“Una palestra per tutti coloro che vogliono diventare archeologi”

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Cuma, aperta la selezione per la campagna di scavi

Cuma, la prima colonia greca d’Occidente, era tornata dormiente per un anno a causa del Covid. Si era interrotta così una ormai lunga tradizione. È dal 2012, infatti, che il Dipartimento di Lettere e Beni culturali, in collaborazione con il Parco Archeologico dei Campi Flegrei e su mandato del Ministero della Cultura, partecipa alle campagne di scavo in situ, formando così intere generazioni di archeologi. Adesso è stato emanato il nuovo bando, che permetterà agli studenti dei Corsi di Laurea Triennali e Magistrali a indirizzo archeologico, nonché agli assegnisti di ricerca e ai dottorandi, di prendere parte agli scavi che si svolgeranno dal 20 giugno al 29 luglio, con possibilità di alloggio. Direttore scientifico del progetto è il prof. Carlo Rescigno, docente di Archeologia classica, che non nasconde il proprio entusiasmo per la ripresa della campagna di scavi: “Dopo un anno di interruzione finalmente riprenderanno i lavori e gli studenti, che hanno tempo fino al prossimo 30 maggio per inviare la propria adesione (in genere vengono accettati tutti coloro che si iscrivono), potranno trascorrere un periodo nel cuore dei Campi Flegrei, dove si trova il sito di Cuma, vero palinsesto di storie e culture”, ha detto il docente. E lo è veramente. Fondata nell’VIII secolo a.C. dai greci, la città ha subito varie trasformazioni nel corso dei secoli, ad opera delle popolazioni italiche, romane, fino ad arrivare alla conversione cristiana in epoca medievale. Il sito di scavo è nei pressi dell’acropoli, dove erano situati i principali luoghi di culto, ed è da questi che si traggono le principali testimonianze. Un vero viaggio attraverso le epoche, insomma, che ogni anno “costituisce una palestra per tutti coloro che vogliono diventare archeologi, come sottolinea il prof. Rescigno. “La memoria di Cuma, a differenza di altri insediamenti dell’antichità, non si è mai persa nel corso dei secoli. Alcune parti sono sempre rimaste emerse e la popolazione locale sapeva che lì si trovava l’antica città. Solo tra Sette e Ottocento, tuttavia, iniziarono degli scavi più scientifici, che conobbero maggiore gloria intorno agli anni Trenta ad opera di Amedeo Maiuri, archeologo che dedicò gran parte della sua vita agli scavi di Pompei e ai siti vesuviani. Negli anni del fascismo dedicò la sua attività alla città di Cuma, che era celebrata nel sesto libro dell’Eneide di Virgilio. Si scavò dunque una parte dell’acropoli e una parte della città inferiore. La campagna si interruppe poi per riprendere negli anni Novanta ad opera delle università, diventando così una vera e propria palestra per la formazione dei futuri archeologi”. Responsabile degli scavi è il ricercatore Andrea Averna. Laureato in Archeologia a Palermo, ha scavato alla Valle dei Templi di Agrigento e a Imera, poi si è trasferito a Matera per la Scuola di Specializzazione, spostandosi successivamente a Berlino per il suo lavoro di tesi. Poi il dottorato alla Vanvitelli e successivamente l’assegno di ricerca. Oggi, dopo quattro anni di presenza in loco, è responsabile degli scavi a Cuma. “In questo particolare sito – ha raccontato Averna – si trovano concentrati 2mila anni di storia in 80 centimetri di terreno. Credo che già questo possa essere utile a comprendere la sua straordinarietà. Ma l’acropoli di Cuma fu sfruttata anche dopo; i suoi resti infatti furono utilizzati come luogo di accampamento per le truppe fasciste”. Seguiti da un’equipe di esperti, tra cui molti ricercatori, e sotto la supervisione del prof. Rescigno, gli studenti sperimenteranno sul campo cosa significa essere un archeologo. Ma come si scava? “Innanzitutto vi è lo studio filologico delle fonti – ha spiegato Averna – Su Cuma disponiamo di una copiosa letteratura. Poi si procede a sondare il terreno con metodi non invasivi come magnetismo e l’invio di impulsi elettrici. Solo dopo, laddove ve ne sia il caso, si procede allo scavo vero e proprio, che comunque avviene per mezzo di una serie di strumenti con i quali non si corre il rischio di danneggiare i reperti che si trovano ancora nel sottosuolo”. La sensazione che accompagna il rinvenimento di reperti è “qualcosa di inspiegabile, che anche dopo anni di esperienza non cessa di emozionare. Ma d’altra parte deve essere così perché se si sceglie un percorso come questo si fa per passione”. Tra le attività più importanti, quella della classificazione dei reperti e il loro spostamento in magazzino. Responsabile a Cuma è la dottoranda Elisabetta Di Virgilio che, dopo la Triennale in Lettere classiche alla Federico II e la Magistrale in Archeologia classica a La Sapienza, ha frequentato presso lo stesso Ateneo la Scuola di Specializzazione, prima di dedicarsi ad una serie di esperienze di scavo in Italia e in Grecia. Poi è approdata alla Vanvitelli e al sito puteolano. Specializzata nella gestione dei reperti, Di Virgilio è stata, anche nelle precedenti campagne di scavo, responsabile di magazzino. “Il lavoro di classificazione e di stoccaggio è una delle operazioni più importanti”,ha sottolineato. Poi ha raccontato come si svolge il suo lavoro: “Dallo scavo i reperti arrivano al magazzino, che si trova sull’acropoli, e io procedo al loro lavaggio e alla classificazione. Tutti i reperti vengono fotografati dopo essere stati lavati, poi vengono descritti, i dati raccolti sono inseriti in un database. Poi vengono conservati in bustine e collocati in cassette dove rimangono in attesa di essere studiati più approfonditamente”. È un’esperienza molto formativa perché “si entra a contatto con reperti che provengono da diverse epoche, e per ogni epoca sono evidenti le trasformazioni che hanno caratterizzato un tempo rispetto a un altro”, ha concluso la dottoranda. Si continua dunque a indagare la storia a Cuma e, come ha detto il prof. Rescigno, “si presume che continueremo a farlo per molti anni ancora”.

Nicola Di Nardo