“I fondamenti del progresso socio-economico del Paese sono già scritti nel dettato Costituzionale (articoli 9, 33, 34) per la promozione della cultura, dell’uguaglianza, dell’istruzione e della ricerca scientifica e tecnica. Troppo spesso, però, questi diritti non sono garantiti, con gravi conseguenze”. Con premessa il prof. Armando Carravetta, docente di Ingegneria Idraulica, nel suo intervento introduttivo chiarisce tout court l’obiettivo della manifestazione promossa con un gruppo di colleghi l’11 febbraio: “analizzare lo stato dell’Università in declino al fine di individuare le soluzioni tecniche per una rigenerazione. Soluzioni che vanno condivise dal basso, vista la latitanza della politica, per dar voce a chi vuole studiare e lavorare in maniera dignitosa, ripristinare i diritti ormai abbandonati e muoversi verso un’Università inclusiva, e non esclusiva”. Il seminario di riflessione e discussione critica sulla realtà attuale dell’Università italiana, che si è tenuto presso l’Aula Pessina della Federico II, è stato inaugurato con i saluti degli organizzatori e docenti dell’Ateneo federiciano Alessandro Arienzo, Bruno Catalanotti e Ugo M. Olivieri insieme al prof. Piero Bevilacqua dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, i quali hanno sottoscritto una lettera-appello in difesa dell’Università e delle sue relazioni con il mondo della scuola e del lavoro. Ad introdurre la giornata, la relazione del prof. Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata presso l’Università degli Studi di Bari, che ha illustrato un’analisi lucida sugli effetti dei tagli alle Università e della decurtazione delle risorse nelle regioni meridionali, come è emerso da un progetto di ricerca elaborato in collaborazione con la Fondazione RES di Palermo. “Le recenti dinamiche sono molto preoccupanti. L’Italia figura in ultima posizione tra i Paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) per i fondi di finanziamento pubblico destinati al sistema universitario”. Negli ultimi 7 anni, “è avvenuto un processo di contrazione selettiva dell’Università, delle sue strutture organizzative e lavorative, senza paragoni né nella storia dell’Italia repubblicana né con altri Paesi”, riferisce l’economista. Date le circostanze, si teme un drastico ‘effetto a valanga’. “Si è ridotto il numero di immatricolati, borse di studio, docenti, personale tecnico-amministrativo. Meno finanziamenti e meno docenti determinano la riduzione dei Corsi e la conseguente diminuzione di studenti che porta, a sua volta, a meno tasse, meno entrate e quindi meno docenti. Insomma, c’è solo da aspettare la prima Università del Sud che chiude”. Sul tavolo sono messi in discussione i criteri in base ai quali si verifica la ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO): “una quota base, calcolata con il costo standard necessario alla formazione di ciascuno studente sul territorio nazionale, e una quota premiale, discutibile sotto il profilo del merito e del metodo. La qualità della ricerca è, infatti, stimata attraverso il parametro VQR (Valutazione della Ricerca), i cui indicatori sono legati…
Articolo pubblicato sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola (n. 3/2016)
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