Il camice bianco, per molti il sogno sin da bambini

Il camice bianco si fa un po’ più vicino per gli oltre cinquecento studenti di Medicina che dal 4 ottobre hanno cominciato a calcare il suolo del Policlinico federiciano. Divisi per matricola, pari e dispari, hanno cominciato ad ambientarsi nella grande Aula Magna dell’Edificio 21. Il clima è ancora un po’ da scuola, le lezioni sono compattate, a rotazione, tutte al mattino o tutte il pomeriggio, in modo da lasciare il giusto tempo per assimilare i primi concetti e rivedere gli appunti. Tra l’entusiasmo di aver superato il test ed essere finalmente all’università e un discreto senso di spaesamento dovuto all’immensità della struttura universitaria, ecco qualche racconto da matricola.
Agnese Valentino ha pensato bene di anticiparsi e di fare una rapida sortita al Policlinico già prima dell’inizio delle lezioni: “Avevo fatto un giro un paio di giorni prima, giusto per ambientarmi e non andare nel panico il primo giorno – racconta – Seguiamo nell’Edificio 21, in un’aula molto grande a due piani. Io ero al piano inferiore e confesso di non avere ben capito come si salga. Scale interne non ce ne sono, probabilmente si passa dall’esterno”. Le sue prime impressioni, come per tutte le altre matricole, “sono buone, ma non posso dire di avere visto granché. Mi sono fermata un po’ nel giardino antistante l’edificio e ho preferito non allontanarmi ancora troppo”. Pollici decisamente in giù, invece, “per i trasporti. Il Policlinico è servito dalla metro 1, mezzo affollatissimo e non sempre puntuale. Arrivando da San Felice, Caserta, prendo prima il pullman e la mattina devo mettermi in moto alle sei”. Medicina “è un sogno che ho sin da bambina, non c’è altra spiegazione. E desideravo andare alla Federico II perché è un’università dalla lunga tradizione”. Il primo passo ora sarà “cominciare a prendere dimestichezza con il mood universitario, capire come si prenotano gli esami e altre questioni tecniche ed entrare nel vivo delle materie. Ho studiato abbastanza bene Chimica e Biologia – a caldo, infatti, il test di ingresso non le era sembrato particolarmente difficile – un po’ meno Fisica. Sicuramente il percorso sarà lungo e sacrificato, ma Medicina ti dà delle grandi soddisfazioni personali”. Le lezioni si stanno tenendo interamente in presenza, senza quindi la necessità di prenotare attraverso l’applicazione Go-In. “Il primo giorno siamo partiti con Chimica e Fisica, il successivo con Basi della Medicina – prosegue Antonio Ascione – Ma è troppo presto per avere un’idea chiara di cosa effettivamente andremo a studiare, tanto più che, per la maggior parte, sono ancora materie di base”. Un assaggio del Policlinico, Antonio lo aveva già avuto grazie alla scuola, “con un progetto di alternanza scuola-lavoro. Essendo uno Scientifico, oltre al teatro, ci avevano proposto anche degli approfondimenti più tecnici e così ho seguito un intervento sulle protesi”. In quel momento, ipotizza, gli si è accesa la lampadina della Medicina “che è anche una vocazione, in particolare per il mondo della ricerca”. Dal suo Corso si aspetta “una formazione teorica molto solida, ma spero anche in tante applicazioni pratiche”. Ha cominciato, intanto, a fare le prime conoscenze, “a scambiare qualche parola con gli altri ragazzi e con i rappresentanti degli studenti che si sono presentati e ci hanno inviato a rivolgerci a loro per qualunque necessità”. A Medicina è stata condotta, non l’ha scelta, questa è l’opinione di Alessia Scognamiglio. E, anche nel suo caso, la scuola sembra aver fatto il suo dovere di istituzione stimolante e formativa: “Ho avuto degli ottimi professori, soprattutto nelle discipline scientifiche. Ci hanno proposto anche vari approfondimenti, ricordo ad esempio delle lezioni sulla genetica e sulle biotecnologie. Li seguivo con piacere e senza difficoltà. Il modo in cui mi venivano spiegati era perfettamente conforme al mio modo di ragionare”. Da qui, quindi, la decisione di osare e di puntare ad un percorso difficile: “Da piccolina comunque mi regalavano spesso libri illustrati sul corpo umano o altri argomenti del genere”. Il test d’accesso lo ha trovato “difficile, molto. Mi aspettavo quesiti più applicativi invece, soprattutto per Chimica, erano cose piuttosto mnemoniche”. La sua routine, per il momento, è abbastanza standard: “Seguo le lezioni e poi torno a casa. Piano piano vorrei cominciare a vivere la struttura, che è bella e piena di verde, e darmi un metodo di studio. Difficoltà, per il momento, non mi sembra che ce ne siano. Immagino che arriveranno con il tempo”. Carmine Morfeo studierà Odontoiatria: “Mi sono diplomato in un istituto per odontotecnici, quindi questo mi è sembrato il percorso più adatto ai miei interessi. Non vedo l’ora di andare oltre quello che ho studiato, di entrare nel vivo delle discipline e soprattutto di avere i primi contatti con i pazienti”. In particolare, “sono affascinato da questo settore che si evolve alla velocità della luce e in cui la tecnologia gioca un ruolo così importante. So che spesso c’è la tendenza a specializzarsi in uno specifico ramo – lui si definisce interessato all’implantologia e all’ortodonzia – ma ho la tendenza a voler sapere fare tutto”. Dalla fine del percorso scolastico di Carmine è passato già qualche anno: “Era il 2018. Finora ho lavorato, ma poi ho deciso di mettermi di nuovo in gioco. Avevo bisogno di provare a me stesso di esserne capace”. Un buon odontoiatra, secondo lui, “deve essere empatico, sicuro di sé e avere una buona manualità. So che prima di mettere le mani in pasta dovrò studiare tanto e sono pronto a farlo”. Una notevole manifestazione d’impegno la sua, se a questo si aggiunge che “per mantenermi agli studi lavorerò. È una cosa che devo e voglio fare e, prima comincerò, meglio sarà”. Nella famiglia di Gaia Stravino, il giuramento di Ippocrate è di casa: “I miei genitori sono entrambi odontoiatri. Da bambina qualche volta li seguivo a lavoro e mi ricordo dei loro pazienti. Ma soprattutto mi ricordo le telefonate che arrivavano ad ogni ora; questo è praticamente un lavoro non stop”. La sua personale inclinazione, “al momento, è per la medicina interna. Ma ci sarà tempo per cambiare idea, soprattutto quando cominceremo i tirocini. Che so, purtroppo, partire solo al quarto anno anche se capisco che prima bisogna costruire delle buone basi”. Gaia arriva da un liceo classico, “che ho scelto perché mi piacevano il greco, il latino e la letteratura. Forse non ho studiato benissimo la Fisica, ma ritengo che il classico apra la mente e insegni a ragionare – poi aggiunge – Ho sostenuto sia il test di ammissione in italiano che quello in inglese, per mettermi alla prova più che per un reale interesse nel seguire questi studi in una lingua che non è la mia”. Risiedendo ad Avellino, ha preso casa a Napoli insieme ad alcune studentesse delle Professioni Sanitarie: “Mi sono trasferita solo da pochi giorni e al momento sono piuttosto contenta. Sento che questa sarà un’ottima esperienza di crescita personale”. Essere del tutto in presenza è, anche per Francesca Veno, uno stimolo: “Il distanziamento c’è e anche i controlli vengono effettuati, quindi direi che l’ambiente è sicuro. È bello poter interagire con i professori e con gli altri ragazzi e poi questi studi hanno bisogno di contatto diretto”. Prosegue: “Giusto un po’ dispersivo il Policlinico. I numeri degli edifici non sono consecutivi e all’inizio, per orientarmi, ho dovuto chiedere”. Molto solida, la motivazione della sua scelta di Medicina: “Trovo che questo lavoro sia uno dei più socialmente utili. E diciamo anche che veicola un interessante ritorno in termini economici”. 
 
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