Il racconto di Rossella Alfano, giovane medico PhD in Belgio

Classe ’86, una laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Vanvitelli,  Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva alla Federico II, la dott.ssa Rossella Alfano oggi vive in Belgio dove sta svolgendo presso la Hasselt University il terzo anno da PhD student. “Se ripenso agli anni universitari non direi che la ricerca sia sempre stata il mio obiettivo. Non avrei potuto immaginarlo prima dell’esperienza all’Imperial College di Londra: mi ha coinvolta al punto da decidere di farne la mia strada”, racconta così il percorso accademico che l’ha condotta fin dove si trova oggi.
La prima esperienza all’estero è avvenuta durante gli anni alla Vanvitelli, con l’Erasmus che l’ha portata a vivere per sei mesi in Spagna, a Saragozza. Dopo questa prima stimolante occasione, durante gli anni di Specializzazione è stata la sua tutor, la prof.ssa Maria Triassi, a spingerla a presentare domanda per l’Erasmus Traineeship di un anno presso l’Imperial College di Londra: “All’estero molte università sono private e questo spesso offre agli studenti più opportunità, come i laboratori d’analisi o i seminari in cui prendono parte personaggi tra i più illustri in ambito internazionale”.
Si tratta, comunque, di due esperienze totalmente differenti, in contesti diversi e i cui obiettivi cambiano nelle finalità: l’Erasmus spesso serve ai ragazzi come prima esperienza fuori casa e fuori Italia, si tratta di un modo per mettersi in gioco, di spingersi fino ai propri limiti per scoprire che i limiti sono solo quelli che si decide di imporsi. L’Erasmus Traineeship ha un’impostazione ben diversa, rappresenta una prima esperienza lavorativa, un’occasione professionalizzante in un ambito che fino a quel momento si è conosciuto più per via teorica che pratica “a Londra ho lavorato presso il Dipartimento di Epidemiologia diretto dal dott. Paolo Vineis. In Spagna, da studentessa, ho colto più l’esperienza personale, il vivere da sola, lo stare all’estero, l’imparare una nuova lingua, mentre la prospettiva del post laurea è decisamente diversa. Da lavoratore ne cogli più l’aspetto professionale e come cambi una stessa professione in paesi diversi. Entrambe sono state esperienze fantastiche, ma certo molto diverse tra loro”. Appassionatasi al mondo della ricerca e all’ambito dell’epidemiologia in particolare, la dott.ssa Alfano decide quindi, alla fine dell’anno inglese, di presentare domanda per il dottorato presso la Hasselt University in Belgio, i cui programmi di studio sono molto mirati all’innovazione e la ricerca scientifica.
La ricerca
La ricerca in cui la dott.ssa Alfano è impegnata ha come obiettivo quello di studiare vari fattori di rischio a cui una donna in gravidanza è esposta (stress, fumo, inquinamento, cattiva alimentazione sono solo alcuni tra i fattori considerati) e capire come questi incidano sulla qualità di vita dei bambini non solo appena nati, ma lungo tutta la loro crescita, fino ad arrivare all’età adulta. “Oggi, ad esempio, sappiamo come un’alimentazione povera di nutrienti della madre durante la gravidanza non va solo ad incidere in una grave possibilità d’infezione del neonato subito dopo la nascita, ma anche in maggiori rischi di essere soggetto ad infarto in età adulta, dopo talmente tanti anni dalla fase gestazionale che si tenderebbe a non considerarla tra le cause. Invece gli studi dimostrano chiaramente questa relazione e noi, su questa base, analizziamo le incidenze di tutta una vasta serie di altri fattori”. Scoprire l’esatto meccanismo che lega le esposizioni in utero alle malattie dell’età adulta “potrebbe essere utile a pianificare interventi preventivi specifici già alla nascita, identificare valori guida per specifiche esposizioni e, in generale, dare maggiore enfasi all’importanza di garantire un ambiente sano e sicuro per le donne in gravidanza e i loro bambini”.
La scelta del Belgio non è casuale: l’Università di Hasselt ha iniziato nel 2010 lo studio “ENVIRONAGE (Environmental Influences on Early Ageing)” grazie ai fondi europei per la ricerca scientifica erogati dall’European Research Council – ERC – creando una coorte, un insieme cioè di madri e bambini informati riguardo questa ricerca e sugli obiettivi di questa, che volontariamente decidono di aderirne, formando così un gruppo di soggetti di studio. In un primo momento vengono raccolti dati e valori sull’ambiente in cui queste donne vivono la loro gravidanza e, post parto, viene chiesto loro di donare il cordone ombelicale per poterlo analizzare. Nello specifico “nel mio progetto di ricerca abbiamo scoperto che il peso alla nascita (che è influenzato da alimentazione, alcol, esercizio fisico, fumo, stress della madre durante la gravidanza) è associato alla metilazione di specifici geni nel cordone ombelicale dei bambini, e stiamo verificando se la metilazione di questi specifici geni sia legata allo sviluppo di sovrappeso e obesità in età scolare”. Lo studio continua a fornire importanti risultati che permettono di continuare a ricevere i fondi necessari per portarlo avanti. “In un primo momento, per i fondi che erano a disposizione, ci si sarebbe dovuti fermare al primo follow up, le analisi periodiche sui bambini della coorte, ai loro 4 anni, mentre per fortuna ad oggi siamo arrivati al secondo follow up, ai loro 10 anni”. Studi del genere sono portati avanti anche in altri paesi, tra cui l’Inghilterra e l’America, dove hanno ottenuto fondi economici per continuare con i follow up, ad oggi, fino ai 25 anni dei bambini coinvolti nello studio. “La speranza, ovviamente, è quella di seguirli lungo tutto il corso della loro vita” con l’obiettivo di fornire sempre maggiori dati per settare delle linee guida su basi scientifiche a riprova del fatto che creare e offrire alle donne incinte un ambiente, che sia atmosferico, domestico o lavorativo, migliore e più sicuro non è solo una questione morale, ma un importante fattore per la loro salute e quella dei futuri nascituri.
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