LAUREATI BRILLANTI, DUE STORIE A CONFRONTO

Giovanni Borriello: 
110 e lode con plauso, probabile
 toga d’oro per l’esame di avvocato
 Età? “29 anni”.
Quando e con che voto ti sei laureato? “Nel 2004, a 25 anni da poco compiuti. Avevo una media intorno al 29, voto finale 110 e lode con plauso della commissione”.
Tesi con? “Con il prof. Renato Oriani, in Diritto processuale civile. Il tema verteva sui profili processuali della risoluzione contrattuale, un argomento complesso perché comprende aspetti sia di Procedura civile che di Diritto civile. All’esame avevo preso 30 e lode (una rarità, soprattutto con il prof. Oriani che è considerato tra i più temibili, ndr), mi piacque moltissimo. Avevo seguito corso e seminari, ma non ero un secchione. Dedicavo allo studio 3 ore la mattina e 3 ore il pomeriggio. Nel mio caso le difficoltà dell’apprendimento erano ridotte al minimo dalla passione: amavo quella materia, tant’è che mi chiamavano, e mi chiamano ancor oggi, cpc (codice di procedura civile, ndr)”.
Perché hai studiato Giurisprudenza? “Mi appassionava fin da piccolo. Mio nonno era ufficiale giudiziario, mio zio un impiegato del tribunale, sono sempre stato affascinato dal mondo della giustizia, e soprattutto dalla figura dell’avvocato. Quando ho concluso il liceo scientifico non ho dovuto riflettere su cosa fare, la scelta è stata naturale”.
Cosa sognavi di fare da grande? “L’avvocato”.
Oggi sei… “Un avvocato civilista che collabora con uno dei più grandi studi legali di Napoli, ma che ha anche dei clienti propri. Mi laureai alla fine di luglio, e quasi immediatamente inviai il mio curriculum a una quindicina di studi legali che conoscevo di fama o che avevo trovato in internet. Il 31 agosto mi chiamò per un colloquio il titolare dello studio dove lavoro attualmente. Diciamo che, tolto il mese di agosto, ho cominciato a lavorare dopo circa 12 giorni dalla laurea. Ha contato molto il curriculum e il voto di laurea, ma soprattutto l’aver fatto la tesi con il prof. Oriani. Inoltre devo ammettere di essere stato anche fortunato. Ho trovato un grande studio associato, che ha una grossa mole di lavoro. Oggi curo tra le 500 e le 600 pratiche per lo studio con cui collaboro, più un certo numero di pratiche soltanto mie”. 
Domani sarai… “Un avvocato con un proprio studio. Perché l’obiettivo, ovviamente, è quello di crescere. Vorrei approfondire materie come la contrattualistica e la responsabilità extracontrattuale”. 
Il momento più duro prima della laurea. “Tra la fine del primo anno e l’inizio del secondo. Mi bloccai sull’esame di Diritto costituzionale, con il quale ebbi un impatto difficile, probabilmente perché fu l’unico per il quale non seguii né i corsi né i seminari. Rimasi fermo un semestre, e alla fine presi il mio voto più basso, 24”. 
Il momento più duro dopo la laurea. “Ad oggi, fortunatamente, di momenti particolarmente duri non ce ne sono stati. Certo, all’inizio anch’io non guadagnavo nulla, come tutti i praticanti avvocati. Soltanto dopo un po’ lo studio mi ha riconosciuto un rimborso spese, e successivamente ho incominciato a guadagnare qualcosa. Oggi i miei guadagni sono variabili, ma me la cavo bene ”. 
La soddisfazione più grande durante l’università. “L’ho avuta quando andai a chiedere la tesi al prof. Oriani: si ricordava il mio nome e cognome. Ed erano passati due anni da quando avevo sostenuto l’esame!”.
La soddisfazione più grande dopo l’università. “Ho superato l’esame di avvocato con un voto molto alto, 425, e con i complimenti della commissione. Il massimo è 450. Tra breve verrà stilata una graduatoria, probabilmente sarò il primo. Dunque, è possibile che mi conferiscano la toga d’onore”.
Se potessi tornare indietro, sceglieresti ancora Giurisprudenza? “Assolutamente sì”.
Un consiglio alle matricole per riuscire bene negli studi giuridici. “Non state sempre sui libri ma seguite i corsi e andate a parlare con i professori in dipartimento. L’importante è capire le questioni giuridiche, non imparare una serie di pagine a memoria”.
Un consiglio per l’ingresso nel mondo del lavoro. “Ci vuole testardaggine e ambizione. Io sono l’esempio vivente che le porte si aprono anche senza avere ‘conoscenze’”.
 
 Manuela: 
“professione concorsista” 
dopo la laurea a pieni voti
 Età? “32 anni”.
Quando e con che voto ti sei laureata? “Il 28 ottobre 2003. E chi se lo scorda più! Alla ‘tenera’ età di 27 anni… In realtà credo di aver perso un sacco di tempo per la mia mania di perfezionismo, non mi presentavo ad un esame (complementari compresi) se non avevo coperto praticamente tutto il programma. Voto 110 e lode… Insomma,  una vera secchiona”.
Tesi con? “In Storia del diritto italiano con il prof. Aurelio Cernigliaro. Beh, una materia un po’ ‘atipica’ forse per Giurisprudenza ma che in fin dei conti aveva a che fare coi miei studi classici del liceo (Sannazaro), visto che mi sono sempre piaciute le materie letterarie. A dir la verità non mi sarebbe dispiaciuto nemmeno scegliere una materia più strettamente giuridica come Diritto civile o penale ma i prof. di queste materie avevano praticamente liste interminabili di attesa per l’assegnazione delle tesi e penso che se avessi aspettato avrei raggiunto di sicuro l’età pensionabile!”. 
Perché hai studiato Giurisprudenza? “Forse per la motivazione più sbagliata che possa esistere ovverosia perché è una di quelle lauree che aprono mille strade – ma chi l’ha detto? – in realtà credo sia proprio questo l’aspetto un po’ ‘subdolo’ della Facoltà: a meno che non si abbia una vocazione ‘alla Perry Mason’, si rischia di sceglierla semplicemente perché non si hanno le idee cosi chiare su cosa si vuol fare da grande”. 
Cosa sognavi di fare da grande? “Probabilmente avrei scelto una Facoltà un po’ più creativa, tipo Lettere o magari anche Psicologia, ma non so perché all’epoca avevo la convinzione che si trattasse di settori troppo inflazionati e che essendo Giurisprudenza una laurea più versatile avrei potuto più facilmente trovare lavoro”. 
Oggi sei… “Diciamo ‘disoccupata’? Anzi no… ‘concorsista’, visto che studiare per superare un concorso nella Pubblica Amministrazione, oltre ad essere quasi una mission impossible (vista la proporzione tra  le migliaia e migliaia di persone che si presentano e i pochi posti a disposizione), può essere considerato un lavoro, con l’unico difetto che non si ha lo stipendio. Al contrario, si finisce spesso in perdita con tutti i soldi investiti in libri, codici aggiornati e trasferte per sostenere le prove spesso nei posti più svariati d’Italia. Ho anche superato l’esame di avvocato ma per il momento non credo di esercitare la professione. Aspiro semplicemente ad un normalissimo posto fisso, forse meno stimolante ma almeno al riparo dalle incognite e incertezze della professione libera. In fondo dalla pratica forense ho capito che per fare l’avvocato ci vuole un giro di clientela ben avviato, direi anche una bella dose di pelo sullo stomaco e un pizzico di ‘spirito imprenditoriale’ perché certezze di stabilità non ce ne sono, per lo meno agli inizi. Fare la gavetta senza avere qualcuno alle spalle, e praticamente gratis, è davvero dura”.
Domani sarai… “E chi lo sa! Mi auguro di essere qualcuno che ha vinto un concorso! Devo dire, con tutti gli scongiuri possibili, che dopo una marea di sacrifici e – per dirla alla Leopardi – di studio matto e disperatissimo, un concorso lo avrei quasi vinto. Sono in attesa della graduatoria ufficiale ma dovrei rientrarci. Non dico altro per scaramanzia!”.
Il momento più duro prima della laurea. “Direi la vigilia dell’esame, di ogni esame. Sempre la stessa scena: crampi allo stomaco, la sensazione di panico e di non ricordare nulla del programma, salivazione azzerata e per le grandi occasioni (tipo esame di Diritto commerciale o procedura civile) magari anche gocce di ansiolitico che non servivano a nulla”.
Il momento più duro dopo la laurea. “Quando ti rendi conto che  farti strada nel mondo del lavoro non è facile e che, soprattutto nella nostra bella Italia, se non hai ‘Santi in paradiso’ nessuno ti regala nulla. Magari vedi gente che, senza aver fatto il minimo sforzo, con gli agganci giusti riesce ad arrivare in posti di prestigio e che la meritocrazia spesso non ha il minimo significato. E che l’equazione sacrificio uguale successo non sempre funziona… Allora  torni coi piedi per terra, guardi il tuo bel pezzo di carta appeso alla parete e incorniciato e dici: ‘Ma a che mi servi?’”.
La soddisfazione più grande durante l’università. “Quando ho superato i due ‘mattoni’: Procedura civile e Diritto commerciale. L’incubo di ogni studente di Giurisprudenza… E’ stata una vera e propria liberazione!”.
La soddisfazione più grande dopo l’università. “Senza dubbio superare quel concorso pubblico di cui parlavo prima. Soprattutto sapere di avercela fatta con le proprie forze, senza raccomandazioni o spintarelle. Sapere che se hai ottenuto qualcosa lo devi solo a te stessa. Quel concorso mi ha dato la conferma di una cosa in cui ho sempre creduto: alla fine chi la dura la vince”.
Se potessi tornare indietro, sceglieresti ancora Giurisprudenza? “Probabilmente no. Credo che a 18 anni non sempre si abbia la maturità giusta per guardarsi dentro e scegliere la strada che piace veramente”.
Un consiglio alle matricole per riuscire bene negli studi giuridici. “Scegliere la Facoltà che veramente piace, fare qualcosa che appassiona, perché avere una forte motivazione e passione può aiutare a non mollare, soprattutto nei momenti difficili”.
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