“Non si può fare l’Università della povertà”

In un momento di estrema difficoltà che ricade negativamente anche sugli Atenei, “l’emergenza ha messo in luce dei problemi effettivi che già avevamo, convincendomi in realtà di cose che pensavo da prima”, esordisce così il prof. Augusto Guarino, ispanista ed ex Direttore del Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati, riflettendo sul bilancio legato alle risorse dell’Università. 
Potenziamento dei servizi online. All’indomani della crisi, “bisogna che si dia priorità ad alcuni servizi tecnici e al rapporto con l’amministrazione per semplificare e modernizzare le procedure burocratiche. È impensabile che in un Ateneo come il nostro valga ancora un approccio prettamente cartaceo, altrove quasi del tutto abolito, che rallenta notevolmente i passaggi e ci costringe a tempi d’attesa più lunghi”. Una carenza questa che si ripercuote sull’intera macchina organizzativa alle prese con la validazione di prove d’esame, lauree e concorsi e va compensata attraverso l’implementazione dei servizi informatici. In parte, “l’abbiamo già fatto: siamo stati, ad esempio, tra i primi a sperimentare le immatricolazioni online. Ora occorre indirizzare questi processi positivi anche su altri fronti”. Come, ad esempio, il pagamento delle tasse: questione su cui recentemente gli studenti hanno avanzato una richiesta di proroga poi ottenuta. “L’hanno chiesta per un’altra ragione: le attività produttive subiscono il contraccolpo della crisi epidemiologica che nel giro di un mese diventa crisi economica, soprattutto per quei settori che si alimentano grazie alle capacità dei contribuenti. Adesso per una famiglia che percepisce un solo reddito e forse ha due figli all’Università pagare le tasse, a fronte di altre spese primarie, diventa un lusso”. Una fase precaria in cui anche le Università “stanno tra l’incudine e il martello. Speriamo che il governo non riterrà di fare cassa proprio con i tagli al settore universitario, che incide peraltro solo per lo 0,9% sul bilancio complessivo dello Stato. Sull’esenzione dalle tasse delle fasce più deboli, cose di cui si è discusso per anni, va ribadito che a fronte di zero finanziamenti si vada incontro inevitabilmente a una perdita di gettito per gli Atenei”. Non è il caso de L’Orientale, “ma pensiamo alle Università che hanno anche un policlinico e fanno ricerca in ambito sanitario: oggi forse si è capito finalmente che negli ultimi vent’anni sono stati compiuti dei passi falsi con i tagli ai servizi pubblici. Doveva accadere una catastrofe perché ci si rendesse conto che sparare a zero sull’Università e sulla Sanità non fosse una buona scelta?”. A ciò si lega la questione dei fondi premiali assegnati agli Atenei. “Non è ancora giunto il rapporto delle Commissioni dei CEV che ci hanno fatto visita a novembre. Nell’attesa di conoscere le loro valutazioni mi chiedo, intanto, se sia saggio per uno Stato continuare a favorire la sperequazione tra le istituzioni”. L’andamento delle quote premiali “dovrebbe rispettare un principio di ripartizione omogeneo, e non aderire a criteri prettamente pseudo-aziendalistici di concorrenza tra le Università. Altrimenti lo Stato diventa miope col rischio di aggravare il divario territoriale. Non dimentichiamo che l’emergenza è sorta nel luogo in cui c’è la Sanità migliore d’Italia: se fosse accaduto il contrario? Forse chi ci governa dovrebbe ragionare nell’ottica di supportare anche chi è più indietro anziché punirlo per le risorse che non possiede”. Tra le altre lezioni di cui far tesoro, “comprendere che il discorso legato alle competenze localizzate o al regionalismo differenziato non sia proficuo sul piano nazionale e neanche poi strategico in funzione globale. Si sono viste proprio in questi giorni le conseguenze di un’Europa che procede a più velocità”. Le priorità da perseguire: “uscire al più presto dall’emergenza è il pensiero comune. Nel frattempo, trarre da ciò che è accaduto spunti da portare all’attenzione della CRUI”. 
Possibili linee di intervento. Le lezioni, intanto, proseguono a regime “per chi si occupa di materie storiche, letterarie o artistiche. Al contrario, alcuni laboratori o gli ambiti per loro natura più pratici, come per esempio le ricerche archeologiche, dovranno necessariamente attendere la riapertura”. Quanto agli esami, “non abbiamo agito subito perché volevamo per prima cosa assicurarci che le piattaforme reggessero”. Un dettaglio non trascurabile: “stiamo usando una piattaforma privata (Microsoft Teams) e non c’è da rallegrarsene. In Italia esiste un Consorzio che supporta il Miur mettendo a disposizione sistemi informatici per la gestione delle banche dati e della comunicazione e questa piattaforma è il Cineca. Mi chiedo quindi: vogliamo davvero dare la nostra didattica e i nostri esami in mano a Bill Gates? Forse è il caso che ci facessimo consigliare da qualcuno per attrezzarci con più sicure dotazioni informatiche”. 
“Contenzioso aperto per l’acquisizione di Palazzo del Mediterraneo”
In prossimità di una ridefinizione della carica ai vertici, “è vero che da ormai un anno siamo in fase di cambiamenti”. Un nuovo Direttore generale, una nuova Prorettrice, Direttori di Dipartimento appena insediati. “Confesso di non avere molti timori. Tutti stavano lavorando in sintonia prima che ci fosse quest’esplosione e confido che ci siano i presupposti per uscirne fuori senza troppi danni. L’interesse per gli studenti è in cima alle preoccupazioni di ognuno. Grazie allo sforzo degli ultimi tre grandi Rettori, si è deciso di fondare questo progetto accademico e culturale che è L’Orientale oggi e speriamo di cooperare altrettanto bene con il prossimo Rettore. Siamo, però, convinti che non possa esserci sviluppo possibile se non si riconosce prima dignità sociale agli studi universitari. E ricordo che l’Italia è ultima, seguita dalla Romania, per il numero dei laureati nella media Ocse”. A proposito degli investimenti sul versante dell’edilizia per arginare il problema degli spazi, “speriamo di compiere operazioni importanti. Intanto, c’è da dire che abbiamo ancora un contenzioso aperto per l’acquisizione di Palazzo del Mediterraneo, per il quale paghiamo un tasso di capitalizzazione. Per non buttar soldi nei fitti e investire in una nuova sede, l’acquisto di questo nuovo immobile viene considerato un parametro di rischio e ha un peso negativo sul nostro bilancio”. Per sbloccare questa situazione e garantire sedi efficienti, “mi sembra naturale che servano dei fondi considerevoli. Non si può fare l’Università della povertà”.
Reclutamento del personale tecnico-amministrativo. Dal momento che “l’investimento su nuovi profili amministrativi ha una ricaduta immediata sulla didattica”, occorre ragionare in maniera oculata. Innanzitutto, “spingendo verso l’automazione le mansioni di base, incentivando la presenza di persone capaci di gestire gli uffici in un’ottica più ‘manageriale’ e bandendo concorsi per profili più avanzati”: le proposte. “Pensiamo alla crescita del nostro Erasmus: una macchina che ha ormai eliminato ogni passaggio cartaceo e dove è stata lanciata una piattaforma ormai efficientissima”. O anche agli sforzi ottenuti con il lavoro fatto per la segreteria studenti: “adesso gli esami vengono registrati in giornata. Fino a pochi anni fa avevamo ancora i faldoni dei verbali. Può sembrare una svolta epocale che a poche ore da una seduta lo studente possa scaricare un certificato di laurea”. Ma è, in realtà, frutto degli investimenti fatti. “Porteremo avanti questo discorso con il Presidio di Qualità, testando limiti oggettivi e sfide invece possibili”, sulla scia della logica “meno impiegati passacarte, ma anche meno carte da passare”. Sul punto della trasparenza: “è giusto che per ogni riunione venga pubblicato sul sito un verbale di riferimento, tuttavia sarebbe altrettanto auspicabile che, a fronte di eccessivi sforzi burocratici, ciascuna istituzione potesse decidere con più libertà e autonomia come governarsi”.
Prospettive future. “La difesa delle specificità deve essere un punto di forza per l’espansione didattica nei settori in cui abbiamo consolidate competenze”. L’obiettivo è fare anche del terzo livello un fiore all’occhiello “con una più definita messa a fuoco dei dottorati e l’incremento di Master professionalizzanti: magari nel campo dei beni culturali, della mediazione linguistica o delle discipline socio-economiche, guardando anche alle professioni richieste sul territorio e immaginando percorsi di lunga durata per lo studente”. Cosa c’è da imparare in questa vicenda? “Che i sistemi più resistenti sono quelli con più risorse. E che una qualsiasi crisi vada a intaccare per prime le strutture già sofferenti”. Visto che “in Italia una catastrofe è sempre dietro l’angolo, bisogna stare all’erta e consolidare le basi di tutto il settore pubblico”: formazione, sanità, trasporti, amministrazione. “E investire un po’ di più sulla cultura umanistica. Siamo stati travolti da qualcosa che non ci aspettavamo, perché un problema culturale legato alla comunicazione si è tramutato in un problema biologico. Forse, se avessimo comunicato meglio con i medici cinesi, gli effetti del virus sarebbero stati meno drammatici”. 
 
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