In pensione la prof.ssa Böhmel, docente di Tedesco

Amburgo, Salerno, Napoli e Roma. Un itinerario geografico a quattro punte che vuole rappresentare un percorso di vita segnato dalla dedizione all’insegnamento, agli studenti; ma pure dal cambiamento di radici. Che sembrano abbandonare quelle natali – teutoniche – in favore di altre, piantate inconsapevolmente con il passare del tempo nel Bel Paese. Quattro città che sono state porte: serrata una, s’è aperta subito la successiva. L’ultima a chiudersi, a compimento del cerchio, quella nel cuore del centro storico partenopeo. La prof.ssa Ulrike Böhmel si congeda dal Dipartimento di Studi Umanistici della Federico II, dov’è stata prima ricercatrice e poi docente, dal 1984, di Letteratura (e Lingua) tedesca nell’attuale Corso di Studi in Lingue, Letterature e Culture moderne europee. Ufficialmente in pensione dall’1 novembre, spende le sue prime parole da ‘ex’ per i colleghi e per coloro che in tutto questo tempo le sono stati seduti ‘di fronte’: studentesse e studenti. “Se la mia attività accademica è stata così gratificante – ammette – lo devo soprattutto a loro. Ho ricevuto tanto affetto e spero di aver ricambiato. Lungo il mio percorso ho incontrato veramente tanti ragazzi capaci, partecipi, vivaci. E non parlo solo delle lezioni, durante le quali c’è stato sempre uno scambio reciproco, ma anche delle tesi di laurea. Seguirli nel lavoro finale mi ha permesso di apprezzarne ancora di più le qualità”. Ma se si dovesse trovare un punto d’origine, da dove si potrebbe partire? Andare a ritroso significa innanzitutto tornare con la mente in Germania – “sono nata a Kassel, una piccola cittadina nei pressi di Francoforte, ma quasi subito mi sono trasferita ad Amburgo, e lì sono cresciuta” – e soprattutto a Salerno, vero inizio dell’immersione in quella che è di fatto diventata una seconda identità, tutta italiana, rintracciabile in una cadenza tedesca presente solo sulla coda delle parole. E i ricordi, all’arrivo nel 1975, sono ancora vividi. “La prima cosa che balza alla mente, pensandoci, è l’allora Università salernitana, che stazionava in pieno centro. Venendo dalla Germania, mi sembrava tutto così piccolo, provvisorio. Basti pensare che le lezioni si tenevano in alloggi privati. Fu una cosa che reputai fin da subito abbastanza curiosa”. Poi la chiamata da Napoli, città rimasta sempre un po’ lontana e mai avvertita come casa, perché “ho sempre pendolato da Roma, dove vivo dal ’79”. È nel rapporto con la Federico II, però, che qualche nodo viene al pettine. Ripercorrendo le fasi dell’intera vita lavorativa all’ombra del Vesuvio, qualcosa è andato scemando nel tempo, facendo emergere “in me un giudizio contraddittorio”. “Vorrei sottolineare, ed è un punto dolente, che l’Ateneo ha trascurato moltissimo questo Corso di Studi, come fosse il figlio di un Dio minore. Siamo stati costantemente trascurati nella possibilità di avere docenti e lettori di lingue straniere e questo si è tramutato in grosse difficoltà, lunghe decenni, nel trasmettere gli insegnamenti”. Una critica mirata, ulteriormente approfondita: “Con il nuovo ordinamento le cose sono cambiate in fretta, il mio insegnamento è stato scisso in due cattedre (una di Lingue, l’altra di Letteratura) e per forza di cose l’impronta da quel momento è stata più unilaterale, più concentrata. Purtroppo l’interesse per la letteratura sta scemando e ho potuto constatare poca volontà di puntarci”. Alla fine della fiera, la soglia di Porta di Massa ha conosciuto qualche giorno fa gli ultimi passi della carriera accademica di Böhmel, che le hanno restituito “un momento non facilissimo. Mi dispiace non lavorare più, ma d’altra parte avrò tempo per me, e soprattutto potrò smaltire in fretta tutta la pressione che normalmente grava su un docente tra attività di ricerca, pubblicazioni, lezioni”. Nel suo futuro ancora Roma e, forse, qualche convegno: “Ormai non sono più abituata a vivere in Germania. Resterò nella Capitale e, chissà, lavorerò su un progetto che però allo stato attuale è ancora in fieri”. Insomma, pare essere solo un Auf Wiedersehen.
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