Con i tagli del Governo, in fermento tutto il mondo universitario campano.
Alla Sun la protesta si è materializzata il 22 luglio con una seduta straordinaria dell’Assemblea Generale di Ateneo. A rischio l’apertura del nuovo anno accademico in segno di protesta contro i gravi tagli e le riduzioni imposte dal decreto 112. Erano presenti oltre duecento persone tra docenti, studenti, sindacati, personale tecnico amministrativo, oltre al Rettore, al Direttore Amministrativo, i componenti del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, riuniti per esprimere il proprio dissenso.
Sempre il 22 luglio anche il Senato Accademico ed il Consiglio di Amministrazione de L’Orientale, riuniti in seduta straordinaria, hanno approvato una mozione in cui “esprimono vivo allarme” in merito alle decisioni contenute nella manovra finanziaria “che prefigurano ricadute pesantissime nei confronti del sistema universitario”. Nella stessa mozione “esprimono profondo rammarico per la possibile chiusura dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente”, la cui fondazione risale agli anni ’30 e con il quale L’Orientale ha sempre operato in stretta collaborazione e la cui chiusura rappresenta una perdita irreparabile per l’Ateneo e la comunità scientifica tutta, nazionale ed internazionale.
Qualche giorno prima, il 17 luglio, presidio con seduta straordinaria del Senato Accademico dell’Università del Sannio, che ha affrontato l’argomento ‘Ulteriori riflessioni sui recenti provvedimenti governativi e possibili iniziative’.
Federico II: hanno manifestato in quattrocento il 14 luglio a Monte Sant’Angelo quando si è svolta un’assemblea organizzata da FLC-CGIL- CISL Università e UIL PA.UR. “Questo decreto devasta il sistema Università perché – spiega il prof. Giuseppe Borzacchiello, coordinatore del Forum docenza CGIL – riduce i finanziamenti agli atenei che, quindi, saranno costretti ad aumentare le tasse, riduce drasticamente la possibilità del turn over facendo svanire le possibilità di inserimento per precari e dottorandi e, soprattutto, sancisce la fine di un’Università intesa come sistema pubblico di istruzione, virando sempre di più verso un modello che vuole vedere pochi grandi atenei destinati all’eccellenza e poi tutta una serie di piccoli poli di didattica”.
Alla Sun la protesta si è materializzata il 22 luglio con una seduta straordinaria dell’Assemblea Generale di Ateneo. A rischio l’apertura del nuovo anno accademico in segno di protesta contro i gravi tagli e le riduzioni imposte dal decreto 112. Erano presenti oltre duecento persone tra docenti, studenti, sindacati, personale tecnico amministrativo, oltre al Rettore, al Direttore Amministrativo, i componenti del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, riuniti per esprimere il proprio dissenso.
Sempre il 22 luglio anche il Senato Accademico ed il Consiglio di Amministrazione de L’Orientale, riuniti in seduta straordinaria, hanno approvato una mozione in cui “esprimono vivo allarme” in merito alle decisioni contenute nella manovra finanziaria “che prefigurano ricadute pesantissime nei confronti del sistema universitario”. Nella stessa mozione “esprimono profondo rammarico per la possibile chiusura dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente”, la cui fondazione risale agli anni ’30 e con il quale L’Orientale ha sempre operato in stretta collaborazione e la cui chiusura rappresenta una perdita irreparabile per l’Ateneo e la comunità scientifica tutta, nazionale ed internazionale.
Qualche giorno prima, il 17 luglio, presidio con seduta straordinaria del Senato Accademico dell’Università del Sannio, che ha affrontato l’argomento ‘Ulteriori riflessioni sui recenti provvedimenti governativi e possibili iniziative’.
Federico II: hanno manifestato in quattrocento il 14 luglio a Monte Sant’Angelo quando si è svolta un’assemblea organizzata da FLC-CGIL- CISL Università e UIL PA.UR. “Questo decreto devasta il sistema Università perché – spiega il prof. Giuseppe Borzacchiello, coordinatore del Forum docenza CGIL – riduce i finanziamenti agli atenei che, quindi, saranno costretti ad aumentare le tasse, riduce drasticamente la possibilità del turn over facendo svanire le possibilità di inserimento per precari e dottorandi e, soprattutto, sancisce la fine di un’Università intesa come sistema pubblico di istruzione, virando sempre di più verso un modello che vuole vedere pochi grandi atenei destinati all’eccellenza e poi tutta una serie di piccoli poli di didattica”.