavano una rimpatriata tra tutti noi, che partecipammo ad una indimenticabile campagna sui graniti della Sardegna. Purtroppo ho dovuto declinare l’invito, perché sarò ancora a Rieti”.
Petrografia, l’esame impegnativo
Quale fu il suo primo esame da matricola?
“Elementi di Matematica. Partii in salita, ma andò bene. Del resto ricordo che il biennio a Geologia era molto impegnativo: Matematica, Fisica 1 e 2. Esami tosti”.
Il più impegnativo di tutta la sua carriera universitaria quale fu?
“Vado a memoria. Ricordo che certamente il professore di Petrografia era severissimo. Superai la prova con 30 e fu davvero una grandissima soddisfazione”.
Si trasferì da Salerno a Napoli per studiare oppure frequentò da pendolare?
“Ero pendolare. Ricordo il mitico bus della Sita che fermava a poche centinaia di metri da casa e mi lasciava a Napoli in Piazza Bovio. Di lì proseguivo a piedi per poche centinaia di metri ed ero in Facoltà. La sera identico percorso in direzione opposta. In teoria il viaggio durava cinquanta minuti, ma se capitavano imprevisti potevo impiegare il doppio del tempo. Ho trascorso così…
 
L'articolo continua sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola dal 26 gennaio (n.1/2017)
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